L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa Governo. DEF: L’aria fritta di Conte. Urgono alternative credibili.

La spesa improduttiva aumenta, soprattutto a favore del sud.

Com’è ormai noto, nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato la nota di aggiornamento al DEF (Documento di Economia e Finanza) su cui si baserà la manovra economica. Con abili giochi di prestigio il Conte due sta predisponendo una legge di bilancio che da una parte toglie e dall’altra dà, proprio al fine di confondere l’opinione pubblica e di introdurre surrettiziamente nuovi balzelli, salvo poi enfatizzare mediaticamente la riduzione di alcune tasse.

 

La manovra è di circa 29-30 miliardi.

Ci saremmo aspettati, seguendo gli accenni di Conte alla presentazione del nuovo governo, l’adozione di una politica economica, volta al futuro e basata su principi cardine e prioritari e cioè: Favorire la crescita di investimenti pubblici e privati, privilegiando lo sviluppo dell’economia, realizzare le infrastrutture di cui difettiamo, creazione di posti di lavoro con la conseguenza attenuazione della pressione fiscale e la realizzazione del cuneo fiscale per le aziende ed i lavoratori.

 

Oltre ovviamente, la tanto sbandierata sterilizzazione dell’aumento dell’Iva. Invece il presidente del Consiglio, smentendosi clamorosamente ha iniziato a parlare dell’introduzione di nuovi balzelli. Nell’ordine: maggiore imposizione fiscale sulle merendine e sui biglietti aerei, maggiori accise sui carburanti, nel goffo tentativo di favorire la green economy, per limitare l’acquisto di prodotti alimentari confezionati e i viaggi aerei.

 

Per poi smentirsi, e prodursi in nuove ipotesi, senza capire l’effetto perverso e la ricaduta nefasta che tali misure avrebbero sulla produzione industriale, oltreché sulle famiglie.

 

Per poi proseguire con l’annuncio della tassazione sui prelievi dal conto corrente per limitare la circolazione del contante e, “colpire i “presunti evasori”, mentre le multinazionali che pascolano sul web, ed in effetti evadono l’intero fatturato, avrebbero ancora una volta partita vinta.

 

E’ poi seguito il gioco incrociato di dichiarazioni dei ministri su tutto e di più, con Conte che critica e minaccia pubblicamente Renzi, non capendo che senza il suo appoggio tornerebbe a casa. In particolare, l’accenno ad aliquote Iva differenziate ha scatenato la fantasia del ministro della Salute Roberto Speranza che ha lanciato l’introduzione della progressività dei ticket sanitari a carico di coloro che percepiscono un reddito maggiormente elevato.

 

Manovra demagogica, volta, non al risanamento dei conti pubblici, ma ad incentivare  l’offerta di prestazioni sanitarie proposte dai privati, maggiormente economiche e tempestive ecc.

Si è così confermata  la mancanza della visione d’insieme da parte del Governo per impostare una manovra e tanto più  una politica fiscale coerente, seppur criticabile.

 

Nei suoi vaniloqui il premier addirittura si è spinto a promettere che sulle bollette del gas o della luce, l’Iva scenderà dal 10 al 5% e che su pane, pasta, frutta fresca e latte potrebbe scendere dal 4 all’1%.

 

E queste eventuali modifiche come verrebbero compensate?

Già appare arduo trovare i 23 miliardi di euro necessari per sterilizzare gli aumenti dell’Iva che scatterebbero automaticamente il primo gennaio, figurarsi reperire miliardi aggiuntivi per abbassare altri balzelli. Il  governo sull’Iva ci ha presentato il quadro stucchevole della sua vacuità ed impotenza.

 

Ma al di là delle politiche fiscali, che risentono inevitabilmente della propaganda politica e della necessità di recuperare voti in vista di possibili elezioni anticipate in primavera, quali sono le stime di crescita per il Paese?

 

Il deficit 2020 è fissato al 2,2% del Pil, stesso livello dell’anno in corso.

Ma leggendo il DEF si ricava la netta impressione che ancora una volta si è scelta la strada del rinvio. I miglioramenti nei conti pubblici non sono previsti nel 2020, ma più avanti, perché ora per Pd, Leu e Cinque Stelle è fondamentale lusingare l’opinione pubblica allargando i cordoni della borsa, non riducendo la spesa pubblica, per non colpire le lobby di parassiti e speculatori, scatenare invece l’odio sociale, alimentando il circuito delle rendite di potere e dei sussidi falsamente assistenziali e delle elargizioni clientelari, soprattutto al sud.

 

La nuova maggioranza giallo-rossa è assillata anche da altre scadenze, cioè le elezioni regionali in Umbria ed Emilia Romagna ed a seguire anche in Toscana, Calabria e Puglia, regioni attualmente amministrate dal Pd.

 

Così strada spianata ai giochi di prestigio, con il mantenimento delle misure assistenziali che favoriscono il parassitismo che a Giuseppe Conte e ai suoi sembrano riuscire molto bene, almeno per ora.

 

Prese di posizione, anche di fronte allo sconcio balletto di cifre e di smentite precipitose, sono state avanzate dalla categorie produttive.

Per gli imprenditori del Nord il taglio del cuneo fiscale previsto  è acqua fresca.

 

Il messaggio, forte e chiaro, è stato recapitato dal presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, nel corso dell’assemblea generale dell’associazione che si è svolta giovedì alla Scala di Milano, alla presenza del premier Giuseppe Conte. “Non servono pochi miliardi di abbattimento del cuneo, ne servono almeno 13 o 14. Non certo i due e qualcosa citati nel DEP” ha scandito infatti Bonomi.

 

All’esecutivo giallorosso, con la prossima manovra, vengono chiesti interventi risoluti: “Non rispondeteci con un elenco di 27 o 39 proposte diverse, non parlateci di nuovo umanesimo e di nuovo rinascimento, questa volta stupiteci!”. Bonomi ha chiesto anche di fermare “l’esperimento negativo di Quota 100” e “l’espianto delle politiche del lavoro con il reddito di cittadinanza”. Penosa replica di Conte che appare ogni giorno di più un pugile suonato.

 

Intanto nei piani del Governo si insiste in interventi di stato in cui si buttano somme ingenti di tutti noi in aziende decotte, quali Alitalia. Anche quando promette di abbassare le tasse, Conte si impegna a farlo estendendo l’intollerabile dimensione del debito pubblico e rinunciando ad agire sulla contrazione della spesa pubblica.

 

Nessun politico prende posizione nei confronti del macigno del deficit. Così come  la rigorosa ed inderogabile esigenza di porre argine a sprechi e storture burocratiche, invece di spremere con maggior veemenza il cittadino. In altre parole, in questa classe politica d’improvvisatori levantini, manca la cultura del rigore e la capacità mentale nel capirlo.

 

Ciò che  a nostro avviso latita, pur in presenza di uno spazio potenziale di affermazione, é l’offerta di un soggetto politico che privilegi le libertà dell’individuo, che lo preservi dall’immanenza – stolta e sprecona – di uno stato che vorrebbe dirti come nascere, istruirti, copulare, lavorare, curarti e morire; e sempre riconoscendogli non meno di due terzi di quel che guadagni e produci.

 

Un’area culturale che limiti la presenza e la potestà della burocrazia, che imponga una dieta quasi mortale alle strutture pubbliche, che alimenti il ricorso ai voucher per consentire ai cittadini di scegliere da loro dove curarsi, in che scuola mandare i figli, dove investire per la propria pensione. Che esalti e valorizzi le differenze, bruciando per sempre ogni istinto egualitarista con cui la maledizione cattocomunista – che ha afflitto questo paese ed intriso la costituzione, ha prodotto un popolo di smidollati, privi di senso di responsabilità, così pieni di ignoranza diffusa ed invidia sociale da essere arrivati a votare (in ragione di uno su 3) per una banda di falliti e scappati di casa.

 

Un soggetto politico che dia allo stato pochissimi, autorevoli compiti, come la difesa, la sicurezza, la politica internazionale e pochissimo, pochissimo di più.
Ma che sappia anche che un ruolo in Europa va davvero riconquistato per cambiare il più possibile.

 

Non sappiamo se c’è il tempo per farlo, e neppure se c’è chi vuol rischiare qualcosa per provarci. Ora, ad esempio, deve prender forma la proposta di Toti e per certi versi quella di Calenda. A breve capiremo in quale ambito intendono collocarsi e potremo esprimere un giudizio di interesse o distacco.

 

In ogni caso deve trattarsi di qualcosa che faccia presa – coinvolgendo sin dalla fase costitutiva e rappresentativa, forze, esperienze ed intelligenze di provenienza non solo politica; gente che si sia misurata con successo nella competizione economica e sociale. E che abbia dato prova di saper vincere.

 

Perché se c’è un portato di questa triste stagione che va sotterrato per sempre, é l’idea che “uno valga uno”, semplicemente perché non è vero. I grillini ci hanno abituato al pattume imperante ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

 

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Articolo pubblicato il 06/10/2019