L'ospite e il nemico

La grande migrazione e l'Europa

Tramite la recensione a questo libro, uscito tempo fa ma ignorato da gran parte della critica, riprendiamo a parlare di un tema sempre attuale, anche se il nuovo governo giallorosso fa di tutto per tacere quando di tratta di immigrazione, o meglio dire, invasione.

Coloro che difendono i diritti degli stranieri hanno infatti volutamente ignorato il saggio “L’ospite e il nemico” (edito Garzanti) di Raffaele Simone, che smonta la retorica del politicamente corretto.

Il libro di Raffaele Simone tratta, con grande spregiudicatezza, un tema chiave come la grande migrazione dal Sud del mondo verso l’Europa.

Ma a differenza di tante altre pubblicazioni analoghe, è svolto in modo quanto mai documentato.

Forse per questo è stato completamente ignorato da quel club, presunto intellettuale, radical-chic e finto progressista, che purtroppo fa ancora il bello e il brutto tempo nell’editoria italiana.

Ma cosa sostiene di così scandaloso per il benpensante progressista il libro di cui stiamo parlando ?

Innanzitutto un criterio di metodo che sostiene:

“Non c’è nessun immigrato, in quanto persona”, leggiamo, “che visto da vicino, non susciti compassione e impulso al soccorso...”.

“Ma si possono osservare i fenomeni collettivi persona per persona ?”.

L’autore non ha dubbi, e afferma “che non è possibile”.

“Il fenomeno dell’immigrazione verso l’Europa è un evento di una tale vastità attuale e potenziale che, incontrollato, non potrebbe che condurre questa parte del mondo a un’autentica catastrofe, più o meno analoga a quella rappresentata a suo tempo dalle invasioni barbariche”.

E purtroppo si tratta di una presa di posizione niente affatto ideologica.

Infatti è davvero impressionante, in proposito, la vasta e varia documentazione, la quantità di notizie, di dati, di fatti di cronaca, circa le conseguenze negative già in atto e future, contenute nel libro. 

Conseguenze ignorate da un clima di ipocrisia e di falsa umanità, che hanno alimentato delle politiche migratorie sconsiderate, tra l’altro praticate contro il parere dei popoli

Ce n’è quindi abbastanza, come si vede, per giustificare la censura decretata al libro dal club radical-chic di sinistra.

Non meno importante è l’analisi del concetto di accoglienza, che è stato il criterio morale di fondo a cui il “politicamente corretto”, occidentale e di sinistra, si è fin qui sentito in dovere di guardare.

Ricordando come nell’antichità indoeuropea ospite e nemico fossero indicati dalla stessa parola (ne è rimasta traccia in latino: hospes/hostis).

Ma l’autore fa una distinzione assai importante. 

Un conto è il diritto all’ospitalità, cioè ad essere accolto temporaneamente in un luogo e con il beneplacito dell’accogliente, secondo il modello così diffuso in moltissime culture.

Un conto ben diverso è il presunto diritto a stabilirsi dove uno vuole, indipendentemente dalla volontà (e dal numero) di chi in quel luogo abita da tanto tempo, avendovi magari profuso da generazioni lavoro e cultura per renderlo ciò che esso è oggi. 

Senza dire che quando parliamo di ospitalità intendiamo da sempre quella riservata ad una sola persona o ad un piccolo gruppo, non di certo a una massa. 

In questo caso sembra davvero più appropriato parlare di invasione, anziché di ospitalità.

Presumere che esista “un diritto all’accoglienza illimitata” comporta logicamente, né più né meno, che teorizzare la cancellazione virtuale dei confini e la futura cancellazione della civiltà europea.

Naturalmente nessun “buonista accogliente” ha il coraggio politico e intellettuale di trarre una simile conseguenza dalla propria posizione. 

La retorica serve per rimediare a questa falla dispiegando le sue armi, quelle che l’autore chiama per l’appunto le “retoriche dell’accoglienza”, ossia dal “siamo stati tutti migranti” al “dall’arrivo dei migranti abbiamo da trarre solo vantaggi”, e così via.

Retoriche che nel libro vengono smontate una per una, con precisione e con i fatti, semplicemente ragionando. 

In conclusione, un libro assolutamente da leggere, per tutti, non foss’altro che per discuterlo proprio con i radical-chic di sinistra, a cui non piace mai il confronto con chi non la pensa come loro.

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Articolo pubblicato il 10/11/2019