L'angolo della satira del prof. Giancarlo Pavetto - Sempre più grande la confusione in Vaticano

Il papa argentino ed il pashamama

Mai prima di oggi papa Bergoglio aveva permesso di utilizzare gli splendidi giardini del Vaticano. Neppure per scopi umanitari. Neppure per accogliere nei 23 ettari del parco qualche decina di immigrati ai quali è tanto affezionato, ma che ha sempre predicato, urbi et orbe, che venissero accolti nello stato estero che si estende al di fuori delle sacre mura del suo piccolo stato.

Questa volta lui e la sua corte hanno deciso di agire in modo innovativo ed hanno utilizzato  gli splendidi giardini per la cerimonia di apertura del cosiddetto sinodo panamazzonico che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma.

Il buon Bergoglio vi ha portato un centinaio di abitanti della foresta amazzonica, fatti arrivare a Roma per l’occasione e li ha fatti rivestire con i loro costumi primordiali e con il capo ricoperto da grandi piume colorate.

Con loro, inginocchiati in circolo tutto intorno e proni in avanti, in una postura molto gradita a lui perché ricorda l’assetto di preghiera dei musulmani, ha aperto il sinodo davanti ad un piccolo manufatto in cotto od in pietra rossa raffigurante in modo rozzo e primitivo tre figure unite tra loro.

Subito dopo, papa Bergoglio, con la sua lunga veste bianca, si è fatto fotografare nell’atto di piantumare, in un’aiuola dello splendido giardino, un alberello proveniente da Assisi, la terra di San Francesco.

Quale segnale subliminale il papa abbia voluto trasmettere per legare la figura del poverello di Assisi alla foresta amazzonica, non è dato saperlo. Ma colpisce il fatto che Francesco d’Assisi sia oggi la figura carismatica più evocata in tutte le occasioni dagli scherani di questo papato. A lui, considerato un povero spiantato della terra, viene assegnata la palma dell’estrema povertà.

Anche se in un angolo buio e nascosto del convento di Assisi, chi gode di particolari protezioni come il sottoscritto, può  ancora consultare molti resoconti relativi alle rendite dei beni conventuali, stilati dal fratello del santo.

Dopo la cerimonia di apertura del sinodo, il piccolo simulacro rosso definito pachamama (che da molti esperti viene  attribuito alla cultura degli incas) è stato destinato dal papa alla chiesa di Santa Maria in Traspontina in via della Conciliazione. Da dove la notte seguente è stato asportato da un gruppo di cattolici tradizionalisti che lo consideravano un idolo pagano e gettato nel Tevere.

Il ratto delle statuette ha scatenato violente reazioni negli ambienti vaticani. Talune hanno rasentato anche il ridicolo, come quella di Andrea Tornielli, direttore degli scribi papalini, che ha definito ICONOCLASTI, ossia quelli che vogliono distruggere le immagini sacre, coloro che hanno rapito e gettato nel fiume il rozzo simulacro. O come l’Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, che ha cercato di attribuire all’ISIS la responsabilità del furto di quella che è per lui una sacra icona.

Proprio nei giorni in cui il capo dell’ISIS Al Bagdadi veniva ucciso in Siria.

La vicenda del pachamama, oltre alle processioni etniche colorate e ricche di piumaggi esotici, guidate in san Pietro dal Bergoglio, non è stata l’unica ad attirare l’attenzione dei credenti e dei mass media. Ha sollevato stupore e soprattutto indignazione, all’interno (dove si è ormai creata un’assuefazione alle stravaganze papaline) ed all’esterno delle celebrazioni sinodali, la fotografia di una donna amazzonica che sorregge con il braccio sinistro un pargolo ma che nel contempo offre la sua mammella destra alla suzione di un animale

Animale non bene identificabile ma che ha tutto l’aspetto di una pantegana.

Inutile un commento.

(Immagine wordpress.com)

 

  

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 31/10/2019