La giungla amazzonica e la regione siciliana

A confronto due territori con niente in comune

Sembra molto strano dover proporre un paragone tra una sterminata regione come l’Amazzonia, che si estende per ben 5,5 milioni di km. quadrati ed interessa otto grandi stati del sud America con una piccola isola di forma triangolare, la Sicilia, che fa parte della nazione italiana.

Il confronto tra le due realtà è suggerito da un fatto. Nella piccola isola italiana vive tranquillo ed opera indisturbato il più grande capo della mafia italiana. Si chiama Matteo Messina Denaro (Foto Daily Mail) ed è latitante dal 1993. Magistrati e forze dell’ordine gli danno la caccia da decine di anni ma non sono finora riusciti ad assicurarlo alla giustizia.

La ragione del perdurare della latitanza di quello che i suoi collaboratori definiscono il loro “primo ministro” non sono affatto chiare. Perché il territorio siculo non è quello della terra amazzonica, coperto da una giungla pluviale impenetrabile ed inestricabile. In Sicilia ci sono poche grandi città e tanti piccoli borghi marini e montani dove tutti si conoscono e dove le forze dell’ordine possono sorvegliare ed indagare.

E’ovvio  pertanto ritenere che questa ignavia, od anche incapacità di azione, sia da attribuire in gran parte alla magistratura isolana.

Sono molti infatti i magistrati che disdegnano il lavoro paziente ed oscuro di indagine sul territorio e preferiscono dedicarsi ad altre attività più utili alle loro carriere.

Alcuni arrivano a fondare veri e propri partiti a carattere personale.

A Palermo per lunghi, interminabili anni, dei magistrati hanno inquisito e messo sotto processo con l’accusa di rapporti con la mafia, un noto uomo delle istituzioni, senza conseguire alcun risultato. Altri si occupano soltanto di quegli eventi che possano generare una notorietà mass mediatica tale da spingerli, con l’aiuto di cosche amiche, fino ai gradi più alti della magistratura.  

Con questo obiettivo, molti magistrati siciliani tendono a privilegiare eventi che li associano o contrappongono alle istituzioni od ai politici.

Come nel caso recente della procura di Agrigento, guidata dal p.m. Luigi Patronaggio, che ha distolto la sua attenzione dalle organizzazioni malavitose del territorio, per occuparsi a fondo del problema internazionale dell’immigrazione e mettere sotto processo, accusandolo di sequestro di persona, nientemeno che il ministro degli interni.

Ed ora veniamo a sapere che nello stesso tempo nelle carceri ed in particolare in quelle del 41bis passeggiava indisturbato uno strano individuo.

Un noto pregiudicato siculo, Antonino Nicosia (Foto Globalist), era solito contattare in piena  libertà, negli istituti di pena, grandi boss mafiosi condannati all’ergastolo e di trasmettere, mediante pizzini, (alcuni dei quali con l’intestazione della camera dei deputati) i loro desiderata ed i loro ordini a chi attendeva all’esterno degli stabilimenti carcerari.

Il Nicosia se lo poteva permettere per un oscuro passato di militante radicale nelle file di quel guru o santone, Marco Giacinto Pannella, che aveva dedicato, con digiuni e schiamazzi in pubblico, la massima attenzione alla vita dei delinquenti reclusi nelle carceri. Tanto da avere ottenuto, grazie all’ignavia dei politicanti dell’epoca, il permesso per tutti i parlamentari di accedere, quando lo desideravano, all’interno degli istituti di pena.

Se lo poteva permettere inoltre perché era stato assunto (ed anche pagato da tutti noi) come segretario personale da una deputata, Giuseppina Occhionero, una quarantenne, dai capelli scarlatti, eletta nel partito dell’ex presidente del senato Pietro Grasso e di recente transitata nel partito di Renzi.

La sua qualità di segretario della Pina Occhionero (Foto La Sicilia.it) permetteva al Nicosia di entrare e ad uscire dalle carceri più sicure senza essere controllato e di intessere colloqui ed incontri con i detenuti che, grazie alle garanzie legislative del Pannella, non potevano essere ascoltate dalle guardie carcerarie.

La collaborazione prestata dalla parlamentare che, occorre ricordarlo, militava in un partito presieduto da un importante esponente dell’antimafia, il Pietro Grasso, veniva compensata dal Messina, da lei definito “amoooreee”, con appuntamenti con il braccio destro Santo Sacco e con altri pari grado del “primo ministro” san Matteo Messina Denaro. Od anche, con la promessa, piuttosto oscura e da chiarire, di pasti a base di cous cous da consumare a Selinunte.

La Occhionero, che oggi milita nel partito del bullo di Rignano, non è allo stato attuale indagata, ma solo interrogata con discrezione dai buoni magistrati.

Dulcis in fundo arriva la Corte Costituzionale che, a rimorchio di una sentenza dei parrucconi di Bruxelles (che non hanno la minima idea di cosa sia una mafia) dichiara che l’ergastolo di tipo ostativo è incostituzionale.

E quindi ai colpevoli di delitti atroci, ed anche naturalmente ai reclusi al 41 bis, vanno concessi permessi premio ed altri benefici, affinché possano intraprendere l’immancabile, secondo quei giudici, percorso di rieducazione e di reinserimento nl mondo civile.

Alla bella notizia il superlatitante introvabile dal 1993, Matteo Messina Denaro ha apprezzato, ha ringraziato la Corte ed ha brindato con tutti gli altri boss siciliani.

 

 

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Articolo pubblicato il 11/11/2019