Crisi di governo e corsa alle urne? Segnatevi questa data: 12 gennaio

Decisiva la raccolta firme per il referendum costituzionale

Domenica 12 gennaio 2020 è la data chiave per il futuro della legislatura e del governo giallo-rosso-fucsia. La seconda domenica del nuovo anno, infatti, scadono i termini per la presentazione del referendum confermativo del taglio del numero dei parlamentari. La raccolta delle firme sta avvenendo a Palazzo Madama (non a Montecitorio) e per indire la consultazione popolare servono le firme di 64 senatori. Al momento - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - siamo arrivati a quota 50 e, quindi, ne mancano 14 per arrivare al quorum necessario per il referendum costituzionale.

La questione è dirimente e si intreccia a doppio filo con l'ipotesi di crisi di governo - viste le quotidiane tensioni nella maggioranza in particolare sull'ex Ilva e la Legge di Bilancio - e con il possibile ritorno alle urne in primavera per le Politiche. I boati del Transatlantico continuano a segnalare un Partito Democratico in fortissima fibrillazione per i pesanti distinguo dei renziani di Italia Viva e per le spaccature nei 5 Stelle che mettono costantemente a rischio l'esecutivo. E' evidente che è interesse di tutti, non solo dei Dem, andare alle urne (se crisi sarà) senza il taglio dei parlamentari e quindi con la possibilità di accontentare più deputati e senatori uscenti con un maggior numero di posti anche per le new entry.

E qui diventa fondamentale la data del 12 gennaio. Se entro quella domenica infatti saranno state depositate le firme per il referendum costituzionale ci sarà tempo per sciogliere le Camere (Mattarella permettendo) anche a febbraio o marzo senza far scattare la riduzione dei parlamentari; al contrario, se il 12 gennaio non ci sarà stata la presentazione delle firme per la consultazione popolare, in caso di chiusura anticipata della legislatura, dal 13 gennaio in poi si andrà al voto con il taglio dei parlamentari (e quindi anche la voglia di elezioni anticipate del Pd potrebbe diventare meno forte). Ma i tempi si allungherebbero comunque, anche e soprattutto per la necessità di ridisegnare i collegi elettorali, che saranno necessariamente più piccoli (sempre che nel frattempo non venga varata una nuova legge elettorale).

Attenzione, però, perché i rumor insistenti danno per "probabile" una crisi di governo tra Natale e Capodanno, subito dopo l'ok della manovra in Parlamento, con i Dem intenzionati (pare, il condizionale è d'obbligo) a staccare la spina prima delle elezioni regionali in Emilia Romagna del 26 gennaio. Tutto si tiene considerando anche che senza il raggiungimento di quota 64 e la presentazione delle firme per il referendum istituzionale, con lo scioglimento delle Camere prima del 12 gennaio si andrebbe alle Politiche verso fine marzo senza la riduzione di deputati e senatori. Ecco perché il tam tam dei Palazzi romani della politica, alla luce delle liti continue nel M5S e in particolare tra M5S e renziani (ultima in ordine di tempo sul carcere ai grandi evasori contestato da Italia Viva), dà come "probabile" un'accelerazione da parte di Nicola Zingaretti, ovviamente sempre che dall'ex Ilva alla Legge di Bilancio non si trovi una difficilissima e complicata quadra.

Con lo scioglimento delle Camere prima del 12 gennaio - i tempi ci sarebbero per una crisi natalizia e per veloci consultazioni al Quirinale dopo Capodanno -il Pd prenderebbe due piccioni con una fava. Anzi, tre. Dimostrerebbe all'elettorato in Emilia Romagna di non essere attaccato alle poltrone, si libererebbe di un'alleanza sempre più scomoda e che rischia di erodere consensi per la gioia dei sovranisti Salvini-Meloni e, the last but not the least, potrebbe andare alle elezioni ancora con 630 deputati e 315 senatori e quindi senza la necessità di operare scelte dolorose nella formazione delle liste. 

Senza considerare che i Dem potrebbero cogliere in contropiede i renziani, ancora non pronti per le urne e fermi intorno al 4-5% nei sondaggi. Scenari e ipotesi, certo, ma in Parlamento se ne parla eccome.

Segnatevi questa data, domenica 12 gennaio. Da lì passa il futuro del governo e della legislatura.

 Alberto Maggi

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Articolo pubblicato il 15/11/2019