Riflessioni su ex Ilva di Taranto

Gigi Cabrino per Civico20News

Chi dice che l’Italia è governata da poteri anti italiani viene accusato di essere un teorico della cospirazione con tutto quello che ne consegue ma la situazione dell’ex Ilva è la prova provata di questa tesi.

Si è partiti con la decisione della Magistratura nel 2012 di sequestrare gli impianti sottraendoli ai legittimi proprietari, la famiglia Riva, per i sospetti di inquinamento nocivo per la salute degli abitanti di Taranto (salvo poi constatare che a Lecce senza acciaierie i tassi di incidenza dei tumori erano gli stessi); si sarebbe potuto limitarsi a far risanare gli impianti alla proprietà, che si era resa disponibile a farlo, come avvenuto in altri casi in Europa senza peraltro sospendere l’attività; ma dei magistrati anti italiani volevano sottrarre un’azienda che vale da sola oltre l’1 % dell’intera ricchezza nazionale ad una famiglia italiana.

Evidentemente non bastava, infatti malgrado la crisi economica che conosciamo da diversi anni, in Italia sopravvive eroicamente una industria metalmeccanica ed un artigianato del ferro; questa resistenza eroica di un settore dell’economia nazionale doveva assolutamente essere spezzata dalle forze anti italiane.

E allora si è proceduto all’affitto dell’azienda al gruppo franco-indiano Arcelor Mittal, di fatto l’unico concorrente per dimensioni in Europa di Ilva.

Nella migliore delle ipotesi si sarebbe data la produzione di acciaio italiano ad un colosso straniero, ma già alla definizione dell’intesa c’era chi sosteneva – inascoltato – che  Arcelor Mittal non intendesse accaparrarsi il boccone quasi gratis bensì far scomparire dalla circolazione il solo concorrente europeo; naturalmente chi sosteneva questo veniva iscritto al club dei cospirazionisti e teorici di improbabili complotti, ma i mesi passavano e di investimenti non si è visto un euro , nemmeno per cambiare le bluse dei dipendenti ed i cartellini per timbrare l’inizio / fine turno che a tutt’oggi recano la scritta Ilva e non Arcelor Mittal.

Ma i profeti di sventura a quanto pare han visto giusto perché non solo il gruppo franco indiano si tira fuori della partita ma facendolo vuole procedere allo spegnimento dei forni, inducendo così la chiusura degli stabilimenti che per essere riavviati, sostengono i tecnici, necessiterebbero di spese folli per la sola riaccensione degli altiforni ( uno di questi è il più grande in Europa).

Tra l’altro non dobbiamo dimenticare che l’ex Ilva ha rilevanza anche nel nostro Piemonte dove sono operativi – non si sa fino a quando - gli stabilimenti di Novi.

L’ultimo tocco di anti italianità – per il momento – lo dà la Sinistra, al governo con i sostenitori della “decrescita felice” a Roma e in fase di “flirt” coi 5 stelle in Puglia: resta ferma non sapendo che pesci pigliare.

Gli italiani che si lamentano giustamente per tanto sperpero di denaro pubblico non si indignerebbero se una classe dirigente degna di questo nome decidesse di investire per salvare il fiore all’occhiello dell’acciaieria europea, visto quello che comporta in termini di famiglie di occupati dell’azienda e del grande indotto; certo, servirebbe che la politica nazionale, la politica locale e lo Stato nelle sue strutture ( a cominciare dalla Magistratura ma non solo) seguissero logiche diverse da quelle dettate da poteri anti italiani.

Non dimentichiamo, però, che questo apparato non ha esitato a far sopportare al sistema economico italiana la cifra monstre di 68 miliardi di euro (per metà circa pagati direttamente con denaro pubblico) per salvare non tanto le banche fallite quanto i banchieri irresponsabili che hanno truffato e portato sul lastrico risparmiatori ed imprese. E la cifra di 68 miliardi non l’han tirata fuori gli estremisti complottisti ma studi dell’Università Cattolica.

 

Gigi Cabrino

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 16/11/2019