L’inverno; le sorprendenti origini di festività natalizie e remoti riti propiziatori

Il millenario mistero del solstizio, simbologie di rinascita, gli antichi rituali pagani e i significati cristiani

Il 22 dicembre 2019, sarà il giorno del solstizio d’inverno, quindi l’inizio astronomico della stagione invernale che avverrà in quell’istante quando sopraggiunge un fenomeno astronomico apparente (quello del Sole più basso all’orizzonte).

 

Solstizio infatti, letteralmente significa “Sole fermo” (dal latino sol-sistere) effetto suscitato dall’impressione che la discesa del Sole rispetto all’equatore celeste (evidente in quei giorni di poca luce solare), rallenti fino al fermarsi, per poi riprendere a salire in quelli seguenti, tornando ad allungare la durata del (periodo di ore soleggiato) rispetto a quelle della notte (ore di oscurità), mentre il giorno conta sempre 24 ore.

 

Da un punto di vista astronomico, il solstizio è l’attimo in cui il Sole raggiunge il punto estremo di declinazione, durante il suo moto lungo l’eclittica (il percorso che la Terra compie in un anno rispetto alla sua stella) È un moto “apparente” perché, sebbene sia la Terra a girare intorno al Sole, la percezione visiva restituisce l’impressione che, dall’alba al tramonto, a spostarsi nel cielo sia il Sole e non viceversa.

Il solstizio d’inverno, per gli abitanti dell’emisfero nord del pianeta, è il momento in cui, a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, il Polo Nord è più distante dal Sole, e la superficie settentrionale della Terra viene colpita sempre più di striscio dai raggi del Sole, man mano che la sua forma curva si avvicina al Polo.

L’orbita “ellittica” della Terra attorno al Sole

I solstizi e gli equinozi sono i punti cardinali del tragitto che la Terra compie attorno al Sole, e dividono l’anno in quattro periodi, ognuno riferito a una stagione; circa ¼ dei 365 giorni, 6 h, 9 m e 10 s, che la Terra impiega per fare il giro completo attorno al sole con annuale precisione “svizzera”.

Noi umani, ospiti del pianeta affascinati dai numeri, abbiamo diviso l’anno in mesi e giorni di 24 ore, ma una frazione perfetta di un anno in quattro parti uguali non è praticabile. Occorre equilibrare gli spiccioli del tempo. Ecco dunque gli anni bisestili, e sia gli equinozi che i solstizi variano di anno in anno. Il solstizio d’inverno, in genere cade in un momento del 21 o del 22 dicembre. Quest’anno sarà il 22 alle 5:19 in punto.

Fin dai tempi remoti le civiltà più evolute, costruendo ingegnosi punti d’osservazione, hanno sempre studiato le misteriose traiettorie della Terra tra gli astri, prestando attenzione sia ai solstizi d’inverno e d’estate, sia agli equinozi di primavera e d’autunno, dedicando loro riti propiziatori, cerimonie e festeggiamenti così come è usanza fare ancora adesso.

Il complesso megalitico astronomico di Stonenghe in Inghilterra

Nei popoli celtici ad esempio, al solstizio d’inverno corrispondeva la festa di Yule, durante la quale si banchettava in cerchio intorno al fuoco e si riveriva l’abete, sempreverde simbolo di forza e di resistenza alle intemperie, e se ne adornava il più maestoso nei pressi del villaggio. Tradizione giunta fino a noi sotto forma di albero natalizio.

I banchetti col sacrificio di alcuni animali (capretto, pecora, maiale) era un modo per acquisire calorie in quel periodo freddo, avendo avuto la prova che finalmente il sole avrebbe ripreso ad allungare la luce del giorno e quindi, entro pochi mesi si sarebbe potuto tornare a raccogliere frutti e seminare. Sacrificare animali serviva a far bastare le provviste fino ai raccolti di primavera, provviste che altrimenti sarebbero servite soprattutto a nutrire gli armenti.

Il 25 dicembre in India si decoravano le case con ghirlande. La nascita del Buddha era fatta risalire in quel giorno, quando lo “spirito Santo” discese sulla sua madre Maya. In Egitto, il 25 dicembre si festeggiavano Horus, dio della luce, e Osiride, dio dei morti. I greci celebravano Ercole, i romani Bacco, dio del vino e della vendemmia

Per i romani il solstizio d’inverno era l’occasione per festeggiamenti durante i quali gli schiavi usufruivano di “licenza” dal 17 al 28 dicembre (le vacanze di fine anno giunte fino ad oggi), assumendo quasi gli stessi diritti del padrone. Opportunità per memorabili orge, banchetti e sacrifici, durante i quali si scambiavano anche doni di modesto, ma simbolico valore. Le feste erano dedicate a Saturno, dio dell’agricoltura e avevano un significato di rinascita e nuova luce.

Riferimenti che, forse non a caso, coincidono con lo stesso tempo e il medesimo messaggio del Natale Cristiano, la nascita di Gesù, inteso come avvento di una nuova era di salvezza. L’abitudine a scambiarsi dei regali il giorno di Natale, si riallaccia alla festività cristiana e alla venuta dei re Magi portatori di doni, e degli stessi pastori giunti a omaggiare la nascita del Gesù bambino.  

Le feste romane dedicate a Saturno (i servi sono assieme ai signori)

La figura di Babbo Natale nella cultura cristiana è legata a San Nicola di Myra (città dell’impero bizantino), protettore dei bambini. Invece, nel folclore germanico si tramandava che Odino, durante il solstizio invernale praticasse una grande battuta di caccia. La notte, i bambini lasciavano gli stivali fuori delle porte, con dentro ortaggi per il suo cavallo. Odino, dalla lunga barba bianca, per gratitudine, nottetempo li avrebbe sostituiti con regali e dolciumi. Nel folclore islandese invece, a riempire gli stivali erano 13 folletti.

Babbo Natale è sbarcato nel Nuovo Mondo nel XVII secolo, presso le colonie olandesi di New Amsterdam, poi New York, come San Nicola che, tradotto in olandese è Sinterklass, da cui il Santa Klaus americano che a sua volta si è diffuso rapidamente sulla superficie del pianeta.

Le origini del presepe invece sono più recenti e sono fatte risalire a San Francesco d’Assisi, dopo che, recatosi a Betlemme nel Natale del 1222 e avendo assistito alle rievocazioni della nascita di Gesù, l’anno seguente organizzò il primo presepe vivente a Greccio, un paese dell’Umbria.

 

Odino barbuto & bianco in caccia nel giorno del solstizio

 

Un ultimo riferimento alle origini di certe usanze lo si può abbinare al brindisi di Capodanno. Durante questo periodo infatti, la fermentazione del vino e della birra raggiunge il suo apice. Un altro buon motivo per far baldoria già per i nostri antenati che festeggiavano nel calore domestico. Al di fuori, anche il terreno d’inverno si riposa e si prende una vacanza in attesa del risveglio e dei lavori a primavera.

 

Oltre alle stagioni astronomiche, sono da considerarsi quelle meteorologiche, in base alle quali le stagioni iniziano una ventina di giorni prima rispetto a solstizi ed equinozi e durano sempre tre mesi. Indicano più precisamente i tempi in cui si verificano le variazioni climatiche annuali, soprattutto a latitudini con climi temperati come la nostra.

 

Foto: Radio deejay, meteogiornale.it, dipinti

foto e fonte: http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=27145

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Articolo pubblicato il 17/12/2019