6 gennaio 1810: nasce a Cuneo l’uomo politico Gustavo Ponza di San Martino

Energico Ministro dell’Interno del Regno Sardo nel primo Governo Cavour, svolge importanti incarichi nel periodo risorgimentale ed è anche Consigliere comunale di Torino

Nato a Cuneo, il 6 gennaio 1810, il Conte Gustavo Ponza di San Martino, avvocato, intraprende la carriera amministrativa e il 4 agosto 1848 è nominato Intendente Generale [Prefetto] di Genova. Pier Dionigi Pinelli, divenuto nel 1848 Ministro dell’Interno, lo stima molto e lo incarica di compiti di alta responsabilità. San Martino collabora con Pinelli nella compilazione della legge dell’Amministrazione Provinciale e Comunale del 1848.

La grande preparazione di San Martino in campo amministrativo gli è sempre riconosciuta. Quando Pinelli diviene per la seconda volta Ministro dell’Interno, dopo la sconfitta di Novara, nomina subito San Martino alla carica di Primo Ufficiale del Ministero dell’interno, simile al nostro Sotto Segretario. San Martino in questa carica è invadente verso il Ministro titolare Filippo Galvagno, tanto da dare l’impressione di essere il vero Ministro dell’Interno.

La nomina di Alessandro Pernati di Momo, il 26 febbraio 1852, a Ministro dell’Interno rende impossibile la permanenza di San Martino come Primo Ufficiale del Ministero dell’Interno: Pernati, fino al giorno precedente, è stato alle sue dipendenze. San Martino viene collocato al Consiglio di Stato (27 febbraio 1852).

Il 4 novembre 1852, Camillo Cavour diviene Presidente del Consiglio e, per proporre Ministri graditi al Re Vittorio Emanuele II, sceglie San Martino come Ministro dell’Interno. San Martino è un Ministro assai energico.

Deve gestire la difficile situazione conseguente al moto mazziniano di Milano del 6 febbraio 1853. Nemici interni ed esterni accusano di complicità il Governo del Regno Sardo. Vi furono arresti ed espulsioni di rifugiati politici, soprattutto di quelli di fede repubblicana.

Sempre nel 1853, avviene il clamoroso furto della statua d’argento della Madonna Consolata, donata dal re Carlo Felice, scomparsa nel santuario di Torino. Non viene più ritrovata, ma «Il Fischietto», settimanale umoristico anticattolico, con una velenosa vignetta dove appare San Martino, non perde l’occasione di insinuare che sia stata fatta scomparire dagli stessi ecclesiastici.

Il 9 febbraio 1854, al teatro Regio di Torino, vi sono chiassose contestazioni per una brutta rappresentazione dell’opera «Ernani». È presente San Martino, ben deciso a non tollerare schiamazzi. Alcune Guardie di P. S., esagerando i suoi ordini, eseguono arresti con modi brutali, usando le manette e puntando le pistole contro numerosi spettatori. La Questura torinese è fortemente biasimata dai giornali torinesi, e San Martino riceve la sua parte di critiche e di satire.

San Martino si è dimostrato uno scomodo rivale politico del Presidente del Consiglio Camillo Cavour, il quale sfruttò un avvenimento tutto sommato marginale per costringerlo a ritirarsi dal Governo.

Tre feroci banditi astigiani devono essere impiccati a Torino il 4 marzo 1854. Il giorno precedente all’esecuzione, gli abolizionisti del tempo, di ispirazione mazziniana, indicono una dimostrazione davanti al Palazzo Reale, per chiedere al Re Vittorio Emanuele II la grazia per i tre condannati e l’abolizione della pena di morte. Questa manifestazione colpisce assai negativamente il Re e così San Martino, come Ministro dell’Interno, il 6 marzo deve dimettersi. È nominato Senatore del Regno, lo stesso giorno.

Questo improvviso abbandono forzato della carica di Ministro impedisce a San Martino di completare in prima persona l’iter parlamentare della nuova legge di Pubblica Sicurezza, che è completato dal nuovo Ministro, Urbano Rattazzi.

San Martino, in seguito, svolge importanti incarichi. È Regio Commissario Sardo a Massa Carrara (1859), Luogotenente del Re a Napoli (21 maggio 1861) e, il 9 settembre 1870, consegna a Pio IX una lettera di Vittorio Emanuele II, dove si chiede al Papa di consentire l’ingresso pacifico degli Italiani in Roma. Riceve da Pio IX la celebre risposta: «Non possumus» (Non possiamo).

Dopo il trasferimento della Capitale a Firenze, San Martino costituisce nella Camera un’associazione politica detta «Permanente», che aggrega i Deputati piemontesi, inesorabile nei confronti dei Governi che sembrano poco disposti ad ottenere che Roma divenga la Capitale d’Italia.

Alla vigilia delle elezioni politiche del novembre 1870, San Martino presenta un programma politico basato sul più largo decentramento regionale, ma incontra la ferma opposizione degli uomini politici della Destra.

È anche componente e presidente del Consiglio provinciale di Cuneo (1866 - 1876) e Consigliere comunale di Torino, dal 1857 al 1864 e dal 1866 al 1876. Dedica gli ultimi anni della sua vita all’amministrazione di istituti assistenziali, come il regio Ricovero di mendicità e l’Opera pia San Paolo di Torino.

Muore a Dronero (Cuneo), il 6 settembre 1876, dove è ricordato da un monumento. Torino non gli ha nemmeno dedicato una via.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 06/01/2020