Oggi accadde, ma la storia si ripete.

Il 18 febbraio 1861 il Parlamento, riunito in solenne seduta reale, “…coll’ entusiasmo della riconoscenza e dell’affetto…”, acclamava a Vittorio Emanuele II, Re D'Italia.

Con queste parole, il Presidente del Consiglio dei Ministri di allora, il Conte Camillo Benso di Cavour, apriva i lavori del primo parlamento italiano, riunito a Palazzo Carignano il 18 febbraio 1861, e sanciva difatti l’inizio del Regno d’Italia, poi ufficializzato nella solenne proclamazione del 17 marzo dello stesso anno.

Quella sera di febbraio, Torino capitale, fu illuminata dai fuochi d’artificio sparati in cielo dalla Gran Madre di Dio, mentre nel centro si diffondeva la festa.

Il mese successivo, il 17 marzo 1861, il Senato e la Camera dei Deputati proclamarono ufficialmente il Regno d'Italia.

E a noi PIEMONTESI, nel bene dei nostri ideali, e nel male di certi metodi militareschi, va riconosciuto il merito di aver dato il contributo maggiore alla causa.

Dopo il 476 d.C., con il crollo di quello che rimaneva dell’Impero d’Occidente, gli italiani rimasero separati per secoli, contesi da Longobardi, Bizantini, Carolingi, Arabi, Normanni, Svevi, Spagnoli, Francesi, Austriaci, divisi in ducati, marchesati, repubbliche marinare, liberi comuni, stati clericali, regni veri e fasulli, in un ampio e vecchio mosaico di poteri, bandiere e guerre.

Solo nel 1861 iniziò dunque una nuova epoca, dettata dal desiderio della classe dirigente piemontese di allora, di gettare le basi per uno stato ITALIANO che potesse entrare nel ristretto club delle grandi potenze europee e che acquistasse una posizione egemone in tutta l’area mediterranea. 

Posizione che le apparteneva per diritto storico e geografico, ma che ancora oggi nel 2020, qualche altro stato europeo, cerca di negarci. 

Per questo, piemontesi, italiani, ricordiamoci del 18 febbraio 1861, sperando in un nuovo Risorgimento.