Lo schianto del Frecciarossa ed i morti sui binari

Il dolore per i due morti va compreso, ma la sicurezza ferroviaria è elevatissima

È il sistema stradale il grande malato dei trasporti con una media di 10 vittime al giorno. Ma evidentemente tutti i morti non sono uguali. Alcuni sembrano valere più di altri.

Da due giorni giornali e TV hanno dedicato parecchi servizi all’incidente ferroviario accaduto nei pressi di Lodi nel quale hanno perso la vita i due conducenti del treno Frecciarossa e più di trenta passeggeri sono rimasti feriti. E non c’è leader politico che non abbia sentito la necessità di intervenire almeno con un tweet, il più delle volte scandalizzato, sulla vicenda.

 

Alcuni sembrano la fotocopia delle dichiarazioni rilasciate in precedenti occasioni

 

E, ovviamente, non poteva mancare l’atto di accusa del sindacato di base al liberismo selvaggio: “Le cause di questo nuova strage ferroviaria vanno ricercate nelle politiche di privatizzazione del settore che hanno determinato massicci tagli all’occupazione, diminuzione dei controlli e della manutenzione col conseguente decadimento della sicurezza, vista sempre più come un costo insostenibile per il management delle FS.”

 

E’ invece doveroso ribadire che la rete ferroviaria è interamente nelle mani di soggetti pubblici, in larghissima parte di Rete Ferroviaria Italia, la società del gruppo Ferrovie dello Stato controllata al 100% dal Ministero dell’Economia. E viaggiano su treni di proprietà pubblica oltre il 90% delle persone. Unica rilevante eccezione al momento è Italotreno, i cui convogli – come i Frecciarossa fino a ieri - non sono mai stati coinvolti in incidenti.

 

Al colmo della dabbenaggine, mentre la circolazione ferroviaria è ancora sconvolta, CGIL, CISL e UIL hanno indetto per ieri “uno sciopero di due ore di tutti i ferrovieri perché quanto è successo è inaccettabile”.

La demagogia del sindacato non cambia.  A quanto è dato sapere sino ad ora, le cause del deragliamento sono dovute ai lavori di manutenzione su quel punto della linea eseguiti malamente a poche ora dall’incidente.

 

Per cui , per colpa di un branco d’incapaci che lavorano con negligenza ed hanno causato la morte di due lavoratori, il ferimento di circa trenta passeggeri e danni ingenti alle ferrovie, il sindacato distoglie l’attenzione sui fatti, per addebitare le solite responsabilità al sistema.

 

Si tratta di reazioni che appaiono scomposte e controproducenti.

 

Non vi è evidentemente nulla di sbagliato nell’esprimere solidarietà alle famiglie di chi ha perso la vita mentre svolgeva il proprio lavoro. Ed è giusto cercare di capire il prima possibile cosa è successo, ma senza perdere di vista la realtà. Così facendo, si rischia infatti di porre in atto scelte che contrastano con il bene comune.

 

E’ bene ribadire che il livello di sicurezza garantito dalle ferrovie in generale, e da quelle italiane in particolare è elevatissimo. Negli ultimi anni in Italia hanno perso la vita in incidenti ferroviari cinque persone all’anno.

Come termine di paragone, sulle strade, dove pure sono stati compiuti progressi rilevantissimi negli ultimi 40 anni, perdono la vita ogni anno più di tremila persone, quasi dieci ogni giorno.

 

Ieri e oggi, purtroppo, compresi.

 

Ma queste vittime mediaticamente “pesano” molto meno di quelle, rarissime, su ferrovia.

Non c’è nessun giornale nazionale che oggi dedica la prima pagina a chi ieri è stato coinvolto in un incidente mortale mentre si recava al lavoro.

 

La demagogica enfatizzazione del rischio di incidente su ferrovia può avere due conseguenze negative. La prima è, paradossalmente, quella di indurre qualcuno ad abbandonare il treno a favore dell’auto, esponendosi così a un rischio di incidente molto più elevato. La seconda, più importante, è una non ottimale allocazione delle risorse pubbliche che implica un maggior numero di vittime.

 

Il contributo più rilevante per la sicurezza dei trasporti che potrebbe oggi venire dalla ferrovia è quello, indiretto, che si conseguirebbe con un miglioramento dell’efficienza produttiva e la riduzione dei sussidi pubblici: se anche una modesta quota delle risorse che attualmente l’Italia e gli stati europei destinano al trasporto su ferro (quasi 50 miliardi di euro all’anno) venisse dirottata alla sicurezza stradale, la riduzione del numero di vittime di incidenti sarebbe verosimilmente dell’ordine di qualche centinaio di unità per anno

 

Per quanto riguarda la rete ferroviaria, sembra davvero difficile ipotizzare sia alla luce della loro entità sia della frequenza degli incidenti, che gli attuali trasferimenti pubblici per la manutenzione non siano adeguati. E, in ogni caso, qualora in specifici ambiti si evidenziasse una carenza di finanziamenti, le risorse integrative dovrebbero essere reperite attraverso  l’aumento del prezzo di biglietti e abbonamenti. Provvedimento ormai di prassi in altri stati europei.VV:FF:

 

 

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Articolo pubblicato il 08/02/2020