Elogio della Semplicità

Un'altra virtù "Capitale" da prendere in considerazione: la Semplicità, un atteggiamento mentale che sembra aver perso parte della sua lucentezza, offuscata dalla banalità imperante che appiattisce tutto. Sta a noi farla riemergere.

 

Elogio della Semplicità

 

Sfogliando l’ultimo libro di Vito Mancuso, mi sono imbattuta in una citazione che mi ha colpito; mi riferisco più esattamente alle parole di una lettera ad un amico di Dietrich Bonhoeffer, teologo tedesco impiccato dai nazisti pochi giorni prima della fine della guerra: “Tu dici di aver dovuto sostenere e vincere una lotta per raggiungere la semplicità; lo credo bene. La semplicità è una capacità dello spirito, una delle più grandi”.

Ecco, partiamo da qui, da questa definizione: lasciamo perdere, per il momento, la semplicità nel modo di vestire, che per altro spesso si chiama eleganza, dimentichiamoci della connotazione negativa che spesso accompagna l’aggettivo semplice come sinonimo di povero di contenuto, banale o scontato. E’ un uso comune, corretto e legittimo secondo il vocabolario, ma la semplicità vera è  ben  altro, come dice , appunto Bonhoeffer.

Per poter essere semplici in una spiegazione, per esempio, bisogna lavorare duro, bisogna saper scegliere la parola giusta tra le mille che dobbiamo conoscere sull’argomento perché il significato del nostro discorso risulti chiaro.

Bisogna sapere bene di cosa ci si sta occupando, avere letto e studiato tanto prima di riuscire a spiegare con semplicità argomenti complessi. Se conosci Seneca e lo sai tradurre senza esitazioni, la tua spiegazione della prima declinazione latina (il famoso rosa, rosae, per capirci) riuscirà chiarissima a chi ti ascolta; non solo, sarà molto breve, non annoierà l’uditorio e lo spingerà facilmente ad addentrarsi nel mondo faticoso (ma magico, a mio avviso) degli studi classici.

Sì, perché chiariamo: essere semplici non vuol dire indurre chi ci ascolta a credere che l’argomento che stiamo spiegando si esaurisca nelle poche e scelte parole che stiamo usando, ma mostrare una strada da percorrere, da soli, per arrivare alla propria meta, che sarà diversa per ognuno.

La complessità dei ragionamenti razionali, Foto di Giancarlo Guerreri

 

Forse è questo il valore etico della semplicità.

E se parliamo di etica, sarà bene sottolineare la profonda differenza, anzi direi l’antitesi, tra semplicità e banalizzazione: se la semplicità indica la via per un cammino individuale, dà punti fermi da cui partire ma non dice a nessuno dove arrivare, la banalizzazione appiattisce ogni complessità, offre risposte standard valide per tutti, facili da condividere sui social con i propri followers per ottenere facili  consensi.

E’ curioso come il più delle volte  a nessuno, mittente o destinatario che sia, venga mai in mente che forse, se fosse così facile, per esempio, risolvere il problema dell’evasione fiscale nel nostro paese (le fantasiose  soluzioni  semplicistiche in proposito che si alzano, insieme al profumo del caffè o più spesso insieme ai fumi dell’alcol di cui gli amabili interlocutori della dotta conversazione in merito al bar Sport di turno sono felice e consapevole preda, sono infinite e il loro numero in ascesa inarrestabile) magari  qualcuno nel tempo ci sarebbe riuscito.

Mi pare chiaro che la situazione sia un tantino più complessa: disgraziatamente non saprei cosa proporre per venirne a capo, ma proprio per questo diffido delle soluzioni apparentemente così semplici.

Le soluzioni o i documenti scritti davvero semplici tengono in grande conto la complessità dei problemi, sono il frutto di approcci diversi alle medesime tematiche, sono il punto d’arrivo di analisi serie e di lavori di squadra.

Pensiamo, per esempio, alla profondità che si nasconde  dietro la semplicità, vera anche questa volta, degli articoli della nostra Costituzione o della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789: i principi su cui si fonda il nostro paese e su cui si basò la Rivoluzone francese, sulla scia di quella americana, sono di una profondissima semplicità, densa della complessità dei motivi che portarono alla loro elaborazione e a tutte le complesse vicende che furono, e in gran parte ancora sono, alla base della loro attuazione.

Impariamo a essere semplici, non a banalizzare, e cerchiamo di allontanare dalla nostra mente la favola pericolosa che la complessità è un’invenzione di chi ci vuole prendere in giro come Don Abbondio con il suo latinorum, mentre le facili soluzioni da bar Sport sono le migliori.

Mi permetto di dissentire; don Abbondio e l’Azzeccagarbugli, con la loro falsa cultura, non hanno mai pronunciato parole davvero semplici, al contrario si sono serviti di una finta complessità per capovolgere la realtà, manipolandola e facendo passare chi subisce un sopruso per un violento e un malfattore. Diamo retta a padre Cristoforo, è meglio: le sue parole sono semplici nel senso più vero del termine e non hanno mai manipolato nessuno.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 15/02/2020