Secondo qualche politico italiano il vero virus era il razzismo

L’Italia ai tempi del Coronavirus

Al riguardo riportiamo alcune frasi tratte da un’intervista di Libero a Toni Capuozzo.

 

Dopo le sue parole scritte sui social media qualche giorno prima, lo stesso ha poi chiarito in un’intervista il suo pensiero a proposito della situazione legata all’esplosione dell’epidemia Coronavirus in Italia.

 

Le parole di Toni Capuozzo, giornalista di lungo corso e inviato di guerra, autorevole voce di un’Italia che ragiona, hanno finalmente messo in luce come i politicanti italiani dell’attuale governo giallorosso abbiano solo pensato al razzismo ma non alla salute dei propri concittadini.

 

Infatti, il giornalista non è stato tenero verso una classe politica che, davanti alla ragionevole paura del contagio da Coronavirus e alla richiesta di misure preventive drastiche come la quarantena per chi rientrava dalla Cina, ha pensato che la correttezza politica (visita a scuole multietniche, ristoranti cinesi, etc.) fosse la cosa più importante e che il nemico fosse il razzismo.

 

C'è un episodio che il giornalista ha giudicato particolarmente fuori luogo, la visita del presidente Mattarella in una classe con bambini cinesi dopo che i governatori leghisti avevano proposto la quarantena per gli scolari di rientro dalla Cina.

 

Per questo specifico fatto ha così detto:

«... e sì, il gesto del presidente della Repubblica ha legittimato tutti quanti ad abbassare la guardia, a non comportarsi con la dovuta cautela.

Quella sua visita è stato un gesto simbolico e anche una guida per l' azione, non avrebbe portato i fotografi con sé altrimenti.

Così se un collega rientrato dalla Cina mi invita a una cena, io mi sento rassicurato dal comportamento del mio presidente e penso: se non si preoccupa lui, del fatto che qualcuno di quei bambini poteva essere appena tornato dal capodanno cinese, perché dovrei preoccuparmi io?».

 

«A Milano c' è stata perfino una "notte delle bacchette" per testimoniare vicinanza ai ristoratori cinesi.

In un Paese che se ne fotte dei piccoli locali che chiudono, se ne fotte di calzolai e artigiani che spariscono, per dimostrare di avere un cuore sensibile eri tenuto a mangiare nei ristoranti cinesi, che peraltro non mi sembrano un pezzo essenziale della nostra storia.

Anche questo, sotto la maschera dell' antirazzismo, è stato un invito a tenere la guardia abbassata: un atto di grande leggerezza, e la colpa non è solo del governo ma anche di una certa cultura».

Di sinistra, direi.

 

Quindi, ha poi aggiunto:

«C'è una cosa che ho imparato girando la ex Jugoslavia. Tutti i ponti erano chiamati "della fratellanza e dell' unità". Ecco, i "fratelli uniti" alla fine si sono accoltellati a vicenda e quei ponti sono stati abbattuti. Se il bene diventa una predica, una lezione calata dall' alto, rischia di alimentare i sentimenti meno nobili, che diventano un brontolìo di pancia sordo, che non viene a galla e non può esprimersi, e poi scoppia all' improvviso. La mia generazione è cresciuta alle elementari con la retorica dei Cesare Battisti, dei Fabio Filzi, del Piave che mormorava. E tutti quanti siamo poi cresciuti facendo la naja malvolentieri e considerando la patria una brutta cosa. Le prediche dall' alto non migliorano le persone. Siamo al punto che devo per forza abbracciare un cinese per dimostrare che non sono razzista: un' esibizione di bontà che rischia di rovesciarsi nel suo contrario».

 

E ha così concluso:

«Infatti, io in questi giorni non sono andato a Chinatown, né nei ristoranti cinesi. Ho pensato: perché devo andare a cercarmela? Ma questo non significa nutrire sentimenti negativi verso un popolo, avrei evitato allo stesso modo il ristorante di un americano appena rientrato da Pechino. È una semplice precauzione, non razzismo. Invece qui, per non sembrare razzisti, siamo arrivati all' assurdo di aver messo in quarantena poche decine di italiani che rientravano dalla Cina mentre centinaia se non migliaia di cinesi di ritorno dal capodanno rientravano indisturbati».

 

Conseguentemente, la situazione a ieri in Italia è di 320 contagiati e 11 morti, terzo paese al mondo per diffusione del Coronavirus.

 

Ancora un grazie al nostro premier Giuseppe Conte e agli altri suoi amici politicanti della stessa forza.

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Articolo pubblicato il 26/02/2020