Dal Komintern all’Unione Europea

Un viaggio a ritroso nel tempo

Non è facile capire la ragione che tiene avvinta tutta la sinistra italiana, con il suo corteo di radical scic, arroccato intorno al movimento +europa della Bonino, ad amoreggiare  con l’Unione Europea. Un ente costruito nel 2002 da politicanti, come il Prodi ed il Ciampi, senza alcun avallo popolare, ma solo inseguendo le visioni oniriche di alcuni cosiddetti fondatori, riuniti nell’isola di Ventotene.

Qualcuno afferma che questa istituzione ha portato settanta anni di pace nella parte occidentale del continente europeo, ma è l’unica cosa buona che può venirle attribuita.

Mentre la sua presenza si è rivelata ininfluente, e soprattutto inutile, nel caso dei conflitti che sono scoppiati nei balcani e nel quadrante est dell’Europa.

Nonostante il suo apparato ipertrofico, caratterizzato da due Camere, delle quali una a Bruxelles ed una a Strasburgo, infarcite con migliaia di burocrati e di pseudo deputati, non è riuscita a far sentire il suo peso, e tanto meno influire, sui conflitti medio orientali e nord africani.

Oltre ad imporre con trattati strampalati la sottomissione alla Germania (anche ora uber alles) ed alla Francia dei paesi del sud Europa, l’UE si è sempre dedicata a fastidiose operazioni di piccolo cabotaggio nei campi economico, alimentare ed anche culturale.

La sua insussistenza ed il suo fallimento sono stati evidenti soprattutto nella questione delle immigrazioni, dove l’unico risultato ottenuto è stato quello di dar vita soltanto ad un miniconvegno a Malta, al quale hanno partecipato tre stati.

Anche se l’inutile accordo che ne è scaturito, ed è stato presentato dai soliti opinionisti eurofanatici come un grande risultato od addirittura come la soluzione di tutti i problemi, non ha fatto che ribadire la solitudine dell’Italia ed il suo isolamento dal resto del continente.

L’ UE, come sempre, non ha voluto riconoscere alle nostre coste il ruolo di confine del territorio  continentale ed i nostri porti, dopo essere stati definiti sicuri, sono stati lasciati alla mercè di qualunque imbarcazione volesse scaricare immigrati.

Bruxelles non ha mosso ciglio neppure quando un ministro italiano degli interni, dopo aver cercato di difendere le coste, che sono italiane ma anche europee, è stato messo sotto sotto accusa da una magistratura che ha invocato generiche “leggi del mare” (ed anche quelle della pirateria) ed ignorato i diritti e la legislazione di uno stato civile e moderno.

Così fino ad oggi nei confronti dell’Italia.

Ma da alcuni giorni la UE sembra cambiata ed ha dato un esile segno di vita. Perché la Ursolina van der Leyen si è precipitata in Grecia, insieme a Charles Michel ed al presidente del parlamento europeo David Sassoli, un piddino passato “anema e core” all’ Europa. Tutti e tre si sono precipitati sul confine tra Grecia e Turchia, assediato dai migranti spinti verso l’Europa da Erdogan.

La situazione a quei confini – ha dichiarato la Ursula- non deve essere gestita solamente dalla Grecia ma è responsabilità dell’Europa nel suo insieme e noi la gestiremo ordinariamente con unità, solidarietà e determinazione. Ed ha proseguito: “siamo qui oggi per dirvi che i problemi della Grecia sono i nostri problemi. Questo confine non è solo un confine greco: è un confine europeo ed io oggi sono qui come una cittadina europea al vostro fianco”.

Affermazioni che l’UE non ha mai pronunciato in favore dei confini dell’Italia, e motivate dal fatto che quei migranti, anziché dirigersi verso l’Italia, erano incamminati in direzione della Germania.

C’è da augurarsi soltanto che l’eurobolscevico David Sassoli, non diventi un emulo del traditore Grajano d’Asti, che alla disfida di Barletta (come ha scritto il mio conterraneo Massimo d’Azeglio), si era schierato con i francesi e contro gli italiani, e che non osi più fare la proposta di accogliere tra noi quei 140 mila migranti che premono sui confini tra Grecia e Turchia e sulle coste del povero stato ellenico. Già ridotto in miserevoli condizioni e depredato, proprio dai diktat bancari della Germania e della Francia.

Ora il nostro paese è alle prese con il coronavirus che viene chiamato con altre denominazioni che qualcuno, da bravo scienziato, o da solerte lettore di telegiornale, pensa che abbia un carattere più nobiliare.

Nulla è cambiato nei rapporti tra la nostra nazione, lasciata sola come sempre, ed i ricchi e strapagati burocrati di Bruxelles, anche sotto questo aspetto.

Ma è storia di oggi e dovremo riparlarne in futuro.

Rimane in sospeso intanto la ricerca della ragione che dà vita, nei confronti dell’Europa, ad un affetto così morboso, che in alcuni casi può divenire anche un’adorazione, da parte della sinistra.

Una delle spiegazioni che può essere data è quella che nella teca cranica degli esponenti della sinistra, dove alberga la porzione di cervello riservata ai ricordi, aleggi ancora l’ombra confusa di quello che per loro è stato il più grande disegno di organizzazione del mondo.

La struttura sovietica del Komintern che ha preceduto sotto alcuni aspetti, la configurazione plurinazionale dell’Unione Europea.

Una forma di nostalgia canaglia?

(immagini El Pais)

 

 

 

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Articolo pubblicato il 06/03/2020