Il coro...n’ha vir...us.

La tragedia greca della chiacchera a vanvera (compresa questa!).

Carissimi lettori,

cosciente di essere un soggetto a maggior rischio morte, indipendentemente dalle circostanze estemporanee, poiché prossimo ai settanta anni, avendo rispetto a prescindere per tutti gli oltre 110 miliardi di esseri umani che si stimano essere precedentemente trapassati per cause diverse da quando esiste l’essere umano, per quelli che stanno trapassando e trapasseranno, e i loro cari, mentre sto scrivendo (ammesso che riesca a terminare di scrivere senza prima morire), mi viene seriamente da sorridere nell’osservare quanto sta avvenendo:

 

- la presunta onnipotenza degli umani cancellata da uno starnuto metabolico (… non diabolico!) dell’organismo naturale che pretendiamo presuntuosamente di salvaguardare senza renderci conto che lo sta facendo benissimo da solo (…ma in un modo che non ci piace, non capiamo … nuovo … che non conoscendo non possiamo combattere – l’unica cosa che sappiamo fare per ignoranza -). Cosa che accade periodicamente e sistematicamente anche a tutte le altre specie viventi, animali, vegetali e minerali che siano.

 

- inoltre, mentre da una parte si cerca umanitariamente e unilateralmente di salvaguardare e prolungare vite umane, compresa la nostra, salvandole dalle malattie, in ogni modo possibile e impossibile, dall’altra ci si premura caritatevolmente di sparare su chiunque non la pensi come noi o invada il nostro territorio nella speranza di scappare alle bombe e alla fame, per sopravvivere allo stesso modo in cui pensiamo di averne diritto noi.

 

Cosa sta succedendo dunque?

 

Semplicemente questo:

 

- il processo di globalizzazione e condivisione determina una perfetta interconnessione tra tutto ciò che è in relazione diretta o indiretta formando un unico corpo omogeneo e coerente, che cresce e si ramifica fortificandosi fino a raggiungere un punto di massa critica. Punto di non ritorno dal quale inizia un processo di trasformazione strutturale che per realizzarsi utilizza, tra gli altri, uno strumento chiamato “immunodeficienza acquisita”.

 

Ovvero uno strumento che induce “autodistruzione”.

 

Tuttavia non nel senso negativo e definitivo che subito appare, ma in quello di distruzione di ciò che non è più adatto per lasciar spazio al nuovo, a nuove possibilità.

 

Visto che però noi non ci sogniamo, neppur lontanamente, di lasciare che tale processo fisiologico naturale avvenga, togliendoci “coscientemente o volontariamente” dai piedi quando è il momento, per lasciar spazio ai giovani, ecco che il sistema naturale provvede a farlo per noi (prendendoci apparentemente alla sprovvista!).

 

Semplice processo naturale di continuo mutamento e riequilibrio contrapposto all’idea (perversa e condivisa urbi et “orbi” – come privati della vista appunto!) che tutto vada sempre avanti restando tale e quale a come desideriamo e vogliamo noi.

 

E già!

 

Incredibilmente facciamo fatica a comprendere una cosa così semplice da apparire irreale, lasciandoci sgomenti di fronte a ciò che si esplica ad una sola piega (sem-plice=una-plica) dalla verità: tutto è già dentro di noi a prescindere, ciò che ci dà e mantiene in vita e ciò che la ritirerà da noi.

 

L’ordine a farlo in un senso o nell’altro è solo una questione di rendere operativa l’informazione relativa, restando calmi, sereni e silenziosi, o ripetendo parole e agendo sotto psicosi collettiva generata della paura (sempre cattiva consigliera) come in un mantra magico ed ossessivo; abbiamo esempi in casa nostra senza bisogno di fare alcuno sforzo a cercarne.

 

Tranquilli!

Non occorre che tocchiamo ferro o altro!

Per fortuna e nostro malgrado: Non muove foglia che dio non voglia!

 

Compreso in questo esercizio purificatore (o disinfettante se preferite) è necessario porgere un doveroso e sentito ringraziamento a tutti coloro chiamati a fare quello che devono, e si deve fare, perché si manifesti ciò che è giusto accada, da parte di chi è, al momento, in settantena, come il sottoscritto.

 

Con il più fraterno augurio che lo stop imposto, alla febbricitante e convulsa attività quotidiana autoimposta dei più, sia per tutti noi occasione di profonda riflessione nella tranquillità e silenzio della nostra quarantena.

 

grafica e testo

pietro cartella

 

 

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Articolo pubblicato il 07/03/2020