Torino - Intervista con Gianni Boella, medico di medicina generale

Coronavirus - Ci sentiamo abbandonati

Sono 175 le persone risultate positive al test sul “coronavirus covid19” in Piemonte. I pazienti ricoverati in ospedali sono 118, di cui 36 in terapia intensiva: 7 ad Asti, 6 a Vercelli, 6 a Tortona, 4 al Giovanni Bosco, 4 al San Luigi, 3 alle Molinette, 1 al Alessandria, 1 al Maria Vittoria, 1 a Biella, 1 al Martini, 1 a Cuneo, 1 al Mauriziano. Altre 52 persone sono in isolamento domiciliare. Cinque i decessi. Finora sono 918 i tamponi eseguiti complessivamente in Piemonte, 644 dei quali risultati negativi.

Questo è l’aggiornamento, a ieri mattina alle ore 11,30, sulla situazione d’emergenza sanitaria del coronavirus. Una emergenza che sta toccando tutti i professionisti sanitari, dai medici di medicina generale ai pediatri, dagli infermieri ai soccorritori, che in prima linea e ogni giorno la stanno affrontando senza tregua e con grande coraggio.

Ma le preoccupazioni non mancano. Una di queste riguarda i dispositivi di protezione individuale che non sono sufficienti. E’ il grido di allarme arriva dai medici di famiglia.

«Mancano i dispositivi di protezione individuale, che significa che mancano le mascherine, mancano gli occhiali per proteggere gli occhi e mancano le tute, per poter visitare in tutta sicurezza i nostri pazienti sia in studio sia a domicilio».

La parola “mancano” viene scandita dal dottor Gianni Boella, medico di medicina generale di Torino, fiduciario dell’Asl Città di Torino per la Federazione? Italiana Medici di Medicina Generale (Fimmg) e membro eletto nella Commissione “appropriatezza” della medesima azienda, distretto Sud-Est, proprio come fa la maestra quando all’allievo cerca di far capire suono e significato semantico di una parola, perché non se la dimentichi mai più: “man-ca-no”. 

«Dalla Regione e dalle aziende sanitarie tutto tace o quasi e non giungono quei segnali significativi di attenzione che il comparto delle cure primarie merita nell’interesse generale - prosegue il dottor Boella -. La situazione è allarmante. Nel mio studio mancano le mascherine anche per la segretaria e per l’infermiera e io per il turno pomeridiano ne ho due in tutto. 

Anzi, per tutta l’emergenza mi sono state consegnate tre mascherine in tutto. Considerando che una mascherina mi proteggerà per il tempo di due sole visite, sono a rischio io stesso, e a mia volta potrei diventare veicolo per il contagio dei miei stessi assistiti, in particolare quelli più suscettibili e a rischio di gravi complicanze, senza contare che è sufficiente che al medico venga notificato il contatto con un paziente contagiato visitato senza dispositivi protettivi perché venga posto immediatamente in quarantena.

E poi come faranno i pazienti senza il medico curante? Già 15mila pazienti in provincia di Torino si trovano in questa condizione. E’ noto che in uno scenario di espansione epidemica gli strumenti di contenimento del virus risultano i soli efficaci e occorrono misure urgenti per minimizzare l’impatto, quali l’isolamento dei contagiati».  

Abbandono. «La sensazione è che ci abbiano abbandonati eppure siamo in prima linea nella cura degli assistiti – conclude il dottor Boella -. E’ assolutamente necessario che al più presto ci vengano fornite istruzioni per nuove modalità organizzative efficaci a disciplinare i contatti con i pazienti filtrando a distanza gli accessi.

E poi avremmo bisogno di un ambulatorio distrettuale dedicato ai pazienti sintomatici, di superare il baluardo della ricetta cartacea verso una vera dematerializzata, inoltre consentire l’auto attestazione di malattia per le patologie con prognosi breve o in sub ordine di consentire la certificazione di malattia anche solo sui dati anamnestici e documentali senza necessità di contatto diretto con il paziente».

 

 

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Articolo pubblicato il 08/03/2020