Un mese fa le quarantene erano propositi razzisti, ora l'oggettivo modello da seguire
Ripercorrendo una volta di più le pagine di questa cronaca di un’emergenza annunciata, non può che continuare a suscitare rabbia la leggerezza con cui una parte della Politica (sfortunatamente per noi quella al Governo del Paese) ha sminuito le preoccupanti notizie provenienti dalla Cina, prendendo sottogamba il pericolo invece di prendere in mano la situazione.
E Conte (Primo Ministro per caso e per doti trasformiste da far impallidire persino Fregoli) in tutto questo ha fatto la figura del Don Ferrante, che sorretto dalle sue belle convinzioni non prese alcuna precauzione contro la peste e si ritrovò a morire in un letto, come un eroe di Metastasio prendendosela con le stelle. Per fortuna però il Coronavirus, per quanto contagioso e passibile di procurare polmoniti e complicazioni severe, non è la peste del Manzoni. D’altro canto, per sfortuna (nostra), a differenza dell’imbelle gentiluomo seicentesco il nostro Presidente del Consiglio non si è mosso (ahinoi nel senso letterale del termine) spinto da convinzioni scientificamente genuine e motivazioni probanti ma dalla presunta convenienza politica. E così alla lotta contro l’invisibile virus è stata preferita quella contro l’invisibile (non nel senso di microscopico ma proprio di inesistente) odio razzista.
Ignorando i moniti degli Scienziati che raccomandavano prudenza e chiedevano di prepararsi e attrezzarsi per il peggiore scenario possibile (con la speranza certo di evitarlo ma confortati dalla certezza di farsi trovare pronti), Palazzo Chigi ha risposto con un menù di involtini primavera e insipide facilonerie, tipo la soppressione dei voli diretti con
Alla fine il recinto è stato chiuso ma solo dopo la fuga dei buoi.
Alla fine Conte rispose… ma qui di sventurati ci siamo solo noi.
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Articolo pubblicato il 09/03/2020