Piemonte e Sardegna, unite da un legame speciale

Una storia lunga 300 anni

A un mese dal 20 febbraio 2020, giorno in cui con un articolo abbiamo ricordato l’importante anniversario dei 300 anni da quando la Sardegna passò sotto il controllo dei Savoia il 20 febbraio 1720, riprendiamo a parlare di quel periodo dal punto di vista storico-sociale.

 

Purtroppo, nell’immaginario collettivo, i Savoia furono spesso considerati dei conquistatori assettati di potere e territori, mentre invece, in molto casi, si dimostrarono capaci di migliorare le condizioni di vita dei luoghi che erano passati sotto la loro tutela.

 

Vediamo allora cosa successe in Sardegna.

 

Già dal 1720, quando la Sardegna passò sotto il controllo dei Savoia, la dinastia sabauda mirò subito a ristabilire l’autorità sovrana al di sopra dei feudatari e di ogni classe di cittadini, mettendo così ordine nel caos giudiziario, amministrativo e finanziario dell’isola.

 

Inoltre, fu risolta l’antica controversia sull’alta potestà pontificia sull’isola con l’accordo del 25 ottobre 1726, con cui Papa Benedetto XIII derogava al diritto d’investitura in favore di Vittorio Amedeo II.

 

In questo modo il Sommo Pontefice rinunciava all’alta sovranità sulla Sardegna, che era stata all’origine dell’atto di infeudazione alla Corona d’Aragona del 1297.

 

In seguito, il nuovo Re Carlo Emanuele III di Savoia, successore di Vittorio Amedeo II, promosse la costituzione nel 1744 del glorioso Reggimento di Sardegna, che inaugurò la grande tradizione militare dei Sardi al servizio della dinastia sabauda prima, e dell’Italia repubblicana poi. 

 

Ma la svolta epocale di ebbe nel 1759 quando Carlo Emanuele III nominò Giambattista Lorenzo Bogino quale Ministro per gli Affari di Sardegna.

 

Una vera e propria stagione di riforme giuridiche, economiche e sociali avrebbe cambiato la Sardegna, espressione locale del più vasto fenomeno del riformismo illuminato che nel Settecento si diffuse tanto negli Stati italiani preunitari che nel resto d’Europa.

 

Territori deserti come l’isola di San Pietro furono ripopolati da liguri-piemontesi che fondarono la cittadina di Carloforte.

 

Inoltre, furono in quel periodo fondate anche Calasetta e Montresta. 

 

La principale riforma politica dell’epoca fu l’istituzione nel 1771, in tutti i paesi dell’Isola, dei “Consigli Comunitativi”, presieduti da un Sindaco eletto a turno nei tre ordini di cittadini: primo, mezzano e infimo.

 

Per la prima volta, i sudditi dei feudi venivano coinvolti nella vita politica.

 

Questa fu una novità epocale, poiché sino ad allora le sole città regie di Cagliari, Iglesias, Oristano, Bosa, Alghero, Castelsardo e Sassari godevano di un diritto municipale proprio e non erano soggette al sistema feudale istituito dagli Aragonesi.

 

Bogino introdusse per la prima volta in Sardegna anche un regolare servizio postale.

 

Il sistema tributario fu riordinato e reso più equo.

 

L’agricoltura fu promossa con cattedre itineranti e pubblicazioni anche in lingua sarda, mentre nel 1767 si istituì in ogni paese i “monti granatici”, dove con modica spesa ogni contadino poteva rifornirsi di sementi.

 

Nello stesso 1767, Bogino occupò le così dette “isole intermedie” (arcipelago della Maddalena), la cui sovranità sulle quali era fino ad allora incerta.

 

Nel 1770 il Viceré Des Hayes intraprese un giro di indagine conoscitiva nell’isola, durante il quale fu seguito da un tribunale itinerante.

 

Conseguenza di questo giro furono le prime direttive sulla sanità pubblica del 1771 e la “Pharmacopea sarda” del 1773.

 

Si impartirono anche moderne disposizioni in materia di allevamento e macellazione.

 

Furono introdotte costose macchine per la filatura e nuove macchine trebbiatrici, grazie alle quali nel 1790 la Sardegna raggiunse il primato di produzione di due milioni di starelli (un milione di quintali) di grano. 

 

Dal punto di vista culturale, Bogino stabilì che la lingua ufficiale del Regno di Sardegna fosse l’italiano, che i Savoia avevano adottato quale lingua ufficiale in Piemonte già dal 1561 al posto del latino.

 

L’istruzione elementare e ginnasiale fu riorganizzata nel 1760 con l’introduzione dell’insegnamento obbligatorio della lingua italiana. 

 

Anche la lingua sarda, che era stata completamente marginalizzata in epoca aragonese e spagnola, visse una rinascita letteraria.

 

A Bogino si deve anche la riapertura, dopo oltre cento anni, delle Università di Cagliari (1764) e Sassari (1765), con le Facoltà di Teologia, Giurisprudenza, Filosofia e Medicina.

 

L’arrivo di molti professori universitari dal Piemonte, insieme con l’istituzione della Reale Stamperia di Cagliari nel 1767 e la pubblicazione di numerose opere di interesse sardo (come la “Storia naturale di Sardegna” di Francesco Cetti), contribuirono notevolmente alla rinascita della cultura in Sardegna.

 

In definitiva, “questi piemontesi”, al di là di certi metodi militareschi, non furono solo dei conquistatori assetati di potere, ma degli innovatori in molti settori, a vantaggio della popolazione sarda.

 

Forse per questo è rimasto un legame speciale fra Piemonte e Sardegna, anche dopo 300 anni.

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Articolo pubblicato il 20/03/2020