Stradario torinese: via San Domenico

Dalle Carceri Senatorie al Museo d'Arte Orientale

La via San Domenico è una via del centro storico di Torino che si apre nella via Milano, in corrispondenza della Chiesa in stile gotico che le dà il nome, e con un percorso abbastanza rettilineo raggiunge il corso Principe Oddone. In corrispondenza del Palazzo Servizi di Igiene e Sanità, il sedime della strada appare leggermente spostato sulla destra, in particolare in corrispondenza della via delle Orfane e della piazzetta della Visitazione dove il lieve disassamento appare ben apprezzabile.

 

Via San Domenico prosegue attraversando corso Valdocco e poi corso Principe Eugenio. Da questo, l’ultimo tratto appare leggermente fuori asse rispetto al tratto precedente, ma questo si nota più sulle piantine topografiche che nella realtà.

 

Ricordiamo la via San Domenico per la particolarità di avere ospitato in passato due delle quattro prigioni cittadine, le Carceri Criminali, o Senatorie, e le Carceri Forzate.

 

Le Carceri Criminali si trovavano al civico 13 di via San Domenico. Erano anche dette Senatorie, perché poste sul retro del Palazzo di Giustizia o Curia Maxima, col monumentale ingresso in via Corte d’Appello n. 16.

 

L’edificio dal 1838 ospitava il Senato di Piemonte cioè l’antico supremo tribunale del Ducato di Savoia e poi del Regno di Sardegna. Nel 1848, quando una delle due Camere del Parlamento Subalpino è denominata Senato, il Senato di Piemonte diviene la Corte d’Appello.

 

Il nome di Carceri Senatorie era sopravvissuto anche dopo il 1848.

 

Alla vigilia dell’apertura delle Carceri Nuove, in corso Vittorio Emanuele II al numero 127, avvenuta nel 1870, libri e guide sulla città di Torino non si prodigano a mitigarne la bruttezza.

 

Mentre Giuseppe Torricella, nel suo libro Torino e le sue vie (1868) ricorda con un certo pudore che queste carceri si trovano in via San Domenico, collocate «in un massiccio e solido edifizio […] fatto innalzare da Carlo Emanuele II per la custodia dei rei», Pietro Baricco, nel primo volume della sua guida Torino descritta (1869), non esita a criticarle: «Queste carceri sono anguste, poco ventilate, e quindi poco salubri. I giovani e gli adulti vi fanno vita comune, e gli accusati sono tenuti insieme coi condannati».

 

Non è più possibile vedere il massiccio e squallido edificio di queste antiche carceri che rappresentarono sempre una vergogna per Torino. Toccò all’architetto Alessandro Antonelli, dopo il 1870, provvedere alla loro demolizione ed alla sistemazione del Palazzo, cui avevano già lavorato tanti suoi colleghi.

 

Nel 1870, infatti, mentre a Roma veniva aperta la breccia di Porta Pia – ricordava con arguzia Alberto Viriglio nel 1917 – a Torino si aprivano le nuove e moderne prigioni: le Carceri Nuove di corso Vittorio Emanuele II. Per quei tempi, un forte miglioramento.

 

Per questo motivo sono scomparse le Carceri Senatorie, il Correzionale maschile di via Stampatori, le Carceri Forzate e le Carceri delle Torri. Queste ultime erano collocate nella Porta Palatina. In passato non aveva l’aspetto attuale: a ridosso delle due torri era venuto a formarsi un vero e proprio edificio che il popolo chiamava Carcere di Ovidio e che, dal 1724, fu utilizzato dal Vicariato di Polizia come carcere e come caserma per le sue Guardie. Nel 1848 – anno di abolizione del Vicariato – divenne una prigione femminile.

 

Tornando in via San Domenico, è curioso ricordare che nell’isolato successivo a quello delle Carceri Senatorie, al n° 11, si trova il palazzo un tempo appartenente ai conti Solaro della Chiusa e successivamente al conte Solaro della Margherita.

 

In questo palazzo, scrive Torricella (1868), «abitò e servì in condizione di lacchè quel bello ingegno che fu Gian Iacopo Rousseau. Il vecchio conte di Govone, conosciutone il talento e lo spirito, volle trattenerlo presso di sé e farlo studiare; ma l’indole bizzarra ed irrequieta del giovane filosofo lo fece uscire da quella casa e tornare in Isvizzera».

 

Il Palazzo, dal 1870 divenuto proprietà della famiglia Mazzonis di Pralafera, dal 2008 ospita il Museo d’Arte Orientale (MAO).

 

I diversi edifici della via San Domenico possono quindi evocare numerosi personaggi, assai differenti tra loro, come il Lettore può constatare.

 

Pietro Baricco, Torino descritta, vol. 1, Torino, 1869.

Giuseppe Torricella, Torino e le sue vie, Torino, 1868.

Alberto Virigilio, Voci e cose del vecchio Piemonte, Torino, 1917.

 

Alcune foto sono tratte dal Gruppo “Torino sparita su Facebook”

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Articolo pubblicato il 26/03/2020