Migrating Objects: arte dall’Africa, dall'Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim

Massimo Centini per Civico20News

L’attenzione per la cosiddetta “arte etnologica”, che oggi, in armonia con lo sguardo sempre più aperto in direzione dell’alterità, si evidenzia in molteplici iniziative culturali, ha una storia più antica. Forse la sua prima espressione per così dire museale, può essere rinvenuta nelle cosiddette Wunderkammer (le camere delle meraviglie), che avevano in nuce i sementi dei moderni musei di scienze naturali e appunto di arte “altra”.

 

A questa tradizione storicizzata e studiata, va affiancato quel collezionismo sorto prima con indirizzo classificatorio, ma poi apertosi in direzione delle istanze estetiche che provenivano dalle avanguardie alla ricerca di nuove formule poetiche per riscattare l’arte occidentale dalle secche di una retorica che andava stretta ad artisti come Max Ernst, Alberto Giacometti, Henry Moore, Pablo Picasso e altri.

 

Una interessante occasione per riflettere su questi temi, giunge oggi dalla bella mostra “Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall'Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim”, allestita a Venezia nella sede della Collezione che fa capo alla Fondazione newyorchese.

 

La mostra consente anche di conoscere un aspetto meno noto di Peggy Guggenheim, collezionista e mecenate, nota soprattutto per la sua attenzione verso l’arte moderna e contemporanea, mentre risulta più velata la sua curiosità per la creatività di società lontane. Quelle società che per tanto tempo l’approccio etnocentrico ha limitatamente riconosciuto come espressioni della cultura materiale finalizzata al rito e alle pratiche magiche.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, la Guggenheim cominciò a interessarsi dell’arte lontana, dimostrando una sensibilità che era maturata, quasi certamente, dalla riflessione sulle poetiche di artisti che avevano nell’arte africana e in quella dell’Oceania, dei referenti estetici innovativi, ma nello stesso tempo radicati in profondità nella storia dell’uomo.

 

“Mi ritrovai orgogliosa proprietaria di dodici fantastici [artefatti]: si trattava di maschere e sculture della Nuova Guinea, del Congo Belga, del Sudan Francese, del Perù, del Brasile, del Messico e della Nuova Irlanda”.

Così scriveva Peggy Guggenheim nella sua biografia, Una vita per l’arte, ponendo in evidenza la sua attenzione per forme d’arte per le quali mancava ancora una prospettiva estetica attraverso la quale osservarle. Le opere proposte Palazzo Venier dei Leoni sono trentacinque e per la prima volta sono mostrate in pubblico, nella singolare cornice dello spazio espositivo dove possono trovarsi a stretto contatto con alcuni capolavori delle avanguardie europee.

Le opere in mostra appartengono ad alcune delle più tipiche espressioni dell’arte etnologica: per esempio il reliquiario “mbulu ngulu” Kota (Gabon), il cimiero “Ci Wara” Bamana (Mali), o l’inconfondibile uccello Kalao Sanufo (Costa d'Avorio).

 

Tra l’altro va osservato che il processo di allestimento della mostra ha consentito di effettuare studi più approfonditi su alcune delle opere esposte, consentendo attribuzioni che mancavano: come è accaduto per la maschera copricapo proveniente dalla Nigeria (Ago Egungun) creata nell’atelier di Oniyide Adugbologe (1875-1949 c.), presente in mostra.

 

Il riconoscimento della “bottega” e in qualche caso dell’autore dell’opera, esprime una più moderna ed equilibrata volontà di andare oltre le secche della retorica che per tanto tempo ha governato l’approccio occidentale all’arte “altra”.

Forse la direttiva più fruttuosa sulla quale condurre il dibattito, potrebbe orientarsi verso la valutazione di quelli che sono i parametri posti alla base del concetto di bellezza, in ragione di maggiori approfondimenti di carattere psicologico e fisiologico. Infatti, è opinione comune che la percezione del bello sia una costruzione culturale: fatto questo innegabile, ma non esclusivo.

 

Gli studi più recenti di psicologia sperimentale tendono a suggerire che alcuni tratti del valore rappresentato dal “bello”, possono essere considerati frutto di un innato patrimonio, quasi certamente relazionabile all’evoluzione biologica. Ciò consente di immaginare che alla base di una realizzazione, qualunque sia il suo uso e la cultura in cui viene prodotta, sia contrassegna con peculiarità che sono proprie dell’estetica.

 

Le valutazioni e le indagini condotte dalla moderna etno-estetica consentono quindi di porre in evidenza un aspetto fondamentale, soprattutto per quanto riguarda l’arte africana, la più indagata: la presenza di “estetiche locali”, caratterizzate da codici e peculiarità che non possono essere oggetto di generalizzazione.

 

Inoltre, solo integrando quella che presupponiamo essere l’esperienza estetica con le conoscenze etnografiche estratte dal background culturale nella quale una realizzazione artistica “altra” è stata creata e fruita e/o utilizzata, sarà possibile slegarsi da molti di quei luoghi comuni che neppure i più acuti innovatori delle avanguardie erano stati capaci di superare.

 

In effetti, le istanze artistiche provenienti dall’ “altro” sono state assunte dagli artisti occidentali non come occasioni di conoscenza, ma soprattutto come spunti per sorreggere il loro distacco dall’arte occidentale.

 

Massimo Centini

 

Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall'Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim

Venezia, Peggy Guggenheim Collection, Dorsoduro 701

Orari: dalla 10.00 alle 18.00; chiuso il martedì.

Fino al 14 giugno.

 

 

DIDASCALIE:

1) Figura di reliquiario (mbulu ngulu), Probabilmente fine XIX secolo - inizio XX secolo, Kota, Gabon

2) Cimiero maschio Ci Wara, Probabilmente prima metà del XX secolo, Bamana, Regione Ségou, Mali

3) Maschera (angbai o nyanbai), Probabilmente prima metà XX secolo, Toma o Loma, Guinea,

4) Maschera (mukinka), Probabilmente prima metà del XX secolo,  Salampasu, Repubblica Democratica del Congo

5) Maschera bifronte a elmo (wanyugo), probabilmente metà del XX secolo Senufo, Costa d’Avorio

 

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Articolo pubblicato il 01/04/2020