E se facessimo davvero come fa la Germania (di nascosto)?

Gigi Cabrino per Civico20News

Nella narrazione comune l’Italia con gli stati mediterranei sono spendaccioni nullafacenti, spese pubbliche esagerate, deficit di bilancio altissimi e debito pubblico fuori controllo, mentre la Germania, da buona maestra dell’UE è esempio di rigore, di controllo dei conti e di indebitamento pubblico limitato allo stretto necessario, motivo per cui il bund tedesco viene preso a parametro europeo di solidità dei titoli di stato.

Per questo motivo la Germania ha sempre rifiutato ogni forma di solidarietà europea e presa in carico comune dei debiti nazionali – cosa che tra l’altro dovrebbe essere ovvia in una normale unione monetaria -.

Bene, la famigerata rigidità autoimposta dai tedeschi sui conti pubblici è la balla più colossale degli ultimi decenni in materia di politica economica.

Perché se è vero che il debito pubblico tedesco rispetta alla perfezione i sacrosanti parametri europei è altrettanto vero che la Germania, tanto a livello di Stato federale tanto a livello di singoli Lander spende e spande indebitandosi a più non posso infischiandosene dei vincoli; sembra una magia ma si chiama KfW.

KfW è una delle oltre 400 (quattrocento) banche pubbliche tedesche; si, perché mentre noi, in ossequio ai dogmi del libero mercato privatizzavamo il fior fiore delle bance nazionali e locali - saldamente in mano pubblica (stato centrale ed enti locali) fino ai primi anni ’90 - i tedeschi si son ben guardati dal lasciare in balia dei fantomatici “mercati” la fitta rete di casse di risparmio locali e nel corso delle norme sempre più esigenti riguardo la capitalizzazione delle banche nella zona euro queste sono sempre state esentate dal rispetto degli obblighi di solidità patrimoniale che Merkel imponeva agli stati UE.

Tra tutte queste banche spicca KfW, posseduta per l’80% dallo stato federale e per la restante parte dai lander; KfW, ed in parte minore le centinaia di banche locali, acquistano direttamente alle aste del debito pubblico tutto ciò che il mercato non assorbe ( attenzione, direttamente alle aste, non sul mercato secondario come la BCE col quantitative easing), così che lo stato ed i lander possono avere tutto il denaro possibile a disposizione senza la pistola puntata dei fumosi mercati e KfW agisce , di concerto con le altre banche pubbliche locali, nell’interesse del proprio azionista, stato o land che sia.

Risultato la maestrina Germania insegna a noi a non fare debito pubblico mentre ne fa quanto e più degli indisciplinati stati mediterranei nascondendolo grazie alla KfW.

Non dovrebbe essere nuovo questo sistema per noi italiani, dal momento che questo ruolo in Italia lo ha svolto fino al 1981 la Banca d’Italia; guarda caso proprio da quell’anno, in cui bankitalia smise di comprare l’inopinato alle aste dei titoli di stato, il debito pubblico italiano ha iniziato ad impennarsi.

Tra l’altro questo “divorzio consensuale” tra Tesoro e Bankitalia avvenne senza passaggio parlamentare né governativo, ma con uno scambio di lettere tra l’allora ministro Andreatta e l’allora governatore Ciampi.

Le partecipazioni pubbliche di enti locali e dello stato nelle banche sono state conferite alle fondazioni bancarie nel corso di questi ultimi trent’anni e ogni tentativo timido di riportare le fondazioni sotto il loro naturale controllo pubblico è stato considerato un attentato al dio mercato, che si dimostra ogni giorno più fallibile ed inaffidabile.

Ricordo i tentativi che Bossi, da ministro, fece per garantire che i due terzi dei cda delle fondazioni fossero espressione degli enti locali, proposte che furono considerate alla stregua di una bestemmia.

Le fondazioni, inoltre, si limitano ad elargire - sempre meno in verità - in progetti lodevoli a favore delle comunità locali parte delle cedole che incassano come azioniste dei gruppi bancari ma non hanno praticamente mai influito sulle politiche aziendali delle banche come pure sarebbe loro diritto di azionisti rilevanti

Proviamo un attimo a pensare se tutte le fondazioni bancarie italiane, espressione dei territori di riferimento e dei loro cittadini, condizionassero le banche di cui sono azioniste sostenessero senza condizione ogni emissione di debito pubblico, sia nazionale e perché no locale, in questo periodo di crisi economica per le conseguenze della pandemia da corona virus.

Nessun bisogno di chiedere eurobond, nessun bisogno di chiedere permesso ai “sommi sacerdoti del tempio UE” per sforare su deficit e debito pubblico.

Saremmo finalmente degni discepoli della Germania, nostra maestrina nella UE e verrebbe smascherato una volta per tutte il trucco, legittimo e doveroso ma pur sempre trucco, con cui la Germania si pone a modello di controllo dei conti pubblici.

E non avremmo problemi di finanze pubbliche nell’affrontare la terribile crisi economica e sociale che si delinea per i prossimi mesi.

 

Gigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 03/04/2020