Händel in Italia – Le avventure del caro “Sassone”

Proseguiamo la nostra panoramica della vita di Händel con un breve excursus del suo soggiorno in Italia, un tappa di importanza fondamentale nella sua formazione di compositore.

L’Italia è sempre stata considerata una meta obbligata per i giovani artisti, che potevano immergersi in quella bellezza ideale, ancora profondamente legata alla classicità romana, che negli ultimi anni del XVIII secolo sarebbe stata celebrata nelle Elegie romane di Goethe, che definì poeticamente il nostro paese come «La terra dove fioriscono i limoni».

 

Seguendo le orme di generazioni di musicisti venuti a sciacquare i propri panni in Italia a partire da Heinrich Schutz, nel 1706 il ventunenne Georg Friedrich si mise in viaggio per l’Italia, probabilmente insieme a un nobile diretto a Firenze.

 

Nonostante le ricerche dei musicologi, non si conoscono molti dettagli su questo lungo viaggio, che portò il compositore dalle brume di Amburgo al bel sole italiano. In ogni caso, non si trattò di un salto nel buio, perché Händel – uomo pratico e avveduto fin dalla giovinezza – aveva già intrecciato qualche contatto promettente per trovare una collocazione adeguata nel nostro paese, probabilmente con Gian Gastone Medici, che aveva avuto modo di incontrare al teatro di Amburgo nel 1703.

 

A Firenze il giovane compositore tedesco ebbe la possibilità di conoscere Alessandro Scarlatti, uno dei principi dell’opera italiana, che lo colpì profondamente.

Handel era consapevole del suo valore di strumentista, ma sapeva che aveva ancora moltissimo da imparare, soprattutto nell’ambito della cantabilità vocale, dove non poteva competere con i migliori operisti italiani.

 

Per portare a termine il suo processo di maturazione, il giovane compositore decise di stabilirsi a Roma, città che in quel periodo ospitava alcuni dei musicisti più famosi dell’epoca, primo tra tutti Arcangelo Corelli, che proprio in quegli anni stava lavorando ai suoi massimi capolavori.

Corelli prese a benvolere questo giovane dall’inequivocabile talento e ne diresse due dei lavori più importanti, Il trionfo del Tempo e del Disinganno e l’oratorio.

 

La Resurrezione.

A proposito del primo, si dice che Händel sia rimasto molto contrariato del modo in cui il più anziano maestro dirigeva la sinfonia iniziale, sentendosi rispondere alle sue rimostranze: «Ma caro Sassone, questa vostra musica è nel stylo Francese, di ch’io non mi intendo».

Caro Sassone era il soprannome che gli era stato affibbiato fin dal suo arrivo in Italia e che esprimeva una simpatia che lo accompagnò per tutti i cinque anni che trascorse nel nostro paese.

 

I rapidi progressi nel campo della melodia gli procurarono ben presto parecchi mecenati, tra cui il principe Francesco Maria Ruspoli e i cardinali Benedetto Pamphilj, Carlo Colonna e Pietro Ottoboni, un fatto del tutto singolare, se si pensa che Händel era luterano. Questi appoggi permisero al compositore di dedicarsi anima e corpo alla sua arte, scrivendo oltre 120 cantate da camera e una serie di capolavori, tra cui la serenata Aci, Galatea e Polifemo, rappresentata a Napoli nel 1708, e l’opera Agrippina, messa in scena a Venezia l’anno successivo, che contribuì a consacrarlo tra gli autori più importanti dell’epoca.

 

Nel 1707 Handel conobbe a Venezia il suo coetaneo Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro, con il quale strinse una sincera amicizia. Si racconta che l’italiano – sentendo un uomo in maschera suonare in maniera magistrale il clavicembalo – gli si avvicinò per sussurrargli all’orecchio: «I casi sono due: o tu sei Handel, o sei Satana!».

 

L’anno successivo il cardinale Pietro Ottoboni organizzò a Palazzo Corsini di fronte a uno sceltissimo consesso di nobili ed ecclesiastici una sorta di duello tra i due musicisti, che avrebbero dovuto affrontarsi prima al clavicembalo e poi all’organo. Si trattava di un divertimento imperdibile per il pubblico, che però presentava parecchie incognite per i due giovani contendenti, che – in caso di sconfitta – avrebbero potuto avere gravi ripercussioni per il prosieguo della loro carriera.

 

La contesa si chiuse però con un onorevole pareggio, con Scarlatti che si impose al clavicembalo e Händel che si aggiudicò la palma all’organo, tra il giubilo generale.

 

L’Italia si era dimostrata molto generosa con Handel, che però alla fine del 1710 decise di partire per una nuova avventura, questa volta a Londra.

(continua)

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Articolo pubblicato il 17/04/2020