«Geopolitica e Pandemia Covid-19: riflessi sull'Europa e l'area meridionale del Mediterraneo»

Marco Montesso per «Civico 20 News» (prima parte)

Aprile

L’influenza da Covid-19, da circa un mese classificata Pandemia dall’OMS, in seguito al suo galoppante sviluppo a livello planetario sin dalla fine di gennaio-prima quindicina di febbraio, viene monitorata diuturnamente sui media e sul web.

Accanto alle notizie di cronaca locale, nazionale ed internazionale, che vedono protagonisti al limite dell’eroismo, mai come in questa occasione l’espressione non è abusata né meramente retorica, medici, infermieri, volontari Protezione Civile, forze dell’ordine, forze armate e semplici cittadini meritevoli, la parola va, giustamente, agli organi governativi e sanitari e agli esperti, ovvero epidemiologi, virologi, infettivologi, medici d’urgenza.

Tutta questa attenzione, che non ha soluzioni di continuità e si ripete gradualmente su scala internazionale man mano che si sviluppa la Pandemia nei vari Paesi, ha una sostanziale ragione di essere.

Mai dalla fine dell’ultima guerra mondiale la comunità internazionale è stata coinvolta in un “conflitto” che miete contagi e vittime e che peraltro, come anche è stato sempre per i conflitti tradizionali, Historia docet, è stato sottovalutato agli inizi in termini qualitativi e quantitativi.

Ma in questo caso la sottovalutazione dei primi casi nel Mondo occidentale, e non solo, può essere parzialmente scusata, per così dire, in quanto le informazioni non sono state chiare e il più possibile complete a partire dagli esordi dal paese che ha fatto da deflagratore, la Cina.

Tutto ciò per le ovviamente insite ragioni del non creare particolare allarme sociale e per la cultura e costituzione politica “totalitaria” del Celeste Impero.

Accanto a questo “peccato originale” si è assistito comunque al balbettio delle autorità sanitarie mondiali, che hanno, infatti, sciupato tempo prezioso per elevare a pericolo pandemico il fenomeno.

Senza dimenticare l’atteggiamento iniziale da “bricoleur” che ha caratterizzato l’operato di molti Stati e di Comunità sovranazionali, si pensi al Giappone e alla Corea del Sud, tra gli altri in primis, per restare in Far East, agli USA e all’Unione Europea.

Intere zone del Vicino Oriente come l’Iran, o la Russia, dai numerosi fusi orari che abbracciano una porzione significativa dell’emisfero nord, e il subcontinente India, per citare solo le più grandi o problematiche realtà.

Ciò è dovuto anche al fatto che il numero delle vittime, almeno quelle ufficiali, inizialmente non è stato molto diverso da quello che caratterizza le cicliche influenze da mesi freddi e sicuramente di gran lunga inferiore a piaghe virali come la Spagnola, che ora ha compiuto circa cento anni dalla sua fine.

O si pensi a Ebola, che comunque colpisce l’Africa e dunque viene considerato un virus localizzato in una zona del globo per definizione endemica.

Dai primi di Aprile a livello mondiale, sia pure a macchia di leopardo, si sta registrando, comunque, un interessante e incoraggiante calo dei contagi e dei decessi.

Si citano en passant tali avvenimenti, a chi legge sicuramente noti, come fossero i fondali di un palcoscenico, lo scenario di un film davanti ai quali si rappresenterà un’analisi finora poco o nulla considerata, quella Geopolitica.

Analisi che riguarderà per scontate ragioni realtà finitime alla nostra Patria, cioè l’Europa/UE nonché i Paesi che si affacciano nel bacino del Mediterraneo, che ai tempi di Roma era Mare Nostrum.

Come tale ci interessa da sempre assai e oggi ancora e non solo per le infamanti migrazioni di disperati dalla sponda meridionale e, sempre per fare un riferimento storico, in particolare da un’altra realtà legata a noi, sia pure in tempi più recenti, quella Quarta Sponda metropolitana che è la/le Libia/e.

Il plurale, dato che si sta iniziando a parlare in termini geopolitici, come ognuno ben sa, è d’obbligo visto l’ancora perdurante conflitto tra Bengasi e Tripoli, o meglio tra Arabia Saudita, Egitto, Emirati, Francia, Gran Bretagna con un’appendice USA, Turchia, Italia, per citare i più importanti attori interessati all’affaire, che odora di petrolio e equilibri, per l’appunto geopolitici, nella regione.

Come l’Egitto che ha tutto l’interesse a sostenere Bengasi poiché non simpatizzante con gli invisi quei Fratelli Musulmani, antesignani degli integralisti.

O l’Arabia Saudita, sempre con Haftar, contro Sarraj, che ci tiene a non aver nell’area una predominanza Scita, che già alberga da decenni nel persiano Iran e da tempo anche nel vicino Iraq.

Con la “benedizione” dell’unica democrazia della regione, Israele, che ha tutti gli interessi a che il nemico di sempre Teheran possa contare un nuovo paese “fratello” a “poca” distanza da Tel Aviv.

Come quando si costruisce una casa si deve partire necessariamente dalle fondamenta, cioè dal basso, ebbene per iniziare la disamina geopolitica si parte qui dal sud del Mediterraneo, quello africano e M e VO, per “sbarcare” nel Vecchio Mondo, l’Europa appunto.

Il caso Libia è emblematico e vede infatti protagonisti Paesi arabi, d’Africa e d’Asia e europei, comunitari e non oltre all’eccentrica, in senso sia geografico che politico, Turchia.

Turchia che ormai da tempo è interessata a diventare vieppiù “ortodossa”, nel vivere l’Islam arrivando solo nell’ultimo lustro a permearne anche visivamente, veli e abiti della tradizione, la quotidianità.

Erdogan, il presidente, novello Pascià da Sublime Porta, che a forza di elezioni “democratiche” mira a diventare Presidente a vita, soffocando la libera stampa e introducendo un regime di polizia asfissiante.

Senza parlare dell’accresciuta importanza delle FF.AA. in patria particolarmente coccolate per divenire il braccio armato e fedele del “regime” e fuori, lanciate in operazioni in Siria, con la scusa di combattere Isis ma all’effettiva caccia ai Curdi, storica popolazione a cavallo dei due confini e invisa e per avere una voce autorevole su quella regione squassata da anni e anni di guerre.

La Turchia è comunque membro della NATO e sul suo territorio dai tempi, e proprio per questo, del Bipolarismo USA/URSS ci sono sedi militari alleate nonché un’importante base aerea USA, con tutto ciò che ne comporta in termini anche di deposito di armamenti nucleari.

Proprio ciò ed in particolare quest’ultimo aspetto era nell’agenda NATO, cote’ USA principalmente, per un più sicuro rischieramento e stoccaggio, sia pure graduale e non totale, in altri Paesi dell’Alleanza, Italia in primis, ma anche nella più recente acquisizione Romania.

Turchia che fino a non molti anni fa bussava alle porte dell’UE e che comunque con l’Occidente mantiene relazioni industriali e finanziarie non indifferenti.

Si guardi, per esempio, ai distretti produttivi in ambito automobilistico e al comparto automotive, che lavora in simbiosi sia tecnologica di progettazione che produttiva, in virtù del valido livello dei tecnici locali e gli impianti che operano per FCA e PSA, ecc., per dire solo delle Marche europee. Zone non lontane da Istanbul, comunque nell’area c.d. più “europea” del Paese, che non a caso alle ultime elezioni amministrative del 2019, ancorché annullate con pretesti e poi ripetute, hanno dato un segnale di discontinuità col potere di Ankara.

Masse di cittadini sono scese in piazza per rivendicare lo spirito laico e moderno inalberando ritratti di Kemal Ataturk, il padre della Turchia repubblicana nata dalle ceneri del decaduto Impero Ottomano alla fine della Grande Guerra.

Spirito di laicismo e modernità a cui ufficialmente si rifà anche Erdogan, negandolo però nei fatti. E si torni quindi, chiudendo il cerchio, alla questione libica che vede impegnati militari inviati dalla Turchia per combattere a fianco di Tripoli contro Haftar.

Militari che di fatto sono in gran parte mercenari siriani “arruolati” e inquadrati da Erdogan, al fine di attutire l’impatto negativo sull’opinione pubblica di eventuali, e già peraltro accaduti e non pochi, morti in combattimento.

Anche gli Autocrati ai tempi odierni ne temono il giudizio, e Erdogan, first of all, poiché proprio con queste iniziative belliche sui fronti Siriano e Libico vede un’occasione per far coagulare intorno a sé il massimo consenso pubblico, e dunque vuole sia il più indolore possibile per i suoi “sudditi”.

Per inciso, nell’Emergenza Coronavirus la Turchia ha fatto molte capriole tenendo aperto il Paese, poi chiudendo le frontiere, salvo frettolosamente dichiarare in tempi risicati il lockdown, creando non pochi prevedibili disguidi tra la popolazione.

Poi minacciando l’UE in particolare di lasciar passare in Grecia i profughi nei propri campi di raccolta se non avesse ottenuto cospicui aiuti finanziari (già in passato ottenuti da un UE che così voltava lo sguardo a quel problema e lasciava il lavoro “sporco” appunto a lui).

Tensioni tra i due “nemici” storici dell’area, Turchia e Grecia che ancora all’inizio di questo 2020 sono state particolarmente cruente.

Un 2020 che dal punto di vista della pace e tranquillità di coabitazione tra i Popoli della Terra non è stato certamente clemente sin dai suoi primi giorni.

Chiunque si ricorda le tensioni da quasi Terza Guerra Mondiale, in versione warm e non cold, tra gli USA e l’Iran, ma questa è un’altra storia che però la si cita per dare conferma a quel vecchio proverbio che recita così: Anno bisesto, anno funesto!

Infatti, per non farsi mancare nulla il Mondo, finita questa querelle, o meglio dire accantonata, è sprofondato nella attuale e ancor virulenta Pandemia con relativa psicosi.

Ora è giunto il momento di accantonare le farneticanti chiacchiere di mera dietrologia di un virus fabbricato in laboratorio e ad arte spacciato per il Pianeta per colpire l’economia occidentale e eurocentrica...

No, per colpire la Cina per il suo straripante progresso economico e industriale da prima potenza globale (a parte il fatto che da qualche anno la Cina era già in china calante e i recenti, 2019, round sui dazi con gli USA terminati con una sostanziale vittoria di Trump a inizio 2020 lo testimoniano, ergo...) ... No, per colpire gli USA, no...

Insomma, lasciando da parte questa “geopolitica da fake news & a?ni”, per usare un eufemismo, è ormai risaputo e ammesso dallo stesso presidente cinese la sottovalutazione del fenomeno virale.

Presidente, anche lui a proposito recentemente fautore di variazioni costituzionali pro domo sua miranti a trasformarlo in un novello Mao in versione billionaire ma con un potere se possibile ancora più rilevante di quello del fu Grande Timoniere.

Accreditati studi epistemologici hanno, infatti, a?ermato che se la Cina avesse dato retta al primo segnale lanciato da quel medico, inizialmente zittito e tacciato di essere un perturbatore dell’ordine pubblico e cacciato e poi, una volta defunto, riabilitato con tutti gli onori e pensione di stato alla vedova, ebbene ci sarebbe stato il 95 % in meno di contagi in Cina e quindi de facto non sarebbe uscito dai confini “Celesti”.

Avendo poi preso, come si suol dire, letteralmente il toro per le corna e attuato l’isolamento stretto nella regione da cui è partito il focolaio, l’ormai noto Hubei, è stato ridotto di 27 volte il pericolo di un ulteriore propagarsi del virus.

A tutt’oggi, nel dopo Pasqua, la Cina ha qualche, comunque non sottovalutato, nuovo caso di contagio detto di ritorno, ovvero da quei cittadini che sono rientrati in patria, gli unici che possono farlo essendo per il resto del mondo i confini chiusi a doppia mandata.

E qui si torna al Vecchio Continente e ai casi di sottovalutazione, in un primo tempo, che tuttavia si sono avvertite e pesantemente hanno e ancora comunque stanno incidendo sulla circolazione del Covid 19, arrivando a cifre di contagiati e vittime peraltro superiori a quelle (u?ciali?) cinesi. Non si vuol qui citare la cronaca a tutti conosciuta, ma a volo d’uccello ricordare delle repentine e massicce fughe dal Nord in “zona rossa”, certi comuni lombardi e emiliani, al Meridione e delle conseguenze sulla situazione epidemiologica e su quella delle relazioni interne al Paese tra Regioni.

Parimenti non si vuol ricordare delle prime misure semiclaustrali poi interamente tali con tutta l’Italia in una “zona rossa” de facto, come a oggi ancora, con tutte le sfumature intermedie e distingui del caso.

Attendendo poi da dopo Pasqua la c.d. Fase Due, gestita da una task force di recente nomina governativa capitanata da Colao e formata da studiosi e manager di chiara fama internazionale, di progressiva e lenta riapertura di attività oltre a quelle strategiche, tecnologiche e alimentari, peraltro mai fermate.

E la Tre e la Quattro, che portano avanti di mesi e quasi di un anno le lancette per una ripresa più o meno compiuta e assoluta.

Né si vuol rammentare delle più o meno grandi discrepanze tra strutture sanitarie pubbliche e private, sulle polemiche ad hoc, ecc., tantomeno, a proposito di vis polemica, delle bordate tra forze di opposizione e di maggioranza, tra ruolo avverso o di favore all’UE e via discorrendo.

Di ciò se ne è, se ne e se ne parlerà ancora per lungo tempo e il lettore che scorrerà questo articolo sicuramente accendendo la TV o accedendo al Web ne sente, sentirà e vedrà ancora... Ciò che è importante sottolineare è come, comunque, l’Italia si sia data un indirizzo di ristrettezze e concrete limitazioni e, nonostante la nomea e a scapito di qualche idiota che alberga sempre nella comunità umana, abbia dato, dia e sicuramente darà ancora, fino alla fine dell’emergenza, una buona prova di serietà.

E coinvolgendo in ciò, nell’osservanza del “confinamento” domestico quasi ad oltranza, interrotto da un paio di uscite alla settimana per la spesa e un minimo di movimento tuttavia limitato anche nello spazio, gli italiani mantengono tutta la verve e fantasia che sono loro propri.

Rispettando poi il Governo, con lo strumento legislativo del DPCM, le prerogative costituzionali e dando al contempo rilievo ad autorità in campo sanitario, un privilegiare i tecnici a discapito di politici, come invece è accaduto nei primi tempi in altri stati europei e in USA, naturalmente tesi a scegliere vie più accomodanti perché interessati al consenso.

Si pensi alle sortite “ciniche” del Primo ministro britannico, Johnson, con un risvolto personale che poteva essere ancora più tragico contagiandosi, ma uscendone seppur in modo non indolore. Il web e i media sono pieni di esempi di reattività tricolore, che vanno dal folkloristico all’impegnato, per essere sintetici, e che sicuramente hanno e avranno ricadute sull’autostima degli italiani stessi, che si ritroveranno ad essere alla fine del tunnel anche più sanamente patriottici e fieri della loro storia e cultura... e anche questo è Geopolitica.

Marco Montesso

(Continua)

Foto di apertura: foto di Miroslava Chrienova da Pixabay

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Articolo pubblicato il 16/04/2020