Controllo facciale e la privacy ai tempi del Coronavirus

La Cina ha sviluppato un software in grado di riconoscere i lineamenti di chiunque, anche con la mascherina. Scenari prossimi futuri

Giunti nel quarto mese della pandemia, siamo consapevoli che questo immane conflitto globale, dichiarato da un feroce microrganismo al mondo intero, sta sveltendo molti mutamenti del nostro contorto apparato sociale. Mai il futuro apparve più incerto.

Con oltre 2 miliardi di esseri umani già soggetti a brusche restrizioni, e il resto dell’umanità in preallarme “lockdown”, il concetto di libertà individuale è diventato un eufemismo nel tempo d’un battito di ciglia. In tutto il mondo si lotta, si stilano dati, si spera, si pilota la massa, la si controlla.

In Cina, la Wisesoft, un’azienda che produce impianti di riscontro facciale, cooperando con l’Università di Sichuan, ha messo a punto un sistema in grado di riconoscere al 98% ogni soggetto inquadrato da una fitta rete di telecamere, anche se con il volto in parte coperto, ad esempio, da una mascherina.

L’esistenza di questo elaborato “Grande fratello” è stata resa nota senza eccedere in particolari. Si sa che è un’intelligenza artificiale addestrata a lavorare su immagini a bassa risoluzione, capace di ricostruire il volto delle persone stimando la mascherina come un dato in parte mancante, ed elaborando le restanti informazioni in 3D.

Il software, oltre a scoprire persone prive di mascherina, sarebbe in grado di rilevare le temperature corporee e tracciare le persone venute a contatto con un soggetto potenzialmente malato.

La Cina è all’avanguardia nel metodico controllo della popolazione che avverte di appartenere a uno Stato dispotico. Uno studio svolto a dicembre dal Nandu Personal Information Protection Research Center, rileva che l’80% dei cittadini cinesi teme per la mancanza di leggi a salvaguardia dell’intimità e il 74% vorrebbe metodi di identificazione tradizionali.

In Cina infatti, il sistema di individuazione facciale è stato installato in tutti i luoghi di aggregazione, nelle scuole, nei centri commerciali, negli aeroporti e nelle stazioni. Il 65% degli intervistati però è concorde sul rilievo facciale come strumento in grado di rendere più sicuri i luoghi pubblici.

Se è pur vero che la Cina è sempre più vicina e che il mondo è sempre di più un’unica casa, tornando in Italia, a pochi sarà sfuggito che il concetto di privacy è sempre più astratto. Da una parte dovrebbe essere garantita, dall’altra, ogni nostro gesto è rintracciabile. Come animali che segnano il territorio, noi esseri umani, paghiamo con carte di plastica, comunichiamo da congegni che pedinano le nostre mosse, ci muoviamo tra telecamere sempre più diffuse, ma pare che ci vada bene così.

Al tempo del Coronavirus, eccoci sprangati nelle nostre case; pattuglie, spie e droni controllano le nostre giuste o sbagliate azioni, ma non solo. Il riconoscimento facciale è ormai diffuso in modo capillare anche da noi. Noi che, chiusi, stressati impauriti e soli, dall’eremo dei nostri alloggi intrecciamo i visi di cari & amici in un’immensa ragnatela di foto e videochiamate.

I nostri volti ormai sono pane da social network; su Facebook siamo tutti schedati, le nostre strade e le case, i nostri personal computer, le nostre tivù, i nostri smartphone, sono un perverso insieme di microfoni e telecamere. Chi ci assicura che non agiscano in modo ignoto anche da spenti? Nulla sappiamo dei satelliti in orbita. Chi sa già tutto o quasi di noi?

La nuova applicazione immunity, è subitamente pronta per essere installata sui cellulari, sarà in grado di monitorare il nostro avvicinarsi a persone potenzialmente infette. Non è obbligatoria ma la si reputa efficace solo se sarà installata dal 60% della popolazione. Sembra cosa buona e giusta, ma gli sviluppi potrebbero essere ben più vincolanti. Chi si dissocerà? Prima o poi nessuno.

Dunque, non solo dalla Cina la conferma del potere dell’intelligenza artificiale applicata al controllo dell’uomo. Il virus è quasi complice di un disegno universale che sta mutando la privacy in una banca dati e in un controllo metodico, totale.

Ammesso che l’uomo sconfigga il virus con i fatti e non con i proclami, cosa resterà del controllo e delle nostre restrizioni? Forse la tecnologia 5G, di cui il singolo non sentiva l’assenza, ma la “via della seta” sì, servirà anche a questo? Finora Google Maps si fermava sul portone di casa. Che cosa entrerà? E se fosse già dentro?

Anno 2020 del Covid 19. In questa data epocale l’uomo mette in mostra i suoi volti. Da un lato l'abnegazione e la solidarietà, dall’altro individualismi e vecchie superbie, inutili e perdenti. È venuta l'ora di mollare gli antichi stereotipi, gli schemi inutili e lo sperpero delle risorse. Forse è un'utopia, e forse no.

In tempi migliori, forse non avremo bisogno di controlli facciali, quanto di reimpostare uno sfrenato stile di vita globale, cosi che ritorni ad essere più spirituale, più consapevole, teso all’uguaglianza sociale e più rispettoso per il nostro unico, irripetibile pianeta.

Magari è questo il messaggio che ci sta sussurrando un crudele, imparziale virus, forse fuggito da qualche laboratorio cinese? Qualcuno lo sente così, altri nemmeno un po'.

Infine, se il virus ce lo consentirà, la cronaca ha già delineato un altro tipo di futuro che verrà? Intimità violata, tutti sorvegliati, mentre “giro girotondo, gira il mondo, gira la Terra” e noi, soggiogati da altri noi stessi; noi piccolo pulviscolo dell’appartenenza, ignari pupazzi ghettizzati & manipolati, sempre più col sedere per terra? La tecnologica strada tracciata sembra ormai questa. 

 

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Articolo pubblicato il 18/04/2020