La pandemia dovuta al coronavirus SARS-CoV-2

Come ridurre l’infettività del virus - Le indicazioni di un ricercatore

La grave pandemia in corso, definita come Covid-19, dopo aver provocato decessi e fortunatamente forme meno gravi di insufficienza respiratoria, pone urgentemente enormi problematiche agli operatori sanitari, obbligati, per  motivi tecnico-operativi, per la carenza di disponibilità di DPI (dispositivi di protezione individuali) e di test diagnosti, a districarsi con le armi disponibili nel dare le corrette informazioni sanitarie e di prevenzione immediata all’utenza, sempre più confusa e impaurita.

Il problema prioritario, che coinvolge tutti, è quello di attuare provvedimenti atti ad “interrompere il contagio” e nel contempo fornire all’opinione pubblica e in modo facilmente comprensibile, tutte le possibili informazioni sul virus, sulla sua infettività, sulla modalità della replicazione e sulla patologia che può generare.

Il compito non è semplice, viste le incredibili contraddizioni che i massimi vertici delle istituzioni sanitarie nazionali mettono costantemente in evidenza nei talk show televisivi, contribuendo ad incrementare la confusione, già notevole, in merito.

Al fine di contribuire alla corretta informazione medico-scientifica, riportiamo le ultime considerazioni terapeutiche sull’infezione da virus SARS-CoV-2 agente causale della malattia COVID-19 del prof. Antonio Ponzetto, Professore di Gastroenterologia - Dipartimento di Scienze Mediche – dell’Università di Torino, al fine di offrire un quadro reale delle possibilità terapeutiche attualmente disponibili.

 

L’infezione dovuta al nuovo virus SARS-CoV-2 può impedire di condurre una vita normale, anche se il virus non ci uccide.

L’obiettivo prioritario e quello di ritornare al più presto ad una vita “normale”, cercando di ridurre la durata della malattia causata dal virus SARS-CoV-2, malattia che è stata denominata COVID-19.

Questo obiettivo si ottiene impedendo al virus di riprodursi, attraverso i mezzi che abbiamo a disposizione.

1)- Uccidere il virus con la sterilizzazione degli ambienti: con il sapone, con soluzioni alcooliche al 70%, con ipoclorito di sodio alla concentrazione 0,5% per la disinfezione delle superfici (venduto come amuchina, conegrina, candeggina). Ipoclorito di sodio si può usare più diluito, ovvero allo 0,05% per la disinfezione degli alimenti: mai però ingerire gli alimenti disinfettati se non dopo averli sciacquati a lungo con acqua corrente.

2)- Si deve ridurre il tempo in cui un paziente infettato dal virus rimane infettivo per altri individui. Questo si può ottenere con più modalità, per esempio aumentando le difese immunitarie, utilizzando sostanze e/o farmaci noti, a basso costo e con modica tossicità.

3) i soggetti con sintomi importanti, quali respiro corto, fame d’aria, tosse intensa, devono essere ricoverati in centri specialistici

A)- Per il soggetto definito “sano” o con sintomi modesti.

Ad oggi non sono noti farmaci antivirali efficaci. Per ora sono disponibili solo rimedi parziali, come descritti di seguito; probabilmente sono attivi solo o al meglio nelle fasi precoci.

B- Per il soggetto che ha una malattia grave e deve esser ricoverato in ospedale.

Questi farmaci sono dati in aggiunta alla terapia ottimale decisa dai medici. Molti specialisti stanno studiando numerose terapie, ad oggi 180 trials clinici sono approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) Americana.

 

RAZIONALE per l’uso di semplici vecchi prodotti naturali e farmaci riproposti, usati per altre patologie.

E’ necessario impedire l’infezione: il sapone rompe l’involucro del virus, lavarsi con il sapone è efficace; l’uso di amuchina per lavarsi le mani allo 0,1% è efficace.  L’uso di luce ultravioletta come antibatterico ed antivirale è noto da decenni, ed è consigliato per sterilizzare gli ambienti (usato già per aerei, ambienti sanitari). Si dovrebbe poter utilizzare più ampiamente. La luce ultravioletta con lunghezza d’onda 200 -250 nanometri non penetra nella pelle e pertanto non è carcinogena.

E’ dimostrato che gli anziani sono maggiormente a rischio di malattia severa, anche perché molto spesso carenti di vitamina D3. L’assunzione di questa vitamina alla dose di 2.500 Unità al giorno migliora la risposta immunitaria, come recentemente scritto dal professor Isaia sul quotidiano La Stampa.

Se l’infezione è in atto si può tentare d’ inibire i primi passi dell’ ingresso del virus.

Il virus SARS-CoV-2 entra nell’organismo attraverso le aperture anatomiche (naso, bocca, occhi) ed entra nelle mucose; in particolare nelle vie respiratorie. L’ingresso si può diminuire (o inibire) con protezioni locali. Nessuna può uccidere il virus, ma può servire come protezione. Esempi sono gargarismi con argento colloidale, o con olio di malaleuca, che è usualmente utilizzato come antivirale contro l’Herpes simplex.

Arrivato nelle mucose il virus deve legarsi alla superficie della cellula con la sua principale proteina della corona, proteina S (spike in Inglese).

 Questo è il punto dove può essere efficace l’anticorpo che lega la proteina S ed impedisce il legame del virus con la membrana, a livello dell’enzima ACE2.

Si possono usare anticorpi (plasma) ottenuti da pazienti guariti o, in un auspicabile prossimo futuro, anticorpi monoclonali che sono attualmente in sviluppo, o con la vaccinazione (170 diverse formulazioni in studio). Dopo essersi legato alla cellula il virus SARS-CoV-2 deve fondersi con la membrana, e formare una sorta di piccola bolla (detta endosoma) che si muove dentro alla cellula lungo strutture costituite di tubuline.

Dentro all’endosoma il materiale genetico del virus è prigioniero: per replicarsi deve eliminare il mantello protettivo di proteine; ciò avviene perché l’endosoma contiene enzimi digestivi, che si attivano solo se l’ambiente diventa acido; l’acidificazione avviene grazie alle pompe protoniche, così gli enzimi digestivi digeriscono le proteine virali. Lo stesso accade nello stomaco: gli enzimi che digeriscono le proteine sono attivate dall’acido cloridrico del succo gastrico.

Se si impedisce l’acidificazione dell’endosoma, il genoma del virus non può esser liberato. Non è facile impedire l’acidificazione, ma gli inibitori di pompa protonica che si usano come terapia dell’ulcera gastroduodenale possono diminuire o ritardare questo passo.

Anche l’idrossiclorochina (farmaco usato per la cura di alcune malattie autoimmuni) parzialmente inibisce l’acidificazione, come fu dimostrato parecchi anni or sono dal dr. Savarino e collaboratori all’Istituto Superiore di Sanità italiano, in quel caso nei confronti del virus HIV.

Alla fine di questo processo il materiale genetico del virus, un RNA a singola elica, si libera dal mantello, e subito recluta l’apparato di sintesi delle proteine della cellula – si comporta come un normale RNA messaggero- e fa produrre alla cellula tutti gli enzimi per replicare sé stesso e tutte le proteine per il suo mantello.

Per fabbricare le proteine le cellule usano un macchinario complicato, i ribosomi; a questo livello si è visto che agiscono alcuni antibiotici di ampio uso, poco tossici: le tetracicline ed i macrolidi. Alle dosi usate contro alcune infezioni batteriche questi normali antibiotici di facile uso, e facilmente reperibili, possono inibire-in parte- la sintesi delle proteine del virus.

Uno degli enzimi, che il virus obbliga la cellula ospite a sintetizzare, è la “replicasi”, cioè l’enzima che copia il materiale genetico virale in un nuovo RNA virale: questo passo fondamentale è molto studiato dalle ditte farmaceutiche, e si spera di arrivare a farmaci “antivirali diretti”.

Attualmente non sono ancora disponibili tali farmaci, ma si è dimostrato che gli ioni zinco inibiscono la “replicasi” in molti Coronavirus (1). Purtroppo non è facile far entrare lo zinco nelle cellule; tuttavia sappiamo che alcune sostanze naturali, come la quercetina, riescono a far sì che lo zinco possa entrare  (si comportano come ionofori) (2).

Anche la idrossiclorochina – in parte anche la clorochina- sono ionofori per lo zinco, ed ecco che possono essere utili nell’inibire la “replicasi virale(3,4).

In conclusione

Alcuni passi dell’infezione possono essere inibiti – almeno all’inizio dell’infezione - con sostanze di facile accesso, e con vecchi farmaci, di basso costo, poco tossici.

  1. - Il trasporto degli endosomi dentro alla cellula con sostanze che interferiscono con i microtubuli.

A)- La noscapina è un vecchio farmaco antitosse , privo di tossicità, che lega la tubulina. In Italia non è disponibile, ma lo è in Svizzera ed in altri paesi Europei.

B)-  Anche la colchicina lega la tubulina, ma può causare diarrea e dolori addominali alla dose di 1 mg usato per la terapia dell’attacco acuto di gotta. Si dovrebbe usare alla dose di 0.5 mg ogni 12 ore.

  1. - L’ acidificazione degli endosomi.

A)- Può essere inibita con gli usuali farmaci inibitori della pompa protonica (PPI).

B)- con idrossiclorochina.

  1. - Il genoma virale (RNA) deve essere tradotto in proteine a livello dei ribosomi. Le tetracicline ed i macrolidi interferiscono con il ribosoma e possono inibire questo passo (5).
  1. - Infine l’ RNA deve essere copiato dalla replicasi: gli ioni Zinco inibiscono la replicasi. Quanto zinco? Non è noto, ma per chi non è malato si possono usare dosi modeste 0mg al dì. Per i malati - in Cina -sono stati usate dosi di 500 mg al dì.  Per far entrare lo zinco nella cellula è necessario uno ionoforo:

A)- quercetina 500mg ogni 12 ore , oppure:  

B)- idrossiclorochina (Plaquenil 200mg ogni 12 ore) (6,7).

 

Il Plaquenil ed i macrolidi però potrebbero indurre alterazioni dell’elettrocardiogramma, prolungamento del tratto QT, e persino arresto cardiaco. Pertanto la quercetina e la tetraciclina sono preferibili per l’uso non ospedaliero.

Un segnale di attenzione è necessario. Sono in corso numerosi studi controllati in cui la idrossiclorochina è impiegata da sola, senza ioni zinco, e senza Macrolidi o Tetracicline.

E’ molto probabile che tali studi concluderanno che l’uso di idrossiclorochina non è utile. Infatti, se usata da sola o in fasi avanzate di malattia non può agire.  Purtroppo molti studi attualmente sono condotti senza aver considerato i meccanismi d’azione possibili o plausibili.

La fretta è sempre cattiva consigliera.Infine: si stanno sperimentando farmaci antivirali diretti; quando saranno messi in commercio avranno costi elevatissimi. E’ pertanto indispensabile dimostrare che i vecchi farmaci non servono a nulla.

Bibliografia

1-te Velthuis AJW, van den Worm SHE, Sims AC,  Baric RS,  Snijder EJ,  van Hemert MJ.   Zn2+ Inhibits Coronavirus and Arterivirus RNA Polymerase Activity In Vitro and Zinc Ionophores Block the Replication of These Viruses in Cell Culture.  Plos Pathogens 2010; https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1001176

https://journals.plos.org/plospathogens/article?id=10.1371/journal.ppat.1001176

2-Dabbagh-Bazarbachi H, Clergeaud G, Quesada IM, Ortiz M, O'Sullivan CK, Fernández-Larrea JB.  Zinc ionophore activity of quercetin   Zinc ionophore activity of quercetin and epigallocatechin-gallate: from Hepa 1-6 cells to a liposome model. J Agric Food Chem. 2014;62(32):8085-93.  doi: 10.1021/jf5014633.     https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25050823

3- Xue J, Moyer A, Peng B, Wu J, Hannafon BN, Ding WQ.  Chloroquine Is a Zinc Ionophore.  PLoS One. 2014; 9(10): e109180.   doi: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4182877/pdf/pone.0109180.pdf0.1371/journal.pone.0109180

4-Gautreta P, Lageira J-C, Parola P, et al.  Hydroxychloroquine and azithromycin as a treatment of COVID-19: results of an open label non-randomized clinical trial.    https://www.mediterranee-infection.com/wp-content/uploads/2020/03/Hydroxychloroquine_final_DOI_IJAA.pdf

5-Mortison JD, Schenone M, Myers JA, Zhang Z, Chen L, Ciarlo C, et al. Tetracyclines Modify Translation By Targeting Key Human rRNA Substructures. Cell Chem Biol. 2018; 25(12): 1506–1518.e13. doi:10.1016/j.chembiol.2018.09.010

6- Wang M, Cao R, Zhang L, yang L, Liu J, Xu M,et al. Remdesivir and chloroquine effectively inhibit the recently emerged novel coronavirus (2019-nCoV) in vitro. Cell Research 2020; 0:1–3; https://doi.org/10.1038/s41422-020-0282-0

7- Yao X, Ye F, Zhang M, et al.   In Vitro Antiviral Activity and Projection of Optimized Dosing Design of Hydroxychloroquine for the Treatment of Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2). Clinical Infectious Diseases, ciaa237, https://doi.org/10.1093/cid/ciaa237

Antonio Ponzetto, Professore di Gastroenterologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino 10126 Torino.

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Articolo pubblicato il 28/04/2020