Pensione Tersicore e dintorni, in Borgo Po a Torino

Di Ezio Marinoni

Nel quartiere di Borgo Po, tra la Gran Madre e un vago profumo di glicine, si celano segreti e verità sanguinose. Un attore teatrale viene ucciso nel suo camerino la sera della prima. L’ex commissario Andrea Martini, da spettatore in platea, si trova coinvolto nelle indagini.

Chi poteva desiderare la morte di Oscar Parini, affascinante e talentuoso, ambiguo e inaffidabile? Martini non ha dubbi: il colpevole è uno degli ospiti della Pensione Tersicore, locanda da sempre frequentata da artisti in tournée. Una giovane vita innocente viene spezzata lungo le rive del fiume, e il mistero si infittisce…”.

Il 27 maggio 2017 Milo Julini ha presentato la nuova edizione del romanzo, apparsa per i tipi della Golem Edizioni.

Non è mai esistita, la pensione Tersicore; per me è un pretesto per rileggere il romanzo e cercare notizie sulla Torino degli Anni Trenta, in particolare su Borgo Po.

Grazie alla narrazione della Baltaro scopro luoghi e scene di vita inediti e dimenticati.

Il tram arrivava fino alla rotonda di via Villa della Regina. “Dalla cima di via Villa della Regina la sagoma verde del 20 fece la sua comparsa e ondeggiò lungo la discesa verso piazza Gran Madre” (pag. 5).

Dove il romanzo colloca il nome di fantasia di Pensione Tersicore, in via Monferrato, era in funzione l'albergo e ristorante Villa della Regina; a metà degli Anni Novanta è stato sostituito da una banca. “La casa era una costruzione degli inizi del secolo che faceva angolo fra via Monferrato e piazza Gran Madre. Sul piano si aprivano soltanto due porte. Una era senza targa, sull’altra campeggiava la scritta, incisa in nero su una placca d’ottone: PENSIONE TERSICORE” (pagg. 65 e 66).

Il grande complesso della caserma Lamarmora è chiuso da tempo, usato sporadicamente per eventi come ‘Paratissima’ a novembre, ma non si riesce a trovare una giusta collocazione per questo luogo della storia, che fu teatro di arresti e torture durante la Repubblica di Salò e vide lo svolgimento del processo alle Brigate alle Rosse. “I bersaglieri di stanza nella caserma di via Asti, al termine della libera uscita, erano tenuti a raggrupparsi sul piazzale di fronte alla chiesa, in modo da poter rientrare tutti insieme nei loro quartieri” (pag. 79).

La storica trattoria ora si chiama Eragoffi, ha cambiato veste e aspetto… “Avevano deciso di trovarsi dai Goffi, l’antica trattoria di corso Casale. (…) si trasferirono nel cortile dove, sotto la tòpia di vite americana, era stato apparecchiato uno dei tavoli in legno scuro. La trattoria aveva un ingresso anche dalla parte del fiume, dove campeggiava l’insegna ‘Ai pesci vivi’ e, per consentire l’accesso ai clienti, il capostipite della famiglia aveva fatto costruire un ponticello molto pittoresco, protetto da ringhiere in ferro dalle quali, molto comodamente, venivano calate le lenze e le reti per pescare la ‘frittura’ da servire ai clienti” (pag. 80-81-82).

Un locale che non esiste più… “Preso per un gomito il collega, lo pilotò verso una vecchia piòla collocata a pochi metri dalla pasticceria Vergnano. Nella silenziosa penombra della cantina bevvero il loro aperitivo e poi si avviarono verso lo stabile di via Monferrato” (pag. 127-128). 

Il Gran Bar (nome assunto negli Anni ‘60) di piazza Gran Mare esisteva già nel 1845 con il nome di Caffé delle Vigne, non si sa se in omaggio alla Villa e alla Vigna della Regina o alle numerose vigne che scendevano dalla collina. “Si infilarono nel ‘Caffé delle Vigne’ che si trovava sul lato destro di piazza Gran Madre. Andarono a sedersi in uno dei salotti, foderati in legno. Nel locale, oltre alle bevande si poteva avere anche qualche cosa da mangiare: era abituale, per esempio, la preparazione di agnolotti al sugo che venivano serviti a qualunque ora e costavano due lire e mezza la dozzina” (pag. 132-133).

La pasticceria Gertosio, aperta nel 1978 dai fratelli Gianni e Fedele in via Lagrange 34/h, è esattamente negli stessi locali in cui nel 1880 il maestro del cioccolato torinese Pietro Viola diede inizio alla sua attività. Il locale mantiene la struttura originale, conserva l'arredo ligneo di fine Ottocento e il monogramma di Pietro Viola campeggia sulla boiserie“Incrociando via Moncalvo venne investito da un penetrante profumo di cioccolato che proveniva dallo stabilimento Viola dove, dalle impastatrici in funzione per dieci ore al giorno, uscivano chili e chili di ‘copertura’, responsabile di quel profumo che rappresentava una specie di miraggio per i ragazzini del borgo” (pag. 148).

Abbiamo fatto una passeggiata nel tempo per le vie di Borgo Po... sull’onda dei ricordi, al sapore dei profumi di quei negozi dove si trovava tutto, a pochi passi da casa.

Il quartiere è molto cambiato, si è rinnovato, è diventato meno popolare; è rimasta comunque la sensazione di trovarsi fuori dalla città, in un’oasi di tranquillità che riporta al clima di un paese.

 

Bibliografia

Gianna Baltaro – Pensione Tersicore. Il mistero di Borgo Po (Piemonte in Bancarella 1991 – Golem 2017)

@Ezio Marinoni

 

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Articolo pubblicato il 30/04/2020