Una buona idea per l'economia: Matteo Salvini propone di reintrodurre i voucher per l'agricoltura

Nell’Italia che non conosce concordia l’ideologia politica e vecchie bandiere senza più vento continuano a far del male alla brava gente.

Anno 2020, mese di maggio. Fase 2: mentre la ripartenza armeggia con tanti fai-da-te, l’Italia annaspa, impantanata dalle emergenze, il governo slitta su un’endemica complicanza, mentre ipotizza di regolarizzare 600.000 immigrati per far ripartire il lavoro nei campi. 

Da alcuni giorni Matteo Salvini insiste in un’altra direzione: la reintroduzione dei voucher in agricoltura per agevolare e regolarizzare in primis lavoratori italiani, ma perché limitarsi all’agricoltura?

Le motivazioni del segretario leghista non fanno una piega: reintrodurre voucher permetterebbe a pensionati, disoccupati e studenti di andare a lavorare nei campi. Mestiere quanto mai utile in questo momento di crisi lavorativa e di urgenza per le aziende agricole che rischiano di vedere vanificati i raccolti… da nessuno. Ma non solo, tutta la filiera alimentare è minacciata, dai negozi ai mercati, alla grande distribuzione, ai trasporti.

In realtà, l’Italia bloccata dal Covid-19 e dalla sua burocrazia, pretende subito un sistema di assunzione a tempo determinato molto flessibile e i vecchi voucher sono in grado di funzionare di nuovo senza nessuna complicanza. Il sistema di acquisto e riscossione presso i tabaccai e gli uffici postali è ancora intatto, pronto per essere usato; basterebbe un amen, due righe in un decreto.

I voucher, nati dalla riforma Biagi nel 2003 come buoni lavoro atti a disciplinare il lavoro occasionale, demonizzati dai sindacati per alcuni effettivi utilizzi a scopo di sfruttamento, anziché essere corretti e migliorati, sono stati eliminati nel 2017 dal governo Renzi, non previsti nel Jobs act, creando un vuoto nella galassia delle piccole assunzioni e l’inevitabile ritorno al lavoro nero, ma con gran tripudio della Cgil e di Susanna Camusso.

Un errore che si è fatto subito sentire e i nuovi buoni per prestazioni occasionali partoriti dal governo Gentiloni non hanno mai attecchito per la loro inestricabile complessità burocratica che li ha resi poco utilizzabili.

Ma perché in Italia le cose non funzionano mai? Matteo Salvini può piacere oppure no, ma la sua proposta è logica. Dov’è l’errore? Proviene da un ideale ormai da rottamare, inconcludente e giustizialista che sovente ha impedito al Paese coraggiosi cambi di ritmo.

Mentre le verdure marciscono e gli agricoltori implorano flessibilità, cosa succede in altre stanze dei bottoni? Con una lettera firmata dai Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Furlan, Barbagallo e dai Segretari Generali di categoria dell’agroindustria Fai, Flai, Uila, Rota, Mininni, Mantegazza, i sindacati si rivolgono al Presidente Conte e alle Ministre Bellanova e Catalfo per sollecitare un intervento contro l’estensione dei voucher in agricoltura.

Ognuno ne tragga le sue conclusioni. L’Italia reclama subito agili buoni lavoro non solo per l’agricoltura, ma per tutti i settori in cui avevano dato bella prova di funzionalità; dagli impieghi stagionali per i vari tipi di raccolto, ai mesteri per giovani e studenti, all’assunzione di collaboratrici domestiche e di badanti.

Un universo di operatori; contributi nelle casse dell’Inps; qualche aggiustamento per migliorarne l’uso. Niente di tutto questo?

Povera Italia non è solo un modo di dire e il Coronavirus non è bastato per creare un clima di solidale appartenenza & quel tempo del miracolo economico è sempre più dimenticato. Queste ed altre operazioni sarebbe logico attuare per non far morire di sgretolamento economico, sociale, ma soprattutto mentale quei cervelli stanchi, tartassati, delusi e scoraggiati della brava gente, che saprebbero bene quel che c’è da fare, senza troppi intermediari a impantanare ogni italica creatività.

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Articolo pubblicato il 07/05/2020