L'Archeologia Industriale e l'Economia della Cultura ovvero dalla valorizzazione al turismo

Di Marco Montesso (Seconda e Ultima Parte)

Leggi qui la prima parte.

 

Politiche attente ma non sempre efficaci al rischio di distruzione o di deterioramento dei beni, perché consapevoli che il deterioramento d’immagine si riflette sugli aspetti economici.

Creare e sostenere le nuove modalità di fruizione culturale, con evolute politiche museali che divengano sempre più interattive, formative e divulgative sia per le scolaresche che per il pubblico adulto.

Fare l’elaborazione di metodologie più efficaci in tema di fruibilità dei siti archeologici o dei “beni” presenti sul territorio che potrebbero, magari, essere collegati in percorsi culturalmente interessanti e dalle potenziali valide ricadute economiche in loco.

Si pensi ad un valore aggiunto, all’offerta culturale e, spesso, finanche turistica del comprensorio grazie ai servizi di ristorazione, alloggiamento, di musei, ecc. le cui interazioni e plausibilità rispettino serie logiche mercantili.

Un turismo culturale e ambientale, quindi, che non abbia falle nel suo dispiegarsi, di tipo meramente tecnico o sul valore particolare di ciò che si offre o sugli oneri della sua fruibilità o sull’adeguatezza delle strutture e dei costi per il cliente finale.

Su Annals of Tourism Research, già nel gennaio 1998 e poi nel luglio 2000, uscirono due articoli che ben evidenziarono queste tematiche e ai quali si rimanda per un approfondimento: R. C. Prentice, Tourism as experience, sui parchi dedicati alle vestigia di A. I. particolarmente rappresentative del Paesaggio ospitante e B. Garrod - A. Fyall, Managing heritage tourism, dal taglio più generico e di tipo gestionale.

Se si volesse ora, seppur succintamente, approfondire l’argomento Turismo, si dovrebbe far riferimento a certi punti ben precisi.

Intanto, lo si deve aggettivare, inserendo l’espressione “culturale”.

A sua volta, come in un gioco di matrioske, quest’ultima la si coniuga con “patrimonio”. Tali tipologie turistiche, poi, possono essere ricondotte ad iniziative sia privatistiche, associazioni di volontariato specializzato, ecc., che pubbliche, il comune o la provincia, ecc. Sempre di più, infatti, è accresciuta nella coscienza privata e pubblica il concetto che la Cultura, sia essa tradizionalmente aulica che imperniata sui beni di A. I., costituisca un surplus di interesse per il Turismo.

In sintesi, il Turismo Culturale, erede dei Grand Tours che dal Seicento si son svolti nel Bel Paese e han avuto in Goethe un cantore d’imperitura eccellenza, nelle sue molteplici accezioni si auspica che sia e divenga sempre di più quel c.d. petrolio sui generis che l’Italia, essendo notoriamente il più importante Paese al Mondo nel campo dei giacimenti culturali, potrebbe vendere al meglio per il bene delle menti e delle anime, fungendo da carburante sempre più ricco in ottani per far correre l’economia.

Questa logica apparentemente banale nella sua semplicità e sulla quale da decenni Governi finora spesso poco più che inetti e operatori turistici privati oberati da mille incombenze fiscali e normative stanno cercando di metterla in pratica. Sarebbe la fortuna del Paese per l’incremento occupazionale in termini generali e per la liquidità che potrebbe ricavarne.

La sensibilità in tal campo, è sempre più acuta in Italia e la si vede concretizzarsi nelle mille associazioni, nei mille gesti di rispetto nel Patrimonio in generale, nell’impegno di singoli anche illustri, si pensi al già nominato grande archeologo Carandini che presiede da qualche anno con impegno e dedizione il FAI, Fondo Ambientale Italiano e le sue iniziative sul terreno.

Tra le tante definizioni, invece, del Turismo Culturale nel settore del Patrimonio Industriale si può considerare quella secondo la quale altro non sia che l’interessante, importante, a volte intrigante modo di viaggiare per visitare siti di A. I., manufatti, macchinari, documenti, ecc. Ciò che permette di far apprendere alle generazioni attuali, adulte o giovanissime, con visite indipendenti o aperte alle scolaresche il passato più recente e, in certi casi, recentissimo, in poche parole, quello dei loro nonni o loro padri.

Passato, questo, che, in moltissimi casi, ancora permea la vita quotidiana delle città o dei borghi produttivi sia visivamente, con le proprie strutture fatte di stabilimenti, ecc., che cognitivamente, con i racconti che si perpetrano dalle generazioni trascorse più vicine.

Si pensi a stabilimenti che si presentano sotto forma di musei, ciò in molti casi a seguito di restauri che li han valorizzati e trasformati, che han spesso ricadute anche sul tessuto urbanistico su cui insistono. I quali contengono nel loro interno la propria storia, con collezioni di macchinari, con apporti iconografici, che vanno dalle fotografie ai progetti dei beni che ivi si producevano, mai disegni tecnici e, anche spesso, documentazioni iconografiche dello stato di avanzamento dei lavori di ristrutturazione compiuti per arrivare allo status quo.

Ma potrebbero essere anche strutture architettoniche il cui originario impiego d’uso sia stato completamente rivoluzionato, si pensi alla fabbrica, all’opificio ora palazzina uffici dedicati al terziario avanzato o capannoni divenuti supermercati.

Inoltre, si possono avere dei veri e propri Parchi di industrie dismesse, ma anche di miniere, ecc., nei quali è possibile visitare mostre che ne illustrino il loro passato produttivo, vedere diorami e contributi audio - visivi spesso interattivi che riproducano i sistemi di vita lavorativa e sociale, laddove, per esempio, sussistevano edifici commerciali, di aggregazione dopolavoristica e abitativi per le maestranze.

Talvolta si possono avere dei veri e propri percorsi automobilistici ma pure ciclistici e pedonali che si snodano all’interno di quartieri cittadini o di borghi a se stanti di più vetusta industrializzazione, con tanto di ponti, spezzoni di strade ferrate per il trasporto di merci e di beni nelle varie direzioni, ecc.

Un’altra forma di turismo di stampo culturale del patrimonio industriale è quello che permette al visitatore di apprendere le caratteristiche peculiari della Struttura. Questo può avvenire attraverso la mediazione culturale che si sviluppa in capannoni et similia, più o meno ristrutturati ma con la completa agibilità, permettendo concerti musicali di ogni tipo, recite teatrali, performance dal vivo, sfilate di moda, esposizioni artistiche, fotografiche, o, in modo indiretto, attraverso la pubblicità, molti sono gli spot che infatti vengono ambientati in contesti del genere o, finanche, con il cinema, per il grande schermo o per la televisione che sia.

Marco Montesso – montesso.marco@icloud.com

 

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Articolo pubblicato il 21/05/2020