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Una sottile analisi di Armeno Nardini su due numeri ... tristemente famosi, il 13 e il 17

Civico20news pubblica un interessante analisi di Armeno Nardini, pubblicista e saggista torinese, che riguarda i noti numeri 13 e 17, pervasi da credenze scaramantiche o associate al cattivo auspicio.

Le attribuzioni positive o sfavolrevoli non seguono logiche matematiche... pur essendo numeri... bensì credenze più o meno cristallizzate in una sorta di inconscio collettivo di junghiana memoria.

L'Autore analizza i due numeri "incriminati" con chirurgica precisione, aprendo al lettore scenari inaspettati.

 

SIMILI  ALTRIMENTI

 TREDICI  E  DICIASSETTE

DI ARMENO NARDINI

 

A Napoli, quando viene estratto nel gioco della tombola, si dice: “Diciassette...La disgrazia”. Ma questo 17 di maggio per tanti è la fine d’un disgraziato lock down. Nella nuova libertà, però, vedremo ancora disgrazie dolorose.

La pandemia da covid-19 ha già visto tanti morti anche per carenza o tardivo supporto di ventilatori polmonari e vedrà anche tante aziende soffocate per mancanza o non tempestiva erogazione di liquidità. Il recente Decreto Rilancio rischia d’essere il topolino partorito dalla montagna se gli eventi saranno inferiori alle attese.

Quel che l’economia si aspetta è innanzitutto una liquidità che arrivi in soccorso immediato, perché le casse polmonari delle aziende non hanno più un soldo: il lock down ha chiuso i rubinetti del loro ossigeno.

Potrebbe forse salvarle solo una respirazione bocca a bocca, anche se l’INAIL dice che i bagnini non possono praticarla a chi stava annegando, appena  portato “fuor dal pelago alla riva”.  

La tradizione lega le negatività del 17 al fatto che i Romani lo scrivevano così: XVII. Se diamo una sistemata a questi caratteri, potremo leggere VIXI: vissi; sono esistito; non ci sono più. Il 17, dunque, evoca la morte; è un brutto numero, disegnato con trattini spigolosi e quasi pungenti.

Pur se nei Tarocchi rappresenta La Morte, bello è invece il 13.

Dalla linea di partenza dell’1, procede nella direzione della scrittura con due simmetriche rotondità, capaci di evocare morbidezze di dolci colline ed anatomici attributi. Nella nostra cultura il 13 è un numero fortunato e di buon auspicio. Azzeccarlo al Totocalcio, potrebbe risolvere molti problemi.

Chi sostiene la positività del 13, ricorda che avvennero tutte il giorno 13 le apparizioni di Fatima, consecutivamente, da maggio ad ottobre. Ma l’anno era il millenovecento...17, e questo incrina la credenza del 13 che porta buono. Non fu ad esempio una buona giornata quella del 13 di maggio del 1981 quando Alì Agcià attentò alla vita di Giovanni Paolo II; erano però le ore 17 e 17 minuti primi. Non fu bella neanche quella del 13 ottobre del 1307, che vide la eliminazione anche fisica di un migliaio di Cavalieri Templari da parte di Filippo il Bello; ma era venerdì e il 13, di venerdì, è peggio del 17.

Quando il buono ed il bello del 13 si mescolino col cattivo ed il brutto del 17, si scombussolano le nostre tetragone credenze, ma le ragioni ci sfuggono. Di fronte ad una coppa riempita per metà, come sappiamo, gli ottimisti la considerano mezza piena, i pessimisti mezza vuota. Questo perché ognuno, secondo la propria indole, associa eventi personali a fatti di valenza oggettiva e, più o meno consapevolmente, è portato a fare o ad evitare certe cose in certe circostanze, in certi giorni. Per questo, il 13 non è per tutti un numero fortunato.

Non lo è affatto, ad esempio, nel mondo angloamericano, specie dopo la disgraziatissima missione dell’Apollo 13, che fallì l’allunaggio per lo scoppio di un serbatoio dell’ossigeno e mise in serio pericolo la vita dei tre astronauti a causa del prolungato silenzio radio in fase di atterraggio.Apollo 13 partì dal Launch complex 39, l’aerodromo 39 del John Fitzgerald Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida. Al centro di controllo della missione, che era posto invece nel Texas a Houston, sede della NASA, il count down del lancio terminò esattamente alle ore 13 e 13 minuti primi del 11.4.70. Sarà una combinazione, ma dà 13 la somma dei singoli numeri che compongono la data 11.4.70.

Sarà ancora una combinazione, ma il numero dell’aerodromo, 39, è pari a 3 volte 13. Insomma, questa missione Apollo, tutta permeata dal 13, che per noi porta buono, si rivelò invece un vero disastro. Ciliegina sulla torta? Se tutto fosse andato bene, la navetta spaziale sarebbe entrata nell’orbita lunare due giorni dopo la partenza, il giorno 13 aprile del 1970. E in questa data, 1+9=10+7=17! Ancora una combinazione casuale?

Il 13 per tanti non porta buono anche perché all’ultima cena, prima che Gesù consacrasse il pane ed il vino, la mensa fu abbandonata da Giuda, il traditore, e questo ha tramandato sino ai nostri giorni il sospetto che se si siede a tavola in 13, forse qualcuno non è degno di esserci. Ma già molto tempo prima dell’ultima cena il 13 non era visto di buon occhio. Infatti, nella raccolta delle 282 leggi del codice di Hammurabi, che risale al 1686 avanti Cristo, manca la legge numero 13. Perché? Mistero!

Presso i Greci, il 13 era considerato un numero imperfetto, in quanto creava difficoltà nelle spartizioni. A scuola, ci hanno insegnato che è un numero primo, divisibile quindi solo per sé stesso e per l’unità; come  anche il 17, altrettanto fastidioso, quindi.  

Il 13 sin dall’antichità non ha portato bene ai maschi; infatti, nel calendario delle civiltà matriarcali, che rimandano alle mitiche amazzoni, la durata dei mesi era parametrata a quella del ciclo, lunare e non solo lunare; il mese, pertanto, era di 28 giorni e l’anno di 13 mesi. Quando però gli uomini presero il sopravvento sulle donne, forse anche per sottolineare questa raggiunta supremazia, che si illudono duri ancora, si affrettarono a cambiare il calendario e adottarono quello solare di 12 mesi, non più tutti di 28 giorni.

L’avversione per il 13, dunque, che gli psicologi chiamano triscaidecafobia è forse più antica e più diffusa della eptacaidecafobia, che è la avversione per il 17.  Queste fobie sono considerate disturbi d’ansia per credenze irrazionali, superstizioni. Sir Francis Bacone sentenziò, a cavallo fra il 5 ed il 600, che “c’è una forma di superstizione nell’evitare ogni superstizione”. Frase assai criptica, questa, come quasi tutto il pensiero di Bacone, ma penso che possiamo interpretarla così: abbiamo il diritto di credere a tutto, ma abbiamo però il dovere di non credere, o, almeno, di non cedere alle suggestioni. Si vales, valeo.

Torino, 17.5.2020 – armeno.nardini@bno.eu

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Articolo pubblicato il 17/05/2020