Una Repubblica fondata sullo sputtanamento: ancora per quanto? Di Nicola Cariglia

Le intercettazioni tramite Palamara, rivelano che niente è cambiato rispetto ai metodi vergognosi di Tangentopoli. I manovali si prestano per piccole ambizioni personali. Ma i veri vantaggi vanno alle sfere alte della piramide

 

Da 28 anni viviamo in una situazione nella quale ognuno di noi è stato deprivato dei diritti di cittadino e di ogni possibilità di essere responsabile del proprio destino determinando, in accordo con altri, o in disaccordo tramite libero confronto e scontro di idee, il governo del Paese. Molti di noi lo avevano percepito. Ma non siamo riusciti mai a convincere la maggioranza perché avevamo, ad ostacolarci nella disperata opera di denuncia, un nemico troppo potente. La santa alleanza di magistrati, giornalisti, editori, politici venduti al potere vero e occulto.

 

Stiamo parlando (e parliamo da 28 anni) di ciò che è venuto finalmente alla luce del sole grazie ad un marchingegno elettronico inserito nel telefono del magistrato Luca Palamara, per anni esponente di rilievo di quella che viene definita magistratura associata e del CSM.

 

Il trojan inoculato nel telefono di Palamara, consentendo di  registrarne a sua insaputa le conversazioni, ha fatto emergere, ben oltre il contenuto dei colloqui, un groviglio di legami, interessi e complicità che rappresentano il metodo attraverso il quale vengono condizionate scelte nei diversi settori della società.

 

Esattamente la stessa alleanza che fu in grado, tra il 1992 e il 1994 di abbattere con un golpe mediatico-giudiziario i partiti che avevano espresso dalla proclamazione della Repubblica, senza soluzione di continuità, la classe politica di governo del Paese. Per chi non avesse vissuto quegli anni o li avesse dimenticati, vale la pena leggere la testimonianza di Piero Sansonetti, oggi direttore del Riformista e, all’epoca, vice direttore dell’Unità che ha rivelato in un libro e in diversi articoli come funzionavano le cose ai tempi beati di mani sporchissime.

 

“Quattro giornali firmarono un patto di ferro: “Il Corriere della Sera”, “La Stampa”, “L’Unità” e “La “Repubblica”. Tranne Eugenio Scalfari, tutti gli altri direttori furono direttamente coinvolti in questo patto.

 

Erano personaggi di primissimo piano, e contavano moltissimo nell’establishment, e furono tra i pochissimi che non furono travolti dall’ ”insurrezione”, anzi la guidarono. Paolo Mieli, Ezio Mauro, Walter Veltroni, che erano i direttori dei primi tre giornali, e un certo numero di capiredattori di Repubblica, il nome più noto è quello di Antonio Polito. Non ho mai potuto accertare se Scalfari sapesse e se approvasse. Ho solo un sospetto…..

 

Ogni sera, verso le sette, i direttori o i vicedirettori o i capiredattori, si sentivano per telefono e decidevano come fare le prime pagine, come dare le notizie, con quale forza, con quale gerarchia..…Il pool di direttori si interfacciava con in pool di giornalisti giudiziari, che aveva coinvolto anche giornalisti delle Tv, ed era alle dirette dipendenze delle Procure, e in particolare della Procura di Milano.

 

Nessun giornalista giudiziario che non facesse parte del pool poteva più accedere a nessun tipo di notizia di giudiziaria, e rapidamente, per questa ragione, veniva eliminato dalla piazza”.

 

Le intercettazioni che vengono fuori tramite Palamara, rivelano che niente è cambiato rispetto alla vergogna degli anni di Tangentopoli. Ci sono ancora magistrati e giornalisti, legati da un rapporto incestuoso che colpiscono e danneggiano attraverso inchieste e soprattutto le rivelazioni strumentali fatte appositamente filtrare. Ci sono i manovali che si prestano per piccole ambizioni personali.

 

Ma i veri vantaggi vanno alle sfere alte della piramide. Ai tempi di Tangentopoli, andarono in gran parte ai padroni dei giornali (non editori, perché usano la carta stampata e la TV per tutelare i loro interessi). Furono toccati dalle inchieste ma ne vennero fuori senza troppi danni e si spartirono i gioielli di Stato tramite le privatizzazioni.

 

I politici che si sono prestati e si prestano, fanno la figura dei bambini che giocano ai quattro cantoni. Il PDS, la Lega ed il vecchio MSI, grandi sponsor delle inchieste di tangentopoli e non a caso risparmiati, direttamente o attraverso i loro eredi hanno poi sperimentato anche loro la barbarie del sistema giudiziario che avevano contribuito ad instaurare.

 

Ai “purissimi” del momento, i 5 Stelle, capita addirittura di essere sputtanati in diretta TV, come ha sperimentato addirittura il ministro della Giustizia in carica, Alfonso Bonafede. Solo un taglio netto può porre termine a una tale degenerazione che si trascina da quasi trenta anni. Da un punto di vista politico con un nuovo inizio tramite una Assemblea o una Legislatura costituente alla quale dare vita una volta vinta la pandemia che ci affligge.

 

Da un punto di vista morale con una Commissione di inchiesta, formata non da politici ma dai più prestigiosi studiosi, storici e giuristi di cui disponiamo per fare luce su cosa abbia determinato il trentennio oscuro che stiamo ancora vivendo. Non per fare emergere responsabilità penali, che pure ci sarebbero.

 

Solo per evidenziarne in assoluta libertà le cause, l’incapacità di impedire e l’incapacità di reagire. Gli ammonimenti che ne potrebbero derivare sarebbero assai più importanti per il nostro Paese di qualsiasi sentenza giudiziaria.

 

Da Pensalibero.it

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Articolo pubblicato il 25/05/2020