Tutelare le trote autoctone dei nostri fiumi e torrenti

Gli studi promossi dalla Città Metropolitana di Torino per la difesa della biodiversità

Fonte: Ufficio Stampa Città metropolitana di Torino

 

Le trote appartenenti alle specie Marmorata e Fario presenti nei corsi d’acqua della Città Metropolitana di Torino sono autoctone o provengono da altri territori e sono state introdotte anni o decenni orsono in Piemonte?

È l’interrogativo a cui deve rispondere lo studio scientifico sulle caratteristiche genetiche delle popolazioni selvatiche di Salmonidi che l’Ente di area vasta porta avanti attraverso la sua Funzione specializzata Tutela Fauna e Flora. “Lo studio, - spiega Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora - rientra in un più generale programma scientifico pluriennale sulle popolazioni di trote che vivono nei fiumi, torrenti e specchi d’acqua delle Alpi sud-occidentali. Alcuni studi si sono già conclusi, altri sono ancora in corso; tutti insieme renderanno possibile una mappatura molto precisa dei popolamenti ittici nei corsi d’acqua del territorio”.

Oltre alla Città Metropolitana, sono coinvolti in questi progetti il Parco del Monviso, il Parco Nazionale Gran Paradiso, la Provincia di Cuneo, l’Università del Piemonte Orientale, il Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola, alcune associazioni di tutela ambientale e di pescatori e l’Università Politecnica delle Marche, centro di eccellenza per lo studio della genetica dei Salmonidi in Italia.

 

BIODIVERSITÀ E ADATTAMENTO AGLI AMBIENTI ACQUATICI

Studiare la presenza di Salmonidi autoctoni nel territorio consentirà di mettere a punto efficaci iniziative di gestione e tutela della biodiversità. Nel caso della Trota marmorata, autoctona del bacino del Po, vero e proprio “monumento” all’evoluzione di inestimabile valore dal punto di vista conservazionistico, la presenza è accertata. La specie è da qualche decennio oggetto di politiche di tutela, soprattutto grazie agli Incubatoi di Valle della Città Metropolitana di Torino, gestiti dalle associazioni di pescatori che fanno capo all’Unione dei Consigli di Valle.

Più complesso il caso della Trota fario, sulle cui caratteristiche genetiche e classificazione sono ancora in corso molti studi. Da tempo è accertata l’esistenza di consistenti popolazioni nei corsi d’acqua dell’arco alpino sud-occidentale, ma non erano ancora state effettuate ricerche approfondite.

Il quadro è complicato dal fatto che, ormai oltre 120 anni, nei corsi d’acqua avvengono massicce immissioni di Trote fario di allevamento, originate da riproduttori provenienti dal Nord Europa e quindi lontane dal punto di vista genetico dalle Trote tipiche dei fiumi e dei torrenti italiani. Nel corso del tempo si è prodotto un crescente “inquinamento genetico” delle popolazioni autoctone sia di Fario che di Marmorata, con l’immissione e la presenza di pesci sempre meno selvatici e quindi sempre meno capaci di vivere e riprodursi nelle difficili condizioni dei corsi d’acqua naturali, soprattutto alpini; tanto da far temere una totale scomparsa della variabilità genetica tipica dei nostri corsi d’acqua.

 

UN’ALLEANZA TRA SCIENZIATI, PESCATORI ED ENTI PUBBLICI

Più di un secolo fa, in una situazione economica e sociale molto diversa dall’attuale, le immissioni venivano effettuate per incrementare il pesce commestibile a disposizione: il termine “semine” viene ancora oggi utilizzato per indicare le immissioni di pesci e deriva da quello scopo.

“Oggi, - sottolinea la Consigliera Azzarà - l’immissione di specie non autoctone non ha senso, né dal punto di vista economico né tantomeno da quello scientifico. La biodiversità, cioè la presenza di specie che si sono evolute insieme tra di loro e con l’ambiente circostante, è un valore irrinunciabile ed è garanzia della capacità degli ecosistemi di reagire positivamente ai cambiamenti, anche quelli climatici”.

Era quindi della massima importanza accertare il grado di questo “inquinamento”, per impostare iniziative efficaci di tutela delle popolazioni autoctone e di contenimento delle specie alloctone, cioè non originarie.

“La tutela della Trota marmorata da parte della Città Metropolitana di Torino rientra in un più vasto progetto, finanziato parzialmente dal Parco Nazionale Gran Paradiso, con cui collaboriamo” ricorda la Consigliera metropolitana delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora.

Un genetista dell'Università delle Marche sta completando le ricerche sull'ultima componente biomolecolare, i microsatelliti, i cui risultati saranno disponibili nei prossimi mesi.

La prima fase del progetto, promosso dal Parco del Monviso e dalla Città Metropolitana, era relativa alla natura autoctona della Trota fario nelle Alpi occidentali. I risultati sono stati riassunti in un articolo, che è stato sottoposto all’approvazione della redazione della rivista Biological Journal of the Linnean Society con il titolo “The Role of the south-western Alps as a unidirectional corridor for Mediterranean brown trout (Salmo trutta complex) lineages”.

Alla ricerca hanno collaborato alcuni esperti francesi. Alla ricerca e alla redazione dell'articolo ha contribuito l’ittiologo Paolo Lo Conte, che segue dal punto di vista tecnico l'attività degli Incubatoi di Valle e la promozione e tutela della fauna ittica, mentre la collega Andreina Raffero segue la parte amministrativa.

“Abbiamo anche presentato la candidatura per un progetto LIFE per la tutela e valorizzazione della Trota marmorata sull’intera asta della Dora Baltea, di cui è capofila la Regione Autonoma Valle d'Aosta. - conclude la Consigliera Azzarà – Il progetto è stato valutato positivamente, ma purtroppo non è stato finanziato.

Lo ripresenteremo con alcune modifiche in occasione della successiva call dell’Unione Europea in materia di gestione della fauna ittica, proponendo l’identificazione e la selezione delle specie autoctone di Trota marmorata e di Temolo adriatico. Vogliamo disporre nei nostri incubatoi di valle di riproduttori quanto più possibile puri, per poter immettere nei nostri fiumi e torrenti avannotti delle specie che popolano naturalmente le nostre acque, in ossequio ai dettami naturalistici e protezionistici che la scienza negli ultimi anni ha elaborato sul tema”.

Le nuove tecniche di indagine genetica consentono di effettuare con costi sopportabili le analisi indispensabili per la gestione ittica.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 26/05/2020