Archeologia Industriale a Torino
Torino - Ex FIP Fabbrica Italiana Pianoforti in corso Racconigi.

Ex Stabilimento FIP Fabbrica Italiana Pianoforti, corso Racconigi 51 (Di Marco Montesso)

I Lettori di Civico20News conoscono Marco Montesso per i suoi scritti dedicati, fra l’altro, alla Archeologia Industriale. Gli abbiamo chiesto di proporre qualche esempio riferito alla nostra città e oggi iniziamo con la descrizione dell’Ex Stabilimento FIP - Fabbrica Italiana Pianoforti, di corso Racconigi n. 51, ripresa dal suo libro «L’Archeologia Industriale, “Primo Manuale Italiano di Archeologia Industriale”» (MediaRes, Torino, 2015). Si parlerà in seguito del Birrificio Metzeger poi Dreher e del Sito di archeologia industriale della Spina 3.

Si tratta - come scrive Montesso - di realtà industriali non particolarmente note e che possono fornire significativi ma sempre riusciti esempi di ristrutturazione e valorizzazione del Patrimonio Industriale con cambiamento d’uso, dal più tradizionale al pionieristico.

Buona lettura! (m.j.).

La città di Torino rappresenta una casistica esemplare di archeologia industriale. […] Il suo patrimonio industriale annovera delle strutture completamente abbandonate e spesso ridotte in condizioni tali da far da ricettacolo ad ogni qualsivoglia condizione e comportamento di vita degradata.

Ma ve ne sono altre che mantengono una dignitosa allure esteriore anche nella non operatività e talvolta fan da fondali in film o negli spot televisivi.

Infine, per non dire di quelle che hanno conosciuto una nuova rinascita, grazie a ristrutturazioni di mantenimento o anche aggiuntive e costituiscono preclari esempi di valorizzazione, spessissimo con un cambiamento di destinazione d’uso, come si suol dire. […]

Ex Stabilimento FIP, Fabbrica Italiana Pianoforti, in corso Racconigi 51, attualmente sede degli uffici comunali della Divisione Uffici Tributari, Catasto e Partecipate nonché del Mercato Coperto seminterrato del Quartiere.

 

Nasce nel 1917 per volere dell’avvocato Paolo Cattaneo (1879 – 1955), che poteva già vantare pregresse esperienze come imprenditore sia pure in un altro ambito, quello automobilistico, ça va sans dire in quanto in grande spolvero nella Torino debut de siècle.

L’avvocato persuase una serie di piccoli artigiani e imprenditori che operavano da tempo in città nell’ambito degli strumenti musicali e arrivò con loro a costituire una società per azioni, SpA, con un capitale di sei milioni di lire.

Incidentalmente, si rammenti che Torino tra la seconda metà dell’Ottocento e gli anni immediatamente precedenti alla Grande Guerra era leader in Italia nella produzione di pianoforti.

Sul suo territorio sorgevano ben una quarantina di fabbriche di varia grandezza e grazie a ciò la si potrebbe paragonare ad un’altra capitale degli strumenti musicali come Cremona.

La città lombarda, pur se da molto più tempo ed in buona parte ancora oggi, lo è per la

fabbricazione dei violini, grazie ad una significativa e prestigiosa presenza di botteghe di mastri liutai.

In finis, continuando nelle comparazioni sia pure dai volumi produttivi molto più elevati per far fronte alla domanda mondiale, da molto tempo Castelfidardo nelle Marche è la numero uno nel comparto delle fisarmoniche.

Attualmente nel capoluogo piemontese esiste una sola Società di Pianoforti, la Piatino, nata nel 1910 e giunta alla quinta generazione, la quale peraltro svolge solo più attività di restauro e riparazione per i pianoforti da loro prodotti in circa novant’anni di attività e commercializzati col nome Steinbach, scelto ab initio dal fondatore per dar loro un tocco di esotismo.

Chiamò, poscia, l’architetto Bonicelli per progettare quello che diventò un imponente edificio col corpo centrale di 5 alti piani sopra il livello di calpestio del marciapiede e un duplice ingresso, il principale, in corso Racconigi e quello laterale, in via Moretta 53, che conduce ad un corpo di fabbrica posto perpendicolarmente all’asse centrale e meno elevato in altezza.

Lo Stabilimento, infine, si sviluppa su una superficie complessiva di oltre 8000 metri quadrati.

La FIP a neanche 36 mesi dalla nascita contava già 800 operai che producevano circa 3000 pianoforti all’anno.

Ciò portò, sempre nel 1920, all’apertura di un secondo stabilimento ad Alpignano, nella provincia torinese non lontano dal Capoluogo, per far fronte alla richiesta del mercato che via via giunse ad assumere una rilevanza internazionale.

Repentinamente, però, si viene ad insinuare un primo focolaio di crisi dovuto principalmente al fallimento della Banca Italiana di Sconto, l’istituto creditizio di riferimento della FIP.

Un secondo aggravamento della situazione dell’Azienda lo si deve alla crisi economica che colpì l’Italia del primo Dopo Guerra, unitamente a quella gravante sulla Germania, in quanto suo principale mercato di esportazione.

Nel 1925, infine, l’avvocato Cattaneo passa la mano al grande finanziere e industriale di origine biellese Gualino, eminente figura del Capitalismo torinese e italiano dell’epoca, mecenate e collezionista, proprietario della SNIA Viscosa, tra le tante.

Nonostante il grande peso imprenditoriale del subentrante, la FIP non riuscirà mai più a risollevarsi e nel 1929 dichiara fallimento.

Debacle finanziaria che colpirà non molto tempo dopo lo stesso Gualino, per il quale si rivelò impossibile convivere, nonostante e proprio per quel suo eminente rilievo socio - economico, nella stessa città degli Agnelli.

L’edificio restò abbandonato dal momento della chiusura fino ai primi anni del Terzo Millennio, allorquando il Comune, che era subentrato nella proprietà già dal Secondo Dopo Guerra, decise nel 2004 di ristrutturarlo e arrivando dal 2006 ad ospitare quanto specificato all’inizio della Scheda.

Marco Montesso– montesso.marco@icloud.com

 

Si ringrazia il Signor Michele Ciciretti per la collaborazione.

 

Tratto da: Marco Montesso, L’Archeologia Industriale, “Primo Manuale Italiano di Archeologia Industriale”, MediaRes, Torino, 2015.

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Articolo pubblicato il 01/06/2020