L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: “I Tre mesi di Conte”

Il nulla consapevole dietro le strategie truffaldine del Governo.

Il nostro presidente del Consiglio pro-tempore già sapeva che i pomposi e costosi Stati Generali, oltre a appresentare una solenne presa in giro per gli italiani, non avrebbero sortito alcun effetto. Per continuare  a recitare il ruolo di imbonitore, peraltro sempre più screditato, si è trastullato sull’abbassamento dell’Iva, un provvedimento estremamente costoso (almeno 10 miliardi di euro) e di scarso effetto come quasi tutti i commentatori hanno rilevato.

 

E anche questo è in pratica abbandonato, alla stregua dei 102 progetti presentati da Colao, o quelli della commissione presieduta da Illy.

 

Idem per le idee illustrate dal presidente Bonomi a nome di Confindustria, reo di avere accenti troppo antigovernativi a differenza dei toni accomodanti dei suoi predecessori.

 

Comunque, finita quella che è stata chiamata la fase dell’ascolto, Conte si è preso la bellezza di tre mesi, per elaborare “entro la fine di settembre” il Recovery Plan italiano. Così per un po’ di tempo, le parti sociali  ed i partiti che lo sostengono, si interrogheranno sul nulla che non si esaurirà in 24 ore, ma dovrebbe completarsi con una prospettiva che si allunga a fine settembre.

 

Ma l’equivoco di fondo, o meglio la mala fede dimostrata da Conte, sta nel fatto di non rendersi conto che gli smandrappati grillini che lo sostengono, quale forza maggioritaria nel suo governo, sono prioritariamente ostili ad ogni opera pubblica ed innovazione che possa permettere all’Italia di risalire la china.

 

Ora torniamo ai fatidici Tre mesi. Ma lui e i suoi bell’imbusti al seguito, non si rendono conto della crisi che già sta mordendo tante imprese italiane che non riescono a ripartire, degli artigiani che non hanno visto un euro dei fondi promessi, delle famiglie che avranno i figli a casa perché troppi centri estivi non riaprono o chiederanno un’iscrizione troppo cara?

 

Non si rendono conto del milione di lavoratori che non ha ancora visto un euro o quasi di cassa integrazione, e questo da marzo! Soprattutto non si rendono conto, i signori del governo, che tanti Paesi europei hanno già messo a punto i loro piani o li stanno ultimando, e guadagneranno un altro vantaggio sull’Italia che già era l’unico Paese, prima del Covid-19, a non aver recuperato i livelli di Pil precedenti alla crisi del 2008?

 

Quanti soldi avremo dall’Unione europea non è ancora chiaro, perché è in corso una lotta furibonda coi Paesi cosiddetti frugali che vogliono concedere poco. Ma comunque è chiarissimo che avremo di più o di meno solo in base alla solidità e alla credibilità dei piani presentati, e noi aspettiamo la fine di settembre per presentarli?  Nel frattempo continuiamo a dire no ai 37 miliardi del Mes, che sono a fondo perduto, immediatamente disponibili e con l’unica condizione di spenderli in sanità, che mi sembra proprio essere la prima delle priorità?

 

Però bisogna riconoscere che una cosa almeno l’hanno fatta, questi del governo, e non si tratta di un’innovazione di poco conto, anzi. Per la prima volta nel corso della storia repubblicana hanno assegnato a un ministro, quello dell’Economia, Roberto Gualtieri, il potere cosiddetto, all’americana, di “sequestration”, ovvero la “variazione di bilancio e successiva riassegnazione” sull’intero ammontare degli 80 miliardi di euro degli aumenti di deficit. Gualtieri potrà riorientare la spesa senza passare né dal Parlamento, né dal Consiglio dei ministri; un potere senza precedenti in un Paese democratico su somme tanto vaste.

 

Un’attribuzione di superpoteri che per di più non è stata annunciata alle Camere né discussa o votata dal Parlamento. Di fonte a tante incoscienza e decisionismo suicida per l’economia e il tenore di vita di milioni di italiani, come si comporta il c.d “ceto politico”?

 

Sul piano tattico, circola voce che cerchino, tutti uniti appassionatamente, di arrivare intatti fino al 10 luglio. Così la maggioranza attuale scamperebbe il pericolo di andare a elezioni nazionali anticipate in settembre, assieme alle regionali. Se il Governo dovesse resistere fino a quel giorno, diventerebbe tecnicamente impossibile accorpare le elezioni amministrative del 20 e 21 settembre a eventuali elezioni politiche anticipate e l’esecutivo avrebbe la certezza di resistere almeno fino a fine anno, considerata la legge di bilancio da discutere in autunno. Oggi appare altamente improbabile che le tensioni tra i partiti della maggioranza sfocino in una rottura. Tuttavia, le nubi si addensano all’orizzonte nel cammino di un esecutivo profondamente lacerato al suo interno perché lacerate al loro interno sono le stesse forze che lo sostengono.

 

L’esito delle regionali del 20 e 21 settembre (la data sembra ormai certa), unito a quello del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, potrebbe dare la spallata all’esecutivo qualora il centrosinistra perdesse molte città e regioni nelle quali oggi governa. Di qui ad allora il Governo Conte dovrà fronteggiare una crisi socio-economica davvero drammatica, che normalmente fa perdere consensi a chi guida il Paese. Se diventa difficile sciogliere le Camere a settembre, in piena discussione sulla legge di bilancio, è altrettanto improbabile che un esecutivo delegittimato ancora una volta dal voto popolare (sia pure in elezioni amministrative) possa rimanere in sella.

 

A quel punto rimpasti o governi tecnici o allargati all’opposizione, anche per fronteggiare il probabile disastro socio-economico, potrebbero non essere più soltanto ipotesi. Sempre che qualche stratega cerchi di affidare la patate bollente all’”Uomo della Provvidenza” confezionato su misura. La Storia recente ci ha già insegnato qualcosa. Occhio ai senatori a  vita, di oggi, ma forse anche a quelli che potrebbero presto essere nominati.

 

Francesco Rossa - Condirettore e Direttore editoriale

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Articolo pubblicato il 28/06/2020