Fermate la rivoluzione digitale delle macchine prima che diventi dittatura - Parte 1

Il testo è una forte critica della rivoluzione digitale

C'è un libro pubblicato l'anno scorso da Sperling & Kupfer che fa molto bene leggerlo. Se non lo avete letto dovete farlo. Se c'è un argomento di stretta attualità, è proprio quello trattato in questo testo che ho divorato in questi giorni. Si tratta di «Fermate le macchine! Come ci stanno rubando il lavoro, la salute e perfino l'anima», l'autore è Francesco Borgonovo, giornalista e saggista, vicedirettore del quotidiano La Verità.

Il testo è una forte critica della rivoluzione digitale, un pressante allarme quello di  Borgonovo. Bisogna preoccuparsi oppure si tratta soltanto di elucubrazioni giornalistiche? Borgonovo sta esagerando? Ha portato alle estreme conseguenze il problema? Forse si, forse no.

 

Per quanto mi riguarda anche scrivendo questa recensione ho utilizzato il pc e quindi tutto quello che appartiene, alla rivoluzione digitale. Lo racconto sempre parlando con gli amici, che cosa è stato per me, l'invenzione del computer e tutto quello che ruota intorno. Non posso negare che è stata straordinaria «la comodità», di poter scrivere un articolo, inviarlo a un giornale velocemente e poi condividerlo con tanta gente. E poi che dire delle tante altre comodità come quella di poter prenotare da casa un biglietto dell'aereo, del treno. Fare operazioni bancarie. Comprare qualsiasi cosa, grazie a internet. Oltre alla comodità, c'è anche il risparmio economico.

 

E proprio nella prefazione, Mario Giordano segnala l'aspetto della comodità. La rivoluzione digitale «ha successo perchè è comoda. Ci risolve un sacco di problemi. Ci fa credere che tutto sia facile, a portata di mano,accessibile, perfino gratis, nascondendoci accuratamente i costi che tutto ciò comporta». Anche Giordano è preoccupato dello strapotere della tecnologia: «io non vorrei vivere in un mondo senza tecnologia, di cui sono per altro un abbondante consumatore. Ma ho l'impressione che ormai il rapporto si stia invertendo: non sono più gli uomini a usare la tecnologia, ma è la tecnologia che usa gli uomini».

 

Qualche anno fa, considerazioni simili le aveva fatte Alfredo Mantovano, nessuno vorrà distogliere «dall'utilizzare Trivago o E-Dreams chi intende costruire per proprio conto una vacanza e spendere meno, senza pagare il di più dell'agenzia di viaggi o subirne l'eventuale scarsa professionalità. Lo stesso vale se si è soliti acquistare un libro con Amazon o un oggetto con “Bay”. Quel che però non va taciuto è che l'eliminazione delle realtà intermedie non si traduce automaticamente in rose e fiori [...]». E rilevava quello che farà Borgonovo nel suo libro: «nei circuiti commerciali o di servizi, il costo sicuro è stata la perdita della privacy per la quantità incredibile di informazioni che vengono raccolte sull'utente, il cui ritorno immediato è la ricezione nel proprio personal computer di una gran mole di pubblicità, spesso molesta». (Alfredo Mantovano, Il pericolo della disintermediazione, luglio-sett. 2016, n.381, Cristianità)

 

Borgonovo ad ogni capitolo del libro si affida, riportando le loro tesi, a una serie infinita di più o meno noti studiosi, sociologi, psicologi, professori, scienziati. Nel 1° capitolo (la quarta rivoluzione industriale) presenta un futuro inquietante. Dopo aver fatto riferimento accenna alle prime rivoluzioni industriali, citando il libro di Klaus Schwab, “La quarta rivoluzione industriale” Franco Angeli), descrive questa rivoluzione che si caratterizza, «per un uso diffuso di internet, a cui si ha accesso con sempre maggiore frequenza attraverso dispositivi mobili, sempre più piccoli ma più potenti ed economici, e per il ricorso all'intelligenza artificiale e a forme di apprendimento automatico».

 

I cantori di questa rivoluzione proliferano ovunque, si va dall'area progressista al colosso della Silicon Valley. Tutti questi «tecnoentusiasti», ci dicono che «il robot in fabbrica non deve far paura. Anche quando distruggono posti di lavoro». Per questi signori, «le nuove tecnologie aumentano la produttività del lavoro, e quindi i salari, facendo crescere di conseguenza la domanda di servizi».

Credere che i computer sostituiranno l'uomo nelle fabbriche e negli uffici, «rappresenta una concezione ingenua e parziale di come funziona il mercato del lavoro». Anche se a denti stretti devono ammettere che probabilmente bisognerà spostarsi in giro per il globo, «svolgendo occupazioni, di cui, ora, faticate persino a pronunciare il nome».

Il futuro che si sta preparando è abbastanza inquietante, si parla di «intelligenze artificiali», che dovrebbero sostituire quelle umane. Milioni di lavoratori in tutto il mondo dovrebbero inventarsi un nuovo ruolo e una nuova funzione.

 

Sostanzialmente, «troverà lavoro chi è disposto a spostarsi, chi accumula master e chi si diletta a smanettare sulle tastiere. Ma tutti gli altri? Come faranno quelli che non vogliono lasciare casa propria, o che non possono permettersi un certo tipo di istruzione o, semplicemente, non sono portati per svolgere lavori come il programmatore o l'analista tecnologico? Facile: tutti costoro verranno spazzati via. Si creerà una ristretta élite di specialisti molto pagati (magari per un breve periodo) e un esercito di lavoratori inutili e sostituibili alla bisogna, sottopagati e sempre a rischio. Ne sanno qualcosa gli impiegati di Amazon [...]».

 

Anche se l'azienda non è crisi, anzi il suo fondatore, diventato il più ricco del mondo, sta assumendo e dalle statistiche che circolano in giro, si sostiene che Amazon crea posti di lavoro.

Tuttavia per Borgonovo siamo di fronte a un'evidenza: «ci stiamo trasformando in una jobless society, una 'società senza lavoro'. L'innovazione tecnologica e la robotizzazione ci stanno conducendo verso quello che lo studioso americano Martin Ford ha definito un regime di 'piena disoccupazione'». Pertanto secondo Borgonovo, «le macchine non si limiteranno a cancellare la fatica, ma cancelleranno pure il lavoro: benvenuti nella quarta rivoluzione industriale».

 

A questo punto i guru della Silicon Valley e una bella fetta dell'intellighenzia progressista spingono verso l'innovazione e non di fermare la tecnologia. Fino a cancellare completamente il lavoro. «Come si manterranno allora le persone? Semplice: con un sussidio statale, un reddito di cittadinanza, magari finanziato proprio tassando i robot, come ha proposto la divinità digitale chiamata Bill Gates».

Borgonovo, ha pronta la citazione del sociologo Domenico De Masi, che ha pubblicato un saggio sull'argomento, «Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati» (Rizzoli). I disoccupati potranno «organizzarsi attraverso il web, al fine di trovare l'occupazione a loro più gradita, senza il cruccio di dover portare a casa uno stipendio, poiché saranno mantenuti da sussidi pubblici». Si paventa una società come nell'antica Grecia dove i filosofi si dedicavano all'«ozio creativo».

 

Nel 2° capitolo (che fine ha fatto il nostro futuro?), Borgonovo, affronta la questione delle conseguenze dello sviluppo sfrenato della tecnologia. Ci stiamo abituando allo strapotere della tecnica e pertanto gli effetti negativi di questo dominio troppe volte non riusciamo a coglierli. Ecco perché Borgonovo propone di giudicare il nostro presente da uomini del passato, che non sono uomini qualunque, ma dei veri geni, ci tiene a precisare. come Emile Zola (1840-1902), Jules Verne (1828-1905), H.G. Wells (1866-1946), George Bernanos (1888-1948). «Questi monumenti della letteratura occidentale dedicarono profonde riflessioni al rapporto dell'umanità con la tecnologia, e scrissero romanzi, racconti e saggi per mettere in guardia i posteri sugli enormi rischi legati alla creazione del 'mondo delle macchine'».

 

Avevano ragione, ma non sono stati ascoltati come capita spesso. Il caso più eclatante è quello dello scrittore francese Jules Verne, che comunemente viene considerato «il cantore entusiasta della scienza e del progresso, con il suo nome che evoca mirabolanti avventure a bordo di macchine strabilianti». Eppure questo letterato, aveva scritto un saggio che prefigura il nostro presente, dove «le nuove invenzioni hanno portato comodità ed efficienza, ma hanno anche contribuito a disumanizzare l'uomo». In pratica lo scrittore francese aveva predetto l'«era del neutro, dell'individuo disponibile, più simile a una macchina che a un essere umano». Alle stesse conclusioni era giunto Emile Zola, dove in un suo romanzo, racconta di una grande magazzino che manda in rovina i piccoli commercianti locali, «funzione oggi assolta da Amazon», scrive Borgonovo.

 

Altro romanzo significativo è quello di H.G. Wells, dove tratteggia certe compagnie dominanti a Londra, dove «la scienza ha compiuto passi da gigante, in compenso però le disuguaglianze sociali sono aumentate a dismisura. E ciò dimostra – scrive Borgonovo - che il problema non è la macchina in sé, ma il modo in cui viene gestita». Infine Bernanos è stato quello a descrivere meglio di tutti l'abominevole connubio fra capitalismo rapace e tecnologia rampante, raccolte in un volume intitolato «Lo spirito europeo e il mondo delle macchine», (Feltrinelli).

«La conquista del mondo da parte della mostruosa alleanza tra la speculazione e la macchina un giorno apparirà simile non solo alle invasioni di Gengis Khan o di Tamerlano ma alle grandi invasioni così mal conosciute della preistoria». Così scrive va Bernanos.

 

Il dramma vero per lo scrittore era proprio quello della disumanizzazione e della «trasformazione dell'uomo in un robot: il male non sta nelle macchine, ma sta e starà nell'uomo che la civiltà delle macchine va formando. La macchina despiritualizza l'uomo mentre ne accresce mostruosamente il potere».  Attenzione per Borgonovo non stiamo parlando «di reazionari spaventati dal radioso avvenire, ma di pensatori acuminati che hanno fiutato prima di tutti il pericolo». Infatti Bernanos scriveva: «non nego che le macchine siano capaci di rendere più facile la vita. Niente però sta a dimostrare che la possano rendere più felice». Verissimo, soprattutto nel nostro mondo di oggi, in cui «l'uomo ha fatto la macchina e la macchina è diventata uomo, per una specie di inversione diabolica».

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Articolo pubblicato il 29/06/2020