Il danno renale da infezione SARS-CoV-2 e malattia COVID-19

Osservazioni del professor Antonio Ponzetto

Le recenti notizie sul riaccendersi di nuovi focolai di COVID-19 in Italia e in molti Paesi del mondo, non devono solo destare preoccupazioni per la subdola persistenza di questo virus, ma anche, come è già stato ribadito, per la sua continua patogenicità multiorgano.

Attualmente la ricerca medico-scientifica ha potuto constatare sperimentalmente che la SARS–CoV-2 coinvolge anche il rene con una scala di gravità patologica molto variabile.

Sulla base delle ultime segnalazioni, possiamo presumere che altri organi possano essere interessati da questa infezione ancora misteriosa che continuerà, purtroppo, a riservarci nuove infauste sorprese.

Ci giungono in merito le osservazioni del gastroenterologo professor Antonio Ponzetto sul coinvolgimento dell’apparato renale da parte della SARS-CoV-2.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua costante collaborazione, auguriamo una buona lettura dell’articolo che segue.

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Danno renale da infezione SARS-CoV-2 e malattia COVID-19

Quante mamme ricorderanno le mille raccomandazioni del pediatra quando il bambino era affetto da la scarlattina o anche da un semplice mal di gola o dalla tonsillite: “Attenzione alla pipì (urina), se è scura, oppure c’è un po’ di rosso mi chiami subito”. Infatti l’infezione della gola da parte di un batterio, lo Streptococcus pyogenes, è in grado di causare una malattia renale acuta e cronica (la glomerulonefrite).

Tante infezioni, anche banali, hanno avuto – per lo più in passato - come conseguenza immediata la nefrite, in seguito l’insufficienza renale e le sue conseguenze: dapprima l’ipertensione e infine, a distanza di 30-40 anni, la dipendenza dalla dialisi. A causare questa gravissima conseguenza è la risposta immunitaria dell’organismo contro il batterio, che può anche condurre al reumatismo articolare acuto, comunemente noto come “febbre reumatica”.

Il meccanismo riconosciuto è in entrambi i casi il seguente: i globuli bianchi, che devono combattere contro il nemico (il batterio), producono molte citochine pro infiammatorie e moltissime immunoglobuline (IgG).

Il batterio è spesso eliminato, ma le IgG contro gli antigeni batterici, se prodotte in grandi quantità, precipitano nel glomerulo renale, danneggiano le arteriole e come conseguenza attivano le cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti) a loro volta attirate in gran numero dalle citochine pro infiammatorie. Le IgG prodotte contro il batterio inoltre possono reagire contro strutture dell’organismo umano per mimesi molecolare, legandosi alle cellule del rene e delle arterie, causando una malattia cronica evolutiva.

Anche molte altre malattie infettive causano danni renali, dato che tutte le infezioni attivano l’infiammazione e non è stata una sorpresa che, anche nel corso dell’infezione da coronavirus SARS-CoV-2, siano state osservate lesioni renali acute nei pazienti ricoverati.

I primi lavori pubblicati provenivano dalla Cina, dove è iniziata l’epidemia e riportavano, fra l’altro, anche l’insorgenza di insufficienza renale, ma in percentuale così variabile (dallo 0,5% al 29%) che non se ne comprendeva la reale incidenza epidemiologica. Chen riportò che il cinque percento dei pazienti ricoverati a Wuhan avevano una insufficienza renale (1) e Cheng – che esaminò con maggior attenzione i segni nefrologici - notò che, su 701 pazienti, un terzo era arrivato in ospedale già con gravi danni al rene, tanto che il 15% circa necessitava della dialisi (2).

Quando l’epidemia COVID-19 si è diffusa a New York, con un gran numero di casi, uno dei principali complessi di ospedali locali ha studiato a fondo i pazienti che vi affluivano. Hirsch et al. hanno pubblicato un’analisi dei dati di 5.449 pazienti ricoverati con diagnosi di COVID-19 positivi al tampone per il virus: ben 1.993 (36,6%) hanno sviluppato l’insufficienza renale acuta, una metà non in forma grave, ma il 14.3%, cioè poco meno della restante metà, ha avuto necessità di dialisi e/o di trapianto di rene (3).

L’insufficienza renale era insorta soprattutto in pazienti che già soffrivano di insufficienza respiratoria ed in particolare nel 90% degli intubati e nel 20% dei non intubati. Drammatica è stata poi l’osservazione che un terzo dei pazienti, che avevano manifestato l’insufficienza renale, era deceduto.

Ciò si spiega con il meccanismo patogenetico, la tempesta di citochine, che colpisce contemporaneamente sia il rene, sia il polmone, sia il sistema circolatorio.

Per diagnosticare una malattia che colpisce il sistema renale l’esame delle urine è semplice, ma fondamentale (figura 1). Le urine di ogni paziente COVID-19 devono essere controllate, analogamente a quanto il pediatra raccomandava di fare alle mamme dei bambini con il mal di gola. Il 40% di tutti i ricoverati per COVID-19 a New York aveva tracce di sangue nelle urine e un terzo aveva anche globuli bianchi e proteine (segno di danno dei tubuli renali) (3).

Un lavoro cinese studiò l’istologia renale in 26 casi COVID-19 in cui fu fatta un’autopsia. In nove pazienti si vedeva un danno renale e per loro un fattore patogenetico era lo stato protrombotico tipico delle infiammazioni violente (4), infatti nei capillari dei reni si vedevano aggregati di globuli rossi con fibrina.

In questi pazienti l’ipercoagulazione era presente anche a livello polmonare ed in circolo. Inoltre negli stessi soggetti alla microscopia elettronica si vedevano nei tubuli renali particelle rotondeggianti identiche al coronavirus (4). La conclusone che se ne trae è che in alcuni pazienti (fra quelli che soccombono all’infezione) il virus si trova anche nelle cellule renali.

Però quel che ci interessa come pazienti, o meglio come individui, non è tanto ciò che accade a chi purtroppo è grave, in rianimazione, ma cosa accade nella popolazione generale. Uno studio dallo Sichuan, che comprende zone di alta montagna, è molto interessante a questo riguardo.

In questa regione – che ebbe pochi casi di positività a questo coronavirus, un gruppo di 168 individui con tampone positivo per il virus SARS-CoV-2, fu ricoverato in ospedale anche se non aveva alcun sintomo o solo sintomi lievi, solo due soffrirono di insufficienza renale, nessuno nelle zone di montagna di Daofu (5) (figura 2).

È notevole che 3 pazienti erano già in dialisi per una malattia renale. Al ricovero in ospedale l’80% aveva una malattia definita lieve, anche se in totale il 15% presentava il virus in circolo e si sa che il recettore ACE2 per il virus è presente sulle cellule renali. Non sorprende quindi che il 6,9% dei soggetti avesse una positività per il virus alla PCR nelle urine. Tuttavia un modesto 23% di tutti i ricoverati ebbe proteinuria e il 24% globuli rossi o emoglobina nelle urine, che salì al 52,4% in chi soffrì di una forma grave di COVID-19 (5).

In soldoni possiamo concludere che nella popolazione la malattia decorre, in genere, senza problemi renali, a meno che questi non fossero preesistenti. Sappiamo che il diabete mellito e l’ipertensione portano a danni renali (figura 3), quasi sempre perché le arteriole sono ispessite e facilmente occluse da piccoli trombi. Un piccolo danno aggiuntivo per questi pazienti – di solito anziani - può rappresentare il colpo di grazia.

Bibliografia

1-            Chen N, Zhou M, Dong X, et al. Epidemiological and clinical characteristics of 99 cases of 2019 novel coronavirus pneumonia in Wuhan, China: a descriptive study. Lancet. 2020; 395:507–513.

2-            Cheng Y, Luo R, Wang K, et al. Kidney disease is associated with in-hospital death of patients with COVID-19. Kidney Internat. 2020; 97:829-838.

3-            Hirsh JS, Ng JH, Ross DW, et al. Acute kidney injury in patients hospitalized with COVID-19. Kidney Internat. 2020 in press; https://doi.org/10.1016/

4-            Su H, Yang M, Wan C, et al. Renal Histopathological Analysis of 26 Postmortem Findings of Patients With COVID-19 in China. Kidney Int 2020; S0085-2538(20)30369-0. doi: 10.1016/j.kint.2020.04.003.

5-            Hong D, Long L, Wang AY, et al. Kidney manifestations of mild, moderate and severe coronavirus disease 2019: a retrospective cohort study. Clin Kidney J. 2020 May 9: sfaa083.

 

Antonio Ponzetto - Professore di Gastroenterologia

Dipartimento di Scienze Mediche - Università di Torino

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Articolo pubblicato il 01/07/2020