Mes e Punt e Mes

Un punto di dolce e mezzo d'amaro, tra pubblicità e politica economica

Il Punt e Mes, l’aperitivo che piaceva al senatore Giovanni Agnelli, nacque nel 1870. In una pagina web si legge di un cliente che, preso da una discussione sulla crescita di certi titoli di borsa saliti di un punto e mezzo, ordinò il solito Carpano ma questa volta corretto con una mezza dose di china usando una espressione dialettale “Punt e mes”: un punto di dolce e mezzo di amaro.

 

Il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità che ha la funzione di sostenere i Paesi della Unione Europea in crisi, nacque nel 2012. Il Trattato fu firmato da Mario Monti, allora presidente del Governo italiano. Ha un capitale di oltre 700 miliardi di euro, versato solo per 80.

 

L’Italia, dopo Germania e Francia, è il terzo Paese per quote di partecipazione.

Il complesso meccanismo di funzionamento del MES subordina la concessione dei suoi prestiti a condizioni stringanti e particolarmente onerose, che vanno fino alla presenza, nel Paese beneficiario, di ispettori col compito di controllarne le modalità di utilizzo secondo i condizionamenti previsti, concordati con la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea (BCE). Anche per questa specie di commissariamento di fatto alcuni nostri politici si sono dichiarati decisamente contrari all’aiuto del MES.

 

L’entità dei suoi finanziamenti va rapportata al Prodotto interno lordo del Paese richiedente ed alla sua quota di partecipazione al proprio capitale. A domanda, l’Italia potrebbe ottenere pertanto un finanziamento di circa 37 miliardi.

 

Per fronteggiare le enormi difficoltà dei Paesi dell’Unione in questo momento, la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, alle liberalità gratuite di sostegno a chi più ha sperperato indebitandosi.

 

Comunque, le somme, che saranno certamente rivedute prima di essere definitivamente concordate, non potranno essere erogate prima dell’anno prossimo. La esigenza di liquidità, però, è immediata e questo ha indotto a riconsiderare le condizioni dei prestiti MES, le cui regole di funzionamento dovevano già essere modificate con un progetto arenatosi a fine dello scorso anno per le sopravvenute esigenze di contrasto alla pandemia, che ancora affligge il mondo.

 

E’ stato quindi convenuto che i prestiti saranno concessi con un tasso annuo di interesse dello 0,1%, dovranno essere restituiti in 10 anni e dovranno essere usati solo per fronteggiare le spese sanitaria dirette ed indirette imposte dalla pandemia; la sorveglianza ispettiva riguarderà unicamente il loro uso corretto e non anche le altre spese del Paese finanziato. I requisiti di condizionalità, dunque, sono stati standardizzati e semplificati a monte.

 

Venute quindi meno le contrattazioni, che hanno tempi spesso lunghi, le erogazioni di liquidità del MES diventano immediate. Queste nuove regole dovrebbero neutralizzare le inquietudini dei contrari all’utilizzo del finanziamento MES. Resterebbe forse ancora un ostacolo: se l’Italia fosse il solo Paese a chiederlo, potrebbe dare l’impressione di una propria situazione finanziaria drammatica, con implicazioni prospettiche gravose. Il prestito MES va invece valutato come un buon affare, fruibile da tutti i Paesi dell’Unione Europea.

 

In Italia, per un puntiglio, come ormai è chiaro, chi ha detto all’inizio “NO MES”, continua a ripeterlo.

Ma, come fu per il “NO TAV”, sostenuto anch’esso da alcuni ad oltranza per una questione di principio, anche sul “NO MES” deciderà il Parlamento e, prima che sia troppo tardi, come è auspicabile, certamente il Presidente Conte, che non  dice quel che vuole, finirà per  brindare al finanziamento con un Punto e mes, un punto di dolce e mezzo di amaro, da “avvocato del popolo”, per far contenti tutti.  

Si vales valeo.

 

armeno. nardini@bno.eu

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Articolo pubblicato il 04/07/2020