Il nuovo ponte di Genova: retroscena e controsensi

Il viadotto San Giorgio, i controsensi del governo, la contrarietà dei familiari delle vittime, anziani dissapori e qualche sommessa opinione

Il 14 agosto 2018, alle ore 11:36, a causa di un cedimento strutturale, circa 200 m del ponte Morandi di Genova crollarono, trascinando tragicamente nel vuoto 43 vite. La demolizione della struttura restante, iniziata nel febbraio 2019 fu terminata a giugno del medesimo anno e presto, il collegamento tra Riviera di Ponente e Riviera di Levante sarà ripristinato, alleviando almeno un poco il disastroso traffico che si acavalla sull'Autostrada dei Fiori

La demolizione dell'ultimo tratto del ponte Morandi

Infatti, dopo il regalo del progetto da parte dell’arch. Renzo Piano, nell’arco di un anno, i lavori per il nuovo ponte autostradale che scavalca il torrente Polcedera sono giunti al termine. L’inaugurazione del viadotto è prevista entro la fine del mese di luglio, ma già sono sorte numerose polemiche.

Lunedì, il Ministero delle Infrastrutture ha comunicato che il ponte "Renzo Piano", oggi San Giorgio, va consegnato nelle mani del concessionario autostradalein essere al momento”. La voce della ministra De Micheli ha scatenato un caso politico all’interno dello stesso governo, sebbene sulla questione vi sia ancora un’ipotesi di revoca. Una parte del M5s non condivide il ritorno all’Aspi, e di fatto ai Benetton, e sul governo si sono addensate le nubi della bufera. Bonafede e il Pd hanno chiesto una decisione rapida ed è atteso un giudizio della Consulta. Il premier Conte richiama tutti all'ordine.

“Dopo due anni di minacce, immobilismo, proclami, giustizia rimandata, il nuovo viadotto di Genova verrà riconsegnato proprio ad Autostrade, come deciso dal governo Pd-M5s!” Con queste parole, il governatore della Liguria Giovanni Toti è stato il primo a lamentare l’inadeguatezza della proposta del governo, Matteo Salvini ha incalzato, così come FI e Giorgia Meloni, denunciando la doppia faccia dei cinquestellati dopo ben altre dichiarazioni.

In effetti, l’assegnazione all’Aspi, dopo il tragico evento e il vuoto di responsabilità, ha più di un controsenso e consente di puntare il dito sulla decisione, adducendo questioni di convenienza e di attaccamento alle poltrone.

I familiari delle vittime si sono dichiarati “basiti”, intanto e già da tempo, dopo una sofferta riunione, hanno declinato l’invito all’evento inaugurale, stabilendo che l’appuntamento primario è quello col giorno in cui verranno stabilite le responsabilità del tragico crollo e sarà fatta giustizia. Così ha riportato la portavoce del Comitato Vittime del Ponte Morandi Egle Possenti, ringraziando poi il presidente Mattarella per la sua richiesta di sobrietà nella prossima cerimonia ufficiale dedicata all’apertura.

Al termine dei collaudi di staticità quindi, il nuovo ponte verrà consegnato ad Autostrade e poi all’utenza e sarà l’inizio di una nuova storia; ci si augura non abbia ulteriori strascichi. Dopo quanto successo nel 2018 la speranza è quasi una certezza, eppure, a suo tempo, qualche brontolio sul “progetto regalato” da Renzo Piano, si è levato, per poi essere consegnato al silenzio.

L'architetto Renzo Piano

Nel settembre 2018 infatti, l’ing. Edoardo Cosenza, professore di statica all’Università di Napoli, si impuntava sulla donazione del progetto da parte dell’architetto Renzo Piano, stella mondiale in ambito progettuale, ma non per questo l’unica. Il professor Cosenza espresse la sua prima contrarietà sul fatto che non vi fu la scelta di un “miglior progetto” derivato da una gara tra varie proposte, secondo le leggi della libera concorrenza, come correttamente si fa nel caso di queste grandi opere.

La seconda critica era diretta senza mezzi termini verso alcune scelte progettuali. In primis su quella del materiale dell’opera (acciaio), che richiede molta manutenzione; quindi alla morfologia stessa del progetto, reputato elementare e dallo stesso ingegnere paragonato a: “una prova svolta dai propri studenti”; infine, sulla sicurezza strutturale del progetto, che nella sua riproduzione in scala, aveva ceduto durante la prima presentazione pubblica.

Ma la vera indignazione del professor Edoardo Cosenza, era legata al “regalo” della progettazione elargito in pratica ad “Autostrade”, che non aveva problemi economici, mentre invece la costruzione viene pagata dallo Stato e quindi, dai suoi cittadini.

Fermo restando che quella della rapida ricostruzione del viadotto, in questa Italia delle opere mai finite, è una gran bella notizia, alcuni aspetti delle rimostranze espresse dall’ingegner Cosenza meritano attenzione.

Nell’opinione di chi scrive infatti, esprimendosi da pur modesto architetto, il profilo del nuovo ponte non suscita particolare entusiasmo, confrontato in un contesto progettuale internazionale dove i viadotti di queste dimensioni sono progettati sempre più con un occhio all’estetica delle opere; sono i nuovi monumenti nell’epoca dell’acciaio e del cemento.

Il ponte San Giorgio poggia sul simbolico numero di pilastri, tanti quanti quelli delle vittime, che si susseguono con un profilo “a pettine rovesciato”; scelta che lo ha privato di  ardite campate che sarebbero state opportune sia per l’ardimento dell’opera, sia per superare il letto del torrente, poggianti invece su fondazioni in un terreno alluvionale, e molto ravvicinate.

I pilastri poi, al di là dei loro significati, all’occhio paiono molto stretti rispetto all’ampiezza delle carreggiate su cui, sommate al peso proprio delle solette in calcestruzzo, andranno a scorrere X t di traffico in movimento su un tratto rettilineo seguito da curve strette dove entrano in gioco altre forze legate le leggi della statica e della dinamica. Tonnellate non sempre equamente distribuite su entrambe le direttrici di scorrimento, altrimenti garanzia di equilibrio costante e caduta della risultante dei carichi sempre all’interno del terzo medio della base d’appoggio (reminiscenze di statica). 

Ma il pilastro stretto è una tendenza, certamente la stabilità del ponte è fuori discussione e i calcoli ingegneristici saranno andati oltre l’impressione di carenza dimensionale, anche nel caso di traffico pesante su un’unica direttrice di marcia. Questo parere dunque è solo sommesso, sperando in un veniale giudizio dello staff progettuale, ma dopo quanto successo… meglio abbondare che star troppo giusti?

Il vecchio ponte Morandi ormai demolito non verrà dimenticato mai, il nuovo ponte piace, il nuovo ponte è là, fatto e finito. Certo questo è l’aspetto più importante. Che la gestione sia data in fretta e nella giusta direzione da un governo che non brilla per celerità; c’è fretta. E infine, ciò che preme ai familiari in primis e al concetto di giustizia tutto, è che la verità venga presto a galla, smascherando le responsabilità della tragedia che ha profondamente colpito e poi commosso l’Italia intera, e non soltanto quella.

L’importante sarà indagare con professionalità, gli indizi ci sono: acciaio e calcestruzzo hanno le loro leggi, vanno rispettate. Ugualmente quelle della magistratura. In questa Italia delle sette beghe, ultimamente sono in crisi entrambe.

 

 

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Articolo pubblicato il 10/07/2020