Mosè è realmente esistito?

Quando la potenza del mito si impone come realtà

Un recente articolo della rivista on-line Focus.it del 16 gennaio 2015 (ma sono da tempo altre testate giornalistiche a parlarne) pone questo interrogativo, che la tradizione consolidata da millenni ha sempre dato per verità indiscutibile.

 

In fondo le radici del mito e della storia delle origini della civiltà umana affondano  nelle nebbie dell’ imponderabile, che nello stesso tempo crea ed alimenta la convinzione assoluta della veridicità del messaggio stesso.

 

Il caso in questione, cioè se Mosè sia realmente esistito o meno, apre una “querelle” impegnativa e nello stesso tempo complessa per le implicazioni-ripercussioni ben intuibili che comporta.

 

Tuttavia l’occasione ghiotta si è riproposta nel momento in cui il regista Ridley Scott con il film “Exodus - Dei e re”  ha riaperto il dibattito sulla esistenza storica o meno del profeta biblico.

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 Mosè (Christian Bale) nel kolossal di Ridley Scott "Exodus: Dèi e Re"

(2015)|20TH CENTURY FOX

 

La ricerca storica considera Mosè una figura mitico-leggendaria in quanto fino ad ora non sono stati trovati documenti o prove archeologiche indiscutibili che provino che Mosè sarebbe vissuto nel periodo in cui i riferimenti biblici fanno intuire, cioè intorno al 1250 a. C.

 

Inoltre non sono state trovate prove documentali che confermino un “esodo” dall’ Egitto di 600 mila semiti, esclusi donne e bambini, come è scritto nel Libro dell’ Esodo della Bibbia.

    

Le uniche prove documentali attualmente disponibili sono quelle archeologiche riferibili all’ epoca di RAMSES II Il Grande (che regnò fra il 1279 a. C. e il 1213 a. C.), ovvero il Faraone che in linea ipotetica  era stato colui che si era opposto risolutamente alle intenzioni di Mosè. Tuttavia  i reperti archeologici  di questo periodo storico non provano e non parlano del profeta e neppure fanno intravedere un possibile esodo degli Ebrei (Israeliti).

 

Ma è anche vero che all’ archeologia manca tantissima documentazione del regno di questo faraone, sebbene esista un consistente numero di monumenti funerari, ma mancano i reperti degli archivi (ammesso che esistessero)  di Pitom  e Pi-Ramses, le città che furono fatte costruire dal faraone e dove, secondo la Bibbia (Es 1:11), lavoravano gli Ebrei in condizione di schiavitù.

 

Una traccia di verità storica in ogni caso sembra, però, emergere: diversi scavi archeologici documentano che i rapporti tra Egitto e Palestina sono stati frequenti e che genti della Palestina potevano avere abitato (o stazionato) in Egitto in qualunque periodo della sua storia.

 

Interessante in merito è il capitolo dell’ Esodo del libro “Simboli geometrici e astronomici dell’ antico Egitto – Stefano Gasbarri – Editore Kappa, che sintetizza, in base ai dati storico-archeologici disponibili, gli ipotetici eventi di questo  periodo. 

 

 “ … Il fatto che non sono state trovate prove certe non vuol dire che l’Esodo non sia avvenuto; al contrario le circostanze che lo hanno determinato sono confermate da notizie extra-bibliche accertate e dagli scavi archeologici effettuati nella regione indicata dalle Sacre Scritture.

Riassumiamo brevemente le ragioni sulle quali si basa questa affermazione:

1) I faraoni non gradivano affatto tramandare ai posteri le sconfitte da loro subite, specialmente se inflitte da gente miserevole com'erano i Figli d' Isdraele. Inoltre la loro liberazione, enfatizzata dalla Bibbia con immagini spettacolari, fu probabilmente consi-derata dagli Egiziani come un avvenimento di scarso rilievo, ed il miracolo del Mar Rosso come un banale incidente di frontiera. Si potrebbe così spiegare perché l’evento più importante dell’Antico Testamento sia stato ignorato dalle cronache egiziane. L’ipotesi è ancor più credibile se si pensa che gli storici dell’imperatore Tiberio non hanno neanche accennato alla resurrezione di Cristo.

2) Si ritiene che la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli sia avvenuta tra il 1730 ed il 1570 a.C., quando il Delta del Nilo fu governato da sovrani Hycksos, vale a dire nel periodo in cui alcune tribù semite provenienti dalla Siria e dalla Palestina entrarono in Egitto, attratte dai pascoli rigogliosi della regione di Gessen.

Verso il 1570 a.C. i principi tebani si ribellarono contro gli odiati invasori e li respinsero oltre la penisola del Sinai. E’ probabile che in tale occasione i Figli d’ Israele favorirono i nemici degli Egiziani, che in memoria del loro tradimento li condannarono ai lavori  più umilianti e faticosi. La regione di Gessen apparteneva al distretto di Avaris, capitale degli  Hycksos, successivamente chiamata Ramesse, dalla quale fuggirono gli Ebrei di Mosé

3) Stando al Primo Libro dei Re (6/1) l’ Esodo sarebbe avvenuto nel 1446 a.C. Questa notizia non è attendibile perché la città di Ramesse fu edificata due secoli dopo dal faraone Ramses II (1290 - 1224 a.C.).

4) La data dell’Esodo ritenuta più probabile fa riferimento alla cosiddetta Stele della Vittoria in cui per la prima volta un documento egiziano si riferisce al Popolo Eletto. Essa celebra il faraone Merenptah (1224 - 1204 a.C.), successore di Ramses II, che nel quinto anno del suo regno sottomise alcune città palestinesi:

“ E’ stata saccheggiata la terra di Canaan; Ascalona è caduta, Gezer conquistata, Jenoam incendiata. Israele, per la grande distruzione subita, non avrà mai più generazioni “

Se nel 1220 a.C. gli Ebrei di Mosè non si erano ancora insediati in una città della Palestina, e considerato che per circa quarant’anni vagarono tra le montagne del Sinai alla ricerca della Terra Promessa, si può presumere che la loro fuga dall’ Egitto sia avvenuta nel periodo compreso tra il 1220 e 1250 a.C. vale a dire durante gli ultimi anni del regno di Ramses II. …”

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La stele di Merenptah proverebbe che nel 1208/9 a.C. gli Ebrei erano in Palestina.

 

Tuttavia gli storici sembrano concordare su di un punto: l'esodo degli Ebrei dall'Egitto, almeno nei termini in cui è raccontato nella Bibbia, non c'è stato. Ma non si possono escludere ipotetiche "fughe-mini migrazioni" di poche centinaia o migliaia di Ebrei (Israeliti), per motivi che ci sfuggono ma plausibili, dall'Egitto verso l’ attuale Medio Oriente.

 

Tra gli indizi che aiuterebbero a supportare questa ipotesi, a datarne l'esodo, e quindi la presenza di Ebrei (Israeliti) nella terra di Canaan, vi è la Stele di Merenptah (1208/9 a.C.) , il faraone egiziano successore di Ramses II

 

Sull'iscrizione compare un gruppo denominato Israele tra i popoli che abitavano in Siria-Palestina. E questa è la più antica testimonianza archeologica che attualmente abbiamo a disposizione.

 

Una successiva menzione di Israele in un documento extra-biblico è quella di Shalmeneser III (sovrano del Regno Assiro, 883 – 824 a. C.), che registrò la partecipazione di “Ahab l’ Israelita” nella battaglia di Qarqar (Siria) nell’ 853 a. C.


I testi assiri citano che Acab (Ahab) d’ Israele partecipò con un fanteria di 10 mila uomini e 2 mila arcieri. La battaglia di Qarqar non è menzionata dalla Bibbia e non si sarebbe mai saputo del coinvolgimento di re Acab (Ahab) se le cronache di Shalmaneser III non lo avessero citato. 

   

Tutto sommato in presenza di consolidati indizi mitici, di parziali e marginali  prove documentali, di un corollario di interferenze apocrife, le posizioni degli storici e ricercatori sembrano ancora inconciliabili per una versione definitivamente condivisa.


Non poteva che essere così, tenendo conto che l’ essenza fondamentale di una religione rivelata e il contesto ambientale e narrativo che la caratterizza, non potranno mai scendere a misurarsi totalmente con le ragioni razionali-oggettive della ricerca storica.

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Articolo pubblicato il 08/09/2015