“Storie del vecchio Piemonte” alla Biblioteca civica Natalia Ginzburg

Una conferenza dedicata al borgo San Salvario ormai scomparso

A Torino, presso la Biblioteca civica Natalia Ginzburg, in via Cesare Lombroso n. 16, si terrà un ciclo di incontri a cura di Juri Bossuto, Pietro Cappè, Milo Julini, Ivano Leonzio e Angelo Toppino, intitolato “Storie del vecchio Piemonte. Appunti sulla vita, l’arte e la cultura dell’Ottocento di Torino e del Piemonte”. 

Gli incontri si terranno nella Sala Mario Molinari, nei giorni di mercoledì 15 e 29 gennaio, 12 e 26 febbraio, 12 e 26 marzo, alle ore 15.00. 


 

L’incontro di mercoledì 26 febbraio sarà intitolato “Da via Burdin a via Valtorta, dal Giulimosso all’isola d’Armida: itinerario nel borgo San Salvario scomparso” ed avrà come relatore Milo Julini. 

Si parlerà di vie e di piazze che hanno mutato nome, di una via scomparsa, dopo aver per lungo tempo caratterizzato il quartiere, vittima di Piani Regolatori e della rigida griglia viaria di Torino, e di una isoletta che sorgeva nel Po, ai tempi della Torino post-unitaria.  

La costruzione del Borgo San Salvario risale al 1847, quando regnava Carlo Alberto. Impiegando i nomi delle attuali vie, il Borgo San Salvario ha come limiti il corso Vittorio Emanuele II, dalla Stazione di Porta Nuova al fiume Po (corso del Re);

il fiume Po; la ferrovia di Porta Nuova.

Nel 1861, alla proclamazione del Regno d’Italia, il Borgo San Salvario era ancora in costruzione. Comprendeva soltanto gli edifici costruiti nel primo tratto di via Nizza e quelli posti sul lato della stazione di Porta Nuova, lungo il corso Vittorio Emanuele II, dove, dal 1853, sorgeva il Tempio Valdese.

Negli anni Settanta dell’Ottocento, il Borgo si è espanso: nel 1867 le costruzioni hanno raggiunto e superato il corso Valentino (corso Guglielmo Marconi); nel 1874 è iniziata la costruzione di case lungo la via Nizza, fino alla via Bidone.

Il Giulimosso è l’antica denominazione dell’area poi occupata, in parte, dalla piazza Nizza, nome assunto dal febbraio 1876.

La via Burdin oggi si chiama via Giuseppe Giacosa, come ricorda una targa stradale ormai semicancellata.

La via Burdin è stata aperta nel 1854, dedicata ai fratelli Burdin, provenienti da Chambery, che per primi hanno avviato in Torino, nel 1822, uno stabilimento agrario botanico (Torricella, 1868). I fratelli Burdin sono considerati dei benefattori.

Il loro stabilimento in pochi anni ha avuto un forte incremento ed ha conseguito notorietà anche all’estero. Carlo Alberto lo ha fregiato del titolo di Regio.

Si componeva, nel 1840, di un giardino principale  con un altro attiguo in San Salvario, e di due piantonaie, una sulla strada di Stupinigi e l’altra in Vanchiglia.

Questa importante struttura botanica ha dato il nome anche ad un’altra via, via dei Fiori, oggi via Belfiore.

Via dei Fiori è stata aperta nel 1853, su un’area prima occupata dallo Stabilimento agrario botanico di F. Burdin e questa località era destinata alla coltivazione delle piante c.d. fine e degli arbusti ornamentali (Torricella, 1868).

Dopo piazza Nizza, lungo la via Nizza non sorgono più case oltre l’attuale corso Raffaello, tranne le casette che fronteggiano la Scuola Veterinaria e la chiesa del Sacro Cuore (la Pertusa): non sono più quelle attuali, perché costituiscono un unico blocco non attraversato dalle vie trasversali come l’attuale via Petrarca.

Lungo il percorso di via Nizza, si trovano alcune grosse cascine: il Maggiordomo, il Fessia, la Passerona, e alcuni stabilimenti.

Nella vasta area quadrangolare che possiamo circoscrivere tra via Nizza, corso Raffaello, il fiume Po e la Cinta Daziaria (corso Bramante), vi sono pochissime costruzioni sparse, tra cui il Correzionale delle Prostitute posto nella zona del Liceo Alfieri, in corso Dante angolo via Ormea, e canali di irrigazione.

L’ordinata costruzione delle case ha fatto scomparire la via Valtorta, che parte dalla via Nizza, all’altezza di via Bidone.

Sorta lungo il percorso di uno dei tanti rivi e fossi che, in passato, solcavano la campagna pianeggiante per scaricarsi nel Po, la via Valtorta ha un andamento obliquo che raggiunge all’incirca il punto dove oggi il corso Bramante si immette sul ponte Franco Balbis.

In questo punto nel Po si trova l’isola di Armida, un piccolo isolotto dove si trova una trattoria.

Per alcuni anni, l’isola viene raggiunta da un battello turistico per escursioni, con la musica a bordo. Rappresenta uno dei luoghi di divertimento popolare dei torinesi.

Una passeggiata festiva, consigliata nel 1877 dalla “Gazzetta Piemontese”, prevede la partenza dal sobborgo della Crocetta che con molti nuovi edifici si sta unendo alla città, col nuovo cavalca ferrovia di corso Sommeiller si arriva in San Salvario, poi si va alla Barriera di Nizza (piazza Carducci).

Da qui si raggiunge l’Isola di Armida, oggi ricordata grazie ai suoi canottieri.

L’Isola di Armida, infatti, ha dato il nome alla Società Canottieri Armida (1869).

Come ricorda il sito della Società, in origine prendeva il nome di “Mek-Mek”, ed era nata nel 1869 dalla fusione con i Flik-Flok.

Il 25 febbraio 1874, su proposta del presidente Duroni, i soci decidono di modificare il nome sociale assumendo quello di “Armida”, mai più abbandonato.

Si conclude così l’itinerario virtuale proposto da questa conferenza.


Biblioteca civica Natalia Ginzburg

via Cesare Lombroso, 16 - tel. 0114437671/72 - linee GTT: 9 - 16 - 18 - 67, Metro Marconi

orario: lun. 15.00-22.00; mar. 14.00-19.45; mer. 14.00-22.00; da giov. a sab. 8.15-14.00


Storie del vecchio Piemonte. Appunti sulla vita, l’arte e la cultura dell’Ottocento di Torino e del Piemonte

26 febbraio,

12 e 26 marzo,

alle ore 15.00.

INGRESSO LIBERO

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Articolo pubblicato il 22/02/2014