I “Big Eyes” di Aurelio Bertiglia

Il disegnatore torinese è noto per i suoi bambini paffuti con grandi occhi tondi

L’anno 2014 si è concluso anche con i ripetuti trailer del film “Big Eyes”, diretto da Tim Burton che ricostruisce la vicenda del sedicente pittore Walter Keane che, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, si gloriava (e si arricchiva) grazie ai ritratti dipinti della moglie Margaret, caratterizzati da grandi e profondi occhi: i “Big Eyes” del titolo.

Questo film mi ha richiamato alla mente un racconto poliziesco di Edgar Wallace dove i protagonisti marito e moglie sono entrambi litigiosi scrittori di successo (sarebbe interessante vedere se Wallace ha anticipato il vero caso dei coniugi Keane!) ma soprattutto le cartoline dell’illustratore torinese Aurelio Bertiglia.

Ho conosciuto l’opera di Bertiglia grazie a mia moglie Donatella, appassionata collezionista di cartoline e molto interessata a quelle con bambini, soggetto dove Bertiglia ha creato un suo genere particolare. 

Aurelio Bertiglia è nato a Torino il 23 giugno 1891. In due diversi periodi, dal 1920 al 1929 e dal 1947 al 1963, ha abitato a Cantavenna (Alessandria). Di qui, nel 1963 si è stabilito per sempre a Roma dove è morto il 2 ottobre 1973. È sepolto al Cimitero di Prima Porta.

Le notizie biografiche reperibili sono piuttosto scarse e talvolta contraddittorie.

Il maggior esperto di Bertiglia è il collezionista torinese Giulio Alsona Bertazzi, che ha iniziato a renderlo noto al grande pubblico dal 1990, in occasione degli incontri dell’Apac (Associazione piemontese amatori cartoline) di cui era presidente.  Giulio Alsona Bertazzi ha paragonato Bertiglia a Emilio Salgari: come questo, era povero e con una “mente fertile”. È anche emerso che Bertiglia è stato il creatore dei primi carri allegorici del Carnevale di Chivasso e del Presepe animato di via Po. 

Era in pratica un autodidatta, ha iniziato una attività molto intensa già quando era molto giovane, fin dai quattordici anni, ed è stato illustratore, disegnatore pubblicitario e di moda, caricaturista, pittore.

La sua produzione è grandissima e assai variegata.

Giulio Alsona Bertazzi che ha pazientemente raccolto i lavori in cartolina di Bertiglia parla di più di tremila disegni diversi che portano a considerarlo “il più prolifico disegnatore di tutto il mondo”. Anche gli stili adottati da Bertiglia sono così profondamente differenti che quasi non è possibile riconoscerli come opera  dello stesso autore.

L’opera di Bertiglia è stata raccolta e suddivisa da Giulio Alsona Bertazzi in ben cinque volumi pubblicati fra il 2008 e il 2011 dall’editore Vaccari di Vignola (Modena), col titolo “Le cartoline di A. Bertiglia”.

Il volume I raccoglie questi temi: doppi sensi, musica, arti e mestieri, costume e società.

Il volume II comprende le grandi serie, costumi, lo sport, cani, al mare, fiori, la corrida, giochi, effetti acque, surreali, Topolino.

Nel volume III appare la tematica augurale, dove predomina il “Buon Natale” e la “Buona Pasqua”, ma sono presenti anche il “Buon compleanno” e il “Buon onomastico”.

Nel volume IV si trovano i temi del regionalismo, paesaggistica, commemorative, politiche e pubblicitarie.

Il volume V è dedicato al glamour, osé, moda e miscellanea (spartiti musicali, bozzetti, disegni, quadri, etichette, fotografie, menù, biglietti augurali, figurine, locandine, e molto altro ancora).

Come si diceva, Bertiglia è soprattutto noto per i bambini paffuti con grandi occhi tondi sgranati e  con una testa impercettibilmente sproporzionata rispetto al minuscolo corpo.

Giulio Alsona Bertazzi parla di bambini vestiti da adulti che degli adulti presentano tutti i difetti.

In effetti questi bambini vivono, in maniera ironica, tutte le situazioni degli adulti, i maschietti lavorano e corteggiano, con maggiore o minor fortuna, partner dagli occhi languidi e dalle pose provocanti. Le bambine svolgono attività tipicamente “donnesche”, come si diceva al tempo, oppure fanno le gran dame, le seduttrici, vivono situazioni amorose fortunate oppure infelici che si concludono con lacrime disperate. Maschietti e femminucce patiscono per la gelosia o vivono tranquille storie sentimentali…

Con questi piccoli uomini e queste piccole donne, durante la Grande Guerra (1915-18) Bertiglia realizza gradevoli cartoline propagandistiche a tema anti-austriaco, anti-tedesco e anti-turco dove i bambini indossano uniformi e abbigliamento tipici delle varie nazioni belligeranti.

Subito dopo la fine del conflitto, le Edizioni d’Arte Chierichetti di Milano gli richiedono una serie dedicata alle canzoni allora in voga. Bertiglia immagina lo spartito che si lacera e lascia scorgere spiritose scenette ispirate dalle parole del testo, interpretate dai bambini dai grandi occhi con tutte le declinazioni del tema amoroso, dolci, tenere, appassionate, afflitte, disperate, talvolta audaci.

Disegna poi una serie dedicata ai mestieri, con sussiegosi bambini che esercitano la loro attività.

E ancora Bertiglia colloca i suoi bambini sotto gli alberi di Natale, li fa sbucare dalle uova pasquali, celebrare il carnevale, sorridere e beneaugurare. Con l’avvento del fascismo, li veste con camicia nera e fez.

Bertiglia riprende a disegnare cartoline di propaganda in concomitanza con la Guerra d'Etiopia: i suoi bambini in uniforme coloniale portano la civiltà ai popoli africani e divulgano l’abolizione della schiavitù.

Anche per la seconda Guerra Mondiale, Bertiglia disegna cartoline di propaganda: questa volta ai bambini italiani, nella parte degli amici, si affiancano bambini tedeschi e giapponesi mentre quelli inglesi sono i loro avversari.

Tutti indossano uniformi militari ma non appaiono mai in situazioni cruente.

Come abbiamo visto nell’indice dei volumi che raccolgono la sua opera, Bertiglia non ha disegnato soltanto bambini: ha creato, tra l’altro, anche seducenti signorine glamour poco vestite.

Ma questo esula dal tema dei bambini dai grandi occhi, i “Big Eyes” che mi hanno portato a questa sua rievocazione.

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Articolo pubblicato il 02/01/2015