La sovrapopolazione mondiale sarà di ostacolo al miglioramento dei livelli di vita

La riflessione di un esperto attraverso i dati numerici

Un metodo generale che privilegi l’ utilizzo dei “numeri” per riflettere su argomenti di natura sociale, economica, demografica, ecc. è assolutamente necessario per evitare di uscire dalla razionalità e dalla coerenza del ragionamento stesso.

E’ quanto intende ribadire il dr. Antonio Cravioglio, esperto di economia e finanza pubblica, con il suo articolo sotto riportato “La sovrapopolazione mondiale sarà di ostacolo al miglioramento dei livelli di vita”.

I prevedibili conflitti nelle diverse aree del mondo per il controllo delle risorse vitali ed indispensabili alla sopravvivenza, imputabili alla esplosione delle diverse bombe demografiche attualmente incontrollabili (africane, indo-asiatiche, ecc.), rappresentano un problema epocale, ineludibile e spaventosamente complesso da interpretare per proporre soluzioni praticabili.


Come sempre, davanti alla complessità di fenomeni di questa natura e dimensioni, le diverse opinioni in merito legittimamente si sprecano, sovente anche con sconfinamenti in sproloqui e polemiche fuori tema.

Pertanto l’ Autore, paventando questo rischio, con l’ articolo proposto, intende offrire una sua opinione per invitare i lettori a “ragionare” liberamente, sempre tenendo conto dei “numeri” che in ogni caso rappresentano realtà difficilmente manipolabili e che condizionano, come macigni, il futuro della società e i destini del mondo intero.

Un ringraziamento all’ Autore e buona lettura.

LA SOVRAPOPOLAZIONE MONDIALE SARA' DI OSTACOLO AL MIGLIORAMENTO DEI LIVELLI DI VITA.

Quando si vuole discutere intorno ai problemi demografici del pianeta, è indispensabile ricordare che nel corso dei secoli passati, fino agli inizi del XVI secolo, natalità e mortalità erano rimaste in una situazione di sostanziale equilibrio, tanto che all'epoca della scoperta dell'America la popolazione mondiale si aggirava intorno ai 400-450 milioni.

In effetti, a fronte di tassi di natalità elevati, la mortalità falcidiava, già dai primi anni di vita, in misura di poco inferiore (e talvolta in occasione di pestilenze e carestie, si creavano addirittura pesanti vuoti generazionali).

E' con la diffusione delle scoperte scientifiche e poi con l'avvento della "rivoluzione industriale" che i dati demografici fanno segnare incrementi sempre più accentuati, fino a diventare una vera e propria "bomba" a partire dal secondo dopoguerra.

Ricapitoliamo qualche dato: intorno all'anno 1900 la popolazione mondiale si aggirava su 1.700 milioni; nel 1950 eravamo già 2.550 milioni, con l'Asia che si era portata ad oltre 1.400, l'Africa a circa 240 e gli altri continenti che presentavano aumenti più o meno allineati tra loro.

Arriviamo all'anno 2000 e ci accorgiamo di puntare ad oltre 6 miliardi, con Asia ed Africa che si contendono i maggiori tassi di incremento.

Oggi (dati 2013-14) abbiamo già superato la soglia dei 7,1 miliardi, principalmente per effetto del continuo incremento asiatico (4.300, con qualche attenuazione rispetto al periodo precedente, quindi inferiore al pur sempre elevato tasso del 2% annuo), ma soprattutto di quello africano che con oltre 1.075 segna un tasso di quasi il 3% annuo!


Le proiezioni per l'immediato futuro sono esplosive: nessuno ipotizza per la fine del secolo meno di 10,5 miliardi e molti indicano cifre sopra 11 e fino a 12 miliardi, con il continente africano che potrebbe raggiungere quota 3 miliardi!

Attualmente la popolazione cresce al ritmo di circa un milione ogni sei giorni, ovvero più di 60 milioni l'anno.

Si pensi, per passare dai dati generali a quelli specifici a titolo di esempio, che per la Nigeria si ipotizza una popolazione fino a 700 milioni, dai 170 odierni (stanziati su un territorio che è solo il triplo di quello italiano, quindi si arriverebbe ad una densità di circa 800 abitanti /kmq); per l' India, da 1.260 a 1.700 milioni (circa 500 abitanti/kmq), in un contesto dove i suoi vicini immediati, Pakistan e Bangladesh, non stanno certo a... guardare. 


Superfluo osservare che, in questi come in molti altri casi, non è da escludere la prospettiva di conflitti globali con gli stati limitrofi per il controllo di risorse che diventano sempre più scarse, a cominciare dall'acqua potabile, in conseguenza appunto dell' impetuosa crescita demografica.


La questione è fortemente dibattuta; sotto il profilo ideologico, vari autori pongono l'accento principalmente in termini di salvaguardia dell'ambiente; altri enfatizzano il ruolo dell'istruzione e delle infrastrutture come determinante per assicurare "a tutti" (sic) un adeguato grado di benessere, mentre altri ancora non si discostano dai concetti "biblici" che intendono la fecondità umana come fenomeno comunque positivo.

L'opinione degli esperti di fenomeni economici e demografici appare alquanto divergente; infatti, passando in rassegna varie ricerche, si ha la percezione che la questione più generale della dirompente crescita demografica e della sua compatibilità con l'obiettivo del miglioramento dei livelli di vita (ovvero, non solo "sviluppo economico", ma anche in termini di qualità della vita) non sia risolvibile in un'ottica filosofico-religiosa, bensì richieda uno sforzo titanico, articolato su più fronti e comunque dagli esiti assai incerti.

La problematica è dunque molto complessa e stupisce che nelle polemiche ormai quotidiane sui tremendi movimenti di migranti in atto, si inseriscano temi di raffronto con i fenomeni migratori che interessarono le Americhe per molti decenni a partire dall'Ottocento; infatti, sia in varie "tavole rotonde" televisive che su alcuni quotidiani a diffusione nazionale, si sottolinea con enfasi il fatto che gli Stati Uniti hanno ricevuto sviluppo e benessere dalle migliaia di italiani che, tra gli altri, sbarcarono nel nuovo continente.

Ovviamente non si precisa che nel 1870 in quell'immenso Paese vivevano meno di 15 milioni di abitanti, ovvero nemmeno due per kmq di quelle vaste terre, e vi era una formidabile necessità di braccia, sia per l'agricoltura e gli allevamenti, sia per le nascenti industrie.

La parola "disoccupazione" vi era totalmente sconosciuta!

Stupisce la disinvoltura con cui si vogliono sopire le motivate preoccupazioni dell'opinione pubblica, tacendo del tutto sulle proiezioni esplicitate dai macrodati soprariportati.

Un'analisi più seria e credibile è espressa da quei demografi che segnalano il persistente invecchiamento della popolazione europea, in particolare in alcuni stati come la Germania, e vedono nell'immigrazione un fattore che potrebbe essere positivo - a determinate condizioni - sotto questi profili.


Oggi comunque tutti sappiamo che l'Europa, e l'Italia in particolare, ha una disoccu-pazione elevatissima (24 milioni di disoccupati europei, di cui oltre 3,3 italiani!); in alcune aree è sovra popolata rispetto alla consistenza dei territori ed inoltre presenta innumerevoli criticità ambientali (fenomeni idrogeologici, inquinamento, ecc.) lungi dall'essere risolte.

I sostenitori dell'immigrazione rimproverano agli oppositori di fare leva sulle emozioni anziché sulla ragione - il che è pur vero - ma essi stessi commettono con molta frequenza il medesimo errore, richiamandosi a concetti di generico pietismo senza alcuna prospettiva di medio periodo. Insomma, la "retorica emozionale" è purtroppo l'ispiratrice di entrambi gli schieramenti, mentre risulta assente una lucida e fredda razionalità.

Occorrono quindi urgentemente delle progettualità per trovare soluzioni concrete, tanto più che i flussi verso l'Europa potranno diventare sempre più intensi (c'è chi azzarda la cifra di cinquanta milioni di migranti nel giro dei prossimi dieci anni!), in conseguenza appunto della persistente bomba demografica africana che nessuno disinnesca.

In un prossimo lavoro cercheremo di approfondire questi aspetti con riferimento

specifico all'Italia.


Antonio Cravioglio

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Articolo pubblicato il 08/10/2015