Tre passi DENTRO MONDI IRREALI

Tra meraviglie virtuali elettroniche e oniriche, sperduti nella sottile terra di confine tra l'illusione e la realtŕ

Cosa è reale e cosa no? Come facciamo a stabilirlo?

Che si parli di un mondo virtuale o un mondo immaginifico come quello dei sogni, il confine tra il tangibile e concreto mondo reale è sempre difficile da tracciare, specie per chi si trova all'interno dell'illusione da così tanto da non riuscire più a distinguerlo dalla realtà.

Uno dei primi film che ricordi a parlare di "mondi virtuali", nel senso puramente informatico del termine in questo caso, fu "Il tagliaerbe", racconto horror-fantascientifico diretto da Brett Leonard e ispirato (molto poco) a un omonimo racconto di Stephen King.

Grazie a un mix di farmaci sperimentali e una tuta (per quei tempi) all'avanguardia nella realtà virtuale, il brillante ricercatore interpretato da Pierce Brosnan prova ad "ampliare la mente" e recuperare il deficit mentale del problematico personaggio di Jeff Fahey, bistrattato ragazzo di provincia che essendo più lento di mente è oggetto di lazzi e derisione da parte dei suoi coetanei e soprusi quotidiani da parte di alcuni violenti del luogo, compreso il prete che lo ospita a cui il poveretto è assoggettato mentalmente e fisicamente.


L'esperimento riesce con successo ad aiutare il ragazzo, ma l'avidità di un collega ricercatore intenzionato a sfruttare le ricerche a beneficio militare dell'esercito stravolge ovviamente la situazione, trasformando il giovane e fino ad allora innocente da sfortunato ritardato ad uno spietato killer assetato di vendetta e soprattutto di un potere sempre più grande, fino al delirio di onnipotenza di riversare la sua intera essenza vitale nel "mondo virtuale" dove si accede tramite la famosa tuta di cui prima e diventare un vero e proprio organismo vivente all'interno del computer, libero di circolare ovunque alla velocità della luce, entrando e uscendo da ogni sistema tramite le normali connessioni telefoniche.

Un'ottima storia (coi soliti e affidabili "stereotipi kinghiani") che proponeva in modo credibile forse per la prima volta la realtà virtuale nel mondo dei computer, allora pura avanguardia quasi fantascientifica eppure oggi realtà sempre più prossima a diventare quasi di uso quotidiano, basta vedere per esempio gli sforzi di numerose software house e multinazionali sempre più vicine al lancio dei loro "visori" per farci accedere dentro mondi virtuali, come il conosciutissimo "Oculus Rift" oppure il famoso "Morpheus" che dovrebbe funzionare con le console Playstation di ultima generazione.

Tutt'altro tipo di mondo irreale è invece quello in cui è ambientato "Una pura formalità", bellissimo film del 1994 di Giuseppe Tornatore.

Quello che infatti sembra un normale interrogatorio tra un sospetto e un commissario in uno sperduto e diroccato distretto di Polizia, finisce poi per diventare e trasformarsi in qualcosa di completamente diverso sotto gli occhi dello spettatore, costretto quindi a rimettere in discussione tutto quello che aveva guardato fino a quel momento.

Grandiose poi le prove di tutti gli attori, dai più secondari come Sergio Rubini e Tano Cimarosa fino ai protagonisti e "antagonisti" destinati ad un duello verbale che durerà tutta la notte, alla ricerca di una terribile e dimenticata verità.

Fantastico il duo composto da Gérard Depardieu e Roman Polanski, il primo scrittore di successo caduto in disgrazia ed il secondo commissario di polizia "lettore accanito" delle opere del primo, un ometto dalla parlata svelta e la mente sveglia pronto a tutto "per risolvere il caso" che lo vede costretto allo scontro/confronto contro il suo idolo letterario.


Un film che ci immerge in un'atmosfera surreale fin dal principio, senza bisogno di scenografie mastodontiche o effetti speciali super miliardari, ma grazie a una messa in scena semplicissima diretta con ineguagliabile mestiere da parte di Tornatore, in quello che personalmente ritengo in assoluto il miglior film del regista italiano, ancora meglio del (seppur altrettanto bellissimo) suo forse più famoso "Nuovo Cinema Paradiso".

Parlando poi di un altro regista capace come pochi di mescolare il sogno alla realtà, menzione merita allora lo strepitoso "Strade perdute", film del 1997 diretto dal "maestro del cinema onirico" David Lynch, le cui storie sono sempre sospese a metà tra il credibile e l'incredibile e la cui regia è capace come poche di immergere lo spettatore dentro densi e caldi sogni di "piacere visivo" quasi tangibile, sogni che possono trasformarsi senza preavviso in incubi deliranti abitati dai più mostruosi e disumani demoni primordiali.


Partendo da un jazzista tormentato da orrendi visioni e misteriosi personaggi che lo porteranno sull'orlo della follia a uccidere (o forse no) la sua amante e compagna, il film si snoda poi "virando all'improvviso", ma in modo geniale, sulle vicissitudini invece di un giovane meccanico che fa il filo alla donna sbagliata, compagna di un boss del crimine, la quale ha molto a che fare con il jazzista impazzito della prima parte del film, che chiuderà finalmente le fila con un terzo atto di vendetta e di angoscia dove tutti i nodi dei vari personaggi di questa storia "malata" verranno finalmente al pettine.

Una storia che vive sul filo del rasoio del sogno e la realtà, continuando a sanguinare ma senza mai "tagliarsi" via dagli occhi affascinati e ipnotizzati dello spettatore, il quale vive i titoli di coda come il sorgere del sole dopo un lungo, strano e spossante incubo, ma anche al contempo bellissimo e romantico sogno vissuto ad occhi aperti.


Sempre restando in tema di sogni, menzione merita anche il bellissimo "Apri gli occhi", film del 1997 di Alejandro Amenábar, remakizzato senza alcuna fantasia pochi anni più tardi nella sua versione americana chiamata "Vanilla Sky".

Partendo dal protagonista dal volto mascherato rinchiuso in un manicomio dove racconta la sua storia a uno psicologo, la storia si snoda attraverso la sua disavventura di uomo ricco e di successo che dopo un terribile incidente d'auto si ritrova orribilmente sfigurato.


Incapace di accettare la sua nuova situazione il giovane si lascia andare ad un vortice auto-distruttivo di solitudine e follia, quando un giorno come se niente fosse i chirurghi dicono di poter ricostruire il suo volto e ridargli indietro la felice vita che aveva perso, ritrovando perfino il suo amore che aveva conquistato poco prima dell'incidente.

Tutto troppo bello per essere vero, infatti il protagonista si scopre sempre più in dubbio riguardo al fatto che ciò che lo circonda sia effettivamente la realtà o una sorta di allucinazione o strano sogno.


Bravissimi i vari attori protagonisti, dal giovane Eduardo Noriega (molto più convincente della controparte americana, il solito belloccio buono per tutte le stagioni Tom Cruise) e la sempreverde e bellissima Penelope Cruz (presente invece anche nel remake nello stesso ruolo), protagonisti di una storia d'amore forse reale o forse immaginaria, diretta con semplice bravura ed essenzialità dal molto bravo Amenábar, dotatissimo regista spagnolo che pochi anni più tardi produrrà poi "The Others".

Altro film dove è difficile scindere il reale dall'irreale, questa volta sospeso tra il mondo degli spiriti e quello dei viventi, in una casa infestata dove l'iper-protettiva madre Nicole Kidman vive in completo isolamento assieme ai due figli, terribilmente "allergici" alla luce del sole e sempre più convinti di impalpabili ma innegabili presenze estranee alla famiglia all'interno delle mura domestiche.


L'arrivo di uno strano trio di servitori e cameriere complicherà poi ulteriormente la trama, oltre al temporaneo ritorno del marito a lungo scomparso in guerra, per la povera protagonista e i suoi figli che temono sempre più per la loro incolumità e sanità mentale.

Un horror vecchio stampo che dimostra come non ci sia poi bisogno a tutti i costi di sangue e budella ai quattro venti per mettere ansia allo spettatore e costruire delle ottime sequenze cariche di tensione, ma è più che sufficiente l'ottimo mestiere del regista dietro la macchina da presa e la bravura recitativa degli attori davanti ad essa, su tutti includiamo anche i due bambini Alakina Mann e James Bentley, che ben si contrappongono con la loro curiosità ed euforia giovanile alla controllatissima e rigida madre messa in scena ottimamente dalla Kidman.


Tornando poi alla realtà virtuale computerizzata, lo stesso anno dell'uscita dello strafamosissimo "Matrix" uscì poi più in sordina un altro film, rivalutato poi in un secondo tempo e diventato un piccolo cult tra gli appassionati di cinema del web e non.

Il film in questione è "Il Tredicesimo Piano", film del 1999 di Josef Rusnak, dove il duo di programmatori composto da Craig Bierko e Vincent D'Onofrio creano un immenso "mondo simulato" al computer, ambientato nella Los Angeles "color seppia" degli anni '30 e popolato da una moltitudine di intelligenze artificiali, ognuna con la propria personalità e convinta di essere reale vivendo beatamente ignara la sua esistenza.


Ma il loro vecchio capo (un sempre bravo Armin Mueller-Stahl) viene ritrovato morto e i due amici scoprono che aveva lasciato alcuni indizi per smascherare il suo assasssino proprio all'interno della loro immensa simulazione di vita.

Un ottimo film che saltella allegramente tra fantascienza, giallo e noir... specie nelle magnifiche scene nella Los Angeles anni '30, dove i protagonisti incontrano sbigottiti i loro "doppioni virtuali" oppure entrano in possesso dei loro corpi dominandone le azioni.


Avendolo nominato prima, è quasi d'obbligo poi parlare della trilogia dei "Matrix" dei registi Andy e Lana Wachowski, spettacolare epopea digitale "post-atomica" di eterna guerra tra l'uomo e la macchina.

Dopo aver oscurato il sole con delle nubi eterne poco prima di perdere la guerra, gli uomini sono catturati e fatti schiavi al servizio delle macchine... ignari schiavi collegati a un mondo virtuale che credono di vivere tranquillamente le loro vite come era all'epoca del 20mo secolo, ma in realtà ridotti a poco più che "fonti energetiche" con cui le macchine alimentano le loro necessità una volta svanita la luce solare, "coltivando" letteralmente intere generazioni di essere umani per poi usarli semplicemente come "batterie viventi", da inserire e rimuovere a piacimento nelle immense colonne dei loro generatori basati sulle calorie e l'elettricità prodotte dai corpi umani.


Ed è proprio in questo mondo fittizio che si svolge gran parte della vicenda, alternando la scena all'ultima città sulla terra popolata dagli uomini nonchè obiettivo finale dell'esercito delle macchine, la sotterranea e sovrappopolatissima "Zion".

Alcuni ribelli si muovono infatti furtivamente dentro il finto mondo di "Matrix", alla ricerca di un particolare individuo capace di riprogrammare la simulazione a suo piacimento e mettere finalmente in ginocchio l'esercito delle macchine, ponendo fine a una secolare e interminabile guerra oltre che alla incosapevole schiavitù di tutta la razza umana.

Una bellissima trilogia del visionario duo di fratelli registi (fratello e sorella ora), che alterna sapientemente l'uso massiccio di effetti speciali a scene esagitate di arti marziali e sparatorie, filosofici discorsi "zen" e l'ovvia storia d'amore tra alcuni dei protagonisti.


Bravissimi su tutti il duo di attori Laurence Fishburne e Carrie-Anne Moss, contro un forse troppo "apatico" Keanu Reeves (seppur bravo, intendiamoci) e su tutti ovviamente regna sovrana poi la grande performance di Hugo Weaving, alias "Agente Smith", nel ruolo di un programma di controllo/agente di polizia virtuale, che a mano a mano perde letteralmente il senno arrivando ad invadere tutta la matrice replicandosi all'infinito come un virus.

Divertentissimi i riferimenti "da nerd" al mondo del computer, specie nel primo episodio dove tutti i ribelli hanno dei nomi da "chat informatica" e anche nel seguito dove i protagonisti si muovono di nascosto usando le varie "backdoor" alla ricerca del "keymaker", il "fabbricante di chiavi", ovvio riferimento alle crack che violano le misure di sicurezza di alcuni programmi, rendendoli utilizzabili anche in versione pirata violandone i copyright.


Dopo l'immenso successo del primo capitolo, i fratelli Wachowski si sono affrettati a sfornare i due seguiti entro l'anno successivo, seguiti amati e odiati dal pubblico, ma che il sottoscritto trova come più che degna conclusione per il ciclo aperto e chiuso dai geniali registi americani, oltre che consigliarvi calorosamente anche la raccolta di cartoons nell'altrettanto valido "The Animatrix", autonomi e auto-conclusivi (per lo più) piccoli episodi tutti connessi al mondo della matrice, nonchè alcuni veri e propri "antefatti" che spiegano meglio le basi su cui si è sviluppata la guerra infinita tra uomini e macchine.

Dello stesso anno poi il forse più geniale (anche se non altrettanto spettacolare visivamente) film sulla realtà virtuale di David Cronenberg, "eXistenZ", storia in cui tramite delle "console biologiche" alcuni personaggi accedono all'omonimo videogioco, dove ognuno di loro a un ruolo e un compito specifico da assolvere all'interno di una misteriosa storia di intrighi e complotti legati ad una misteriosa setta di "puristi della carne", un gruppo di esaltati terroristi fortemente intenzionati a sabotare l'intero progetto e la diffusione mondiale di questo tipo di giochi virtuali.


Riprendendo dove aveva lasciato alcuni temi a lui cari, come la tematica della "nuova carne" che lega la biologia all'evoluzione elettronica, già presente nel più famoso e di maggior successo "Videodrome", dal quale inoltre ripesca l'orrida e micidiale "pistola organica" interamente composta di ossa e avente come proiettili dei denti umani inseriti nel caricatore.

Una storia che si dipana in modo volutamente confusionario eppure godibilissimo fino all'inquietante finale dove il regista ribalta ogni cosa che credavamo per scontata, ivi compresa la vera natura e le intenzioni dei due protagonisti che seguiamo fin dall'inizio, i bravissimi Jude Law e Jennifer Jason Leigh, attorniati da uno stuolo di ottimi attori nei ruoli secondari come un terrificante Willem Dafoe e un altrettanto bravo Ian Holm, anch'essi "videogiocatori" virtuali ignari inizialmente del loro ruolo e la storia che sono chiamati a vivere in prima persona.


Un ottimo film che ripeto probabilmente (come "Il tredicesimo piano" già citato) ha pagato lo scotto di essere uscito nello stesso periodo del molto più fortunato e già citato "Matrix", il quale con una trama molto più semplice e una messa in scena molto più roboante e spettacolare ha avuto gioco facile ad attirare le masse di spettatori più in cerca di blockbuster che film di nicchia ma altrettanto validi come questa piccola "chicca virtuale" di David Cronenberg.

Spostandoci poi in tutto un altro tipo di mondi irreali paralleli al nostro, un altro film secondo il sottoscritto troppo sottovalutato è poi "The Cell - La cellula", film del 2000 di Tarsem Singh che ci porta niente meno che all'interno della psiche deviata di un serial-killer, attraverso un immaginifico e visionario viaggio ottimamente portato sullo schermo tramite ad un regista che sa comporre visivamente un insieme di scenografie e costumi da urlo riusciti come ben pochi altri casi del genere.

Protagonista della storia è la brava e bella Jennifer Lopez, psicologa facente parte di un rivoluzionario progetto di "interazione mentale" grazie al quale riesce a entrare nelle fantasie e i ricordi di un'altra persona.


L'affascinante e determinata protagonista è chiamata a sondare il subconscio di Vincent D'Onofrio, spietato serial killer reso tale da una infanzia traumatica e un padre brutale, palesemente sdoppiato nella sua mente tra la figura super-umana cacciatrice di donne in cui si è trasformato e l'innocente bambino-spettatore che riflette ancora i suoi rimasugli di infanzia e bontà non ancora del tutto consumati dal suo lato omicida.

Come già detto veramente ottima e artisticamente bellissima la ricostruzione che il regista ci propone nelle scene oniriche della "transizione mentale", sopperendo con il suo gran stile e gusto per l'immagine a una storia tuttosommato già vista e rivista molte altre volte, ma tuttosommato che riesce a spiccare al di sopra di molti altri film con protagonista il tema dell'omicidio seriale.


Tornando invece ancora una volta (chiedo scusa per l'andirivieni di argomenti) ai mondi virtuali elettronici, un film ottimo ma misconosciuto al riguardo è "Avalon", film del 2001 di Mamoru Oshii, già regista del celebre film d'animazione "Ghost in the Shell" del 1995.

Ambientato in un non ben specificato futuro dove la bella protagonista Malgorzata Foremniak è una campionessa del videogioco (appunto) Avalon, grazie alla quale si mantiene senza aver bisogno di quasi nessun contatto umano al di fuori del mondo virtuale.

Ma grazie ad alcuni giocatori e altre misteriose figure all'interno del mondo irreale del campo di gioco, viene a sapere l'esistenza di un misterioso "livello nascosto" all'interno dello stesso, una vera e propria terra promessa per i giocatori più letali e abili come la nostra protagonista.


Il film alterna riuscitissime sequenze di gioco di guerra (molto simile agli online multiplayer di molti videogiochi sparatutto) ad un mondo reale invece tetro e deprimente, oppresso dalla sporcizia e la povertà da cui tutti vogliono rifuggere prendendo parte al videogioco.

Fotografato in un "giallo seppia" quasi a sembrare più un film classico anzichè di fantascienza, il film è un affascinante e riuscito mix di cinema/videogioco che non disdegna l'introspezione e la caratterizzazione ben diversificata dei vari personaggi e gli ambienti in cui si muovono, molto più riuscito in effetti di tanti altri film ispirati a videogiochi che abbiamo visto in questi ultimi anni, dai pacchiani "Need for speed" e "Tomb Raider" fino ad altri ancora come "Max Payne" o "Hitman", che pur a volte basandosi su delle storie originali e protagonisti interessanti, non sono stati trasposti sullo schermo con la dovuta forza e talento che necessitavano per sopravvivere soltanto come film lontani dal media videoludico.


Parlando poi di un film invece riconosciuto universalmente come successo e addirittura premiato con l'Oscar (d'accordo, non per la storia o la regia, ma è già qualcosa) è poi "Il labirinto del fauno", film del 2006 diretto da un altro genio visionario qual'è il regista messicano Guillermo Del Toro.

Ambientato in Spagna all'epoca della dittatura franchista, la storia vede come protagonista la giovane Ivana Baquero, che rifugge la violenza e la stupidità del fascismo spagnolo che la circonda immergendosi in una avventura fantastica (oppure no) assieme ad una serie di creature soprannaturali, su tutte un misterioso "fauno" che le rivela la sua natura di "principessa" e la serie di prove che deve affrontare per rivendicare il suo titolo.


Bellissima fiaba in tinte horror di Del Toro, il quale ha il merito di sballottarci senza inciampare tra il triste e implacabile mondo dei soldati franchisti e l'avventuroso ed affascinante labirinto fantastico dove la protagonista combatte le sue sfide

Mondi paralleli e diversissimi eppure talmente vicini da poter essere "riuniti" tramite un semplice tratto di matita, con la quale la bambina apre letteralmente dei passaggi attraverso i quali fuggire dai mostri surreali del mondo del fauno e anche il terribile patrigno comandante dei soldati del luogo, un altrettanto bravo e crudelissimo Sergi López.


Prima di concludere coi miei 3 consigli finali, voglio inoltre citare 3 film che ben riescono a miscelare il mondo reale e quello fantastico, grazie all'ottima "fusione" di cartoni animati e film diretti alla vecchia maniera.

Il primo è forse più famoso è "Chi ha incastrato Roger Rabbit", spassossima pellicola misto cartoon/movie del 1988 diretta dal geniale Robert Zemeckis.

Protagonista della storia è l'ahimè scomparso e bravissimo attore Bob Hoskins, nel ruolo di un detective chiamato a investigare sulla fedeltà della moglie del celebre Roger Rabbit, coniglio disegnato star dei cartoni animati per i più piccini.


Ironicamente la moglie dell'impacciato coniglio scassatutto è invece la prorompente e "ultra-maggiorata" Jessica Rabbit, sexy-cartoon che lavora come cantante in un night club e alla quale fa il filo perfino il proprietario degli studi televisivi ACME.

Quando poi lo stesso Acme verrà trovato morto, il film decolla in una girandola di gag e trovate divertentissime con il coniglio in fuga dalla legge aiutato dallo stesso Hopkins, per arrivare fino a un complotto immobiliare che ha come scopo finale quello di distruggere il colorato e sognante mondo di Cartoonia.


Memorabili tutte le scene, animate e non, ambientate in una "parodia noir" dei vecchi film hollywoodiani, su tutti appunto col ruolo strampalato del detective privato affidato al protagonista e invece il "cattivo" giudice intepretato da uno spiratato Christopher Lloyd, il famosissimo "Doc" di "Ritorno al futuro", altra saga di enorme successo diretta da Zemeckis.

Altro film simile è poi "Fuga dal mondo dei sogni", pellicola del 1992 diretta da Ralph Bakshi, forse però con tematiche più "per adulti" rispetto al caciarone film precedente di Zemeckis.


Protagonista è infatti il giovane Brad Pitt, nel ruolo di un poliziotto di un mondo fantastico ("Cool World") che è impegnato notte e giorno a impedire ai cartoni animati di avere rapporti sessuali con gli esseri umani, grazie ai quali diventerebbero di carne ed ossa essi stessi, violando quindi le leggi del luogo e della natura stessa.

Ma lo stesso è afflitto dal dilemma personale per una ragazza-cartoon di cui è innamorato, con la quale ha una storia puramente "platonica" in osservanza delle leggi che deve fare rispettare.


Come detto, film meno comico di Roger Rabbit ma altrettanto originale e valido da vedere, con uno stuolo di ottimi attori bene in parte oltre al citato Brad Pitt, anche Gabriel Byrne e una provocantissima Kim Basinger, nel ruolo di un sexy cartoon determinato a lasciare ad ogni costo e con ogni mezzo il suo mondo irreale di finzione.

Concludiamo poi con un film interpretato da attori in carne e ossa, trasformati pero in "cartoon" tramite post-elaborazione digitale.

Il film in questione è "A Scanner Darkley - Un Oscuro Scrutare", uscito nel 2006 e diretto dall'ottimo regista americano Richard Linklater, già regista del divertente "School of rock", il film d'inchiesta "Fast food nation" e l'altro originalissimo "Boyhood", dei quali magari parleremo più a fondo in altri articoli più in là.


Tornando al film/cartoon di cui sopra, ispirato niente meno che a un romanzo del genio della fantascienza Philip K. Dick, è interpretato da uno stuolo di attori amici quali Keanu Reeves, Robert Downey Jr. e Woody Harrelson, simpatici "fattoni" drogati pesantemente di una sostanza proibita che sta letteralmente falcidiando gli Stati Uniti, rendendo i suoi clienti più assidui simili a zombie privi di volontà e discernimento.

Una storia originale diretta in modo altrettanto stravagante e innovativo, una storia che tratta di tematiche non facili in modo leggero e divertente riuscendo a farci appassionare e diffidare al contempo di tutti i protagonisti, indagati senza saperlo da un nucleo d'investigazione speciale per riuscire a risalire ai fornitori della letale droga che circola senza controllo tra i giovani americani.


Aggiungiamo inoltre una parte per la sempre brava e dolcissima Winona Ryder, confidente e "quasi amante" del protagonista principale Keanu Reeves, romantica amica con la fobia del non farsi toccare e voler avere rapporti puramente "impersonali" col giovane protagonista, pur essendone altrettanto attratta e innamorata.

Un piccolo film divenuto un "cult" per coloro che lo conoscono anche se non troppo pubblicizzato in quanto tale, che potrete forse recuperare per cercare di non perdervi questa piccola chicca uscita quasi dieci anni addietro.


Ma passiamo ora i 3 film su mondi immaginari che vi consiglio questa settimana.


Amabili resti (2009 - Peter Jackson)
Surreale fiaba sospesa tra la vita e la morte, con protagonista la giovane e bellissima Saoirse Ronan per la regia fantastica e visionaria di Peter Jackson, regista famoso soprattutto per la sua serie di film d'ispirazione Tolkeniana su "Il signore degli anelli".

Capace come pochi di mettere in piedi un immaginifico "limbo" dove soggiornano le anime che non riescono a riposare in pace, Jackson ci trasporta in questa surreale dimensione chiamata vezzosamente "La terra di mezzo", sempre strizzando l'occhio alla trilogia di Tolkien, dove la giovane ragazza vittima di un brutale omicidio si ritrova ospite assieme a tutte le altre vittime del suo apparentemente innocuo vicino di casa, pedofilo serial-killer intepretato in modo glaciale da Stanley Tucci.

Molto più riuscito del film "Al di là dei sogni" di 10 anni prima, molto più lacrimevole film sospeso tra la vita e la morte (anche se visivamente ottimo) con protagonista Robin Williams, gli "Amabili resti" di cui ci narra la storia sono sia le spoglie mortali della giovane vittima (nascosti in una cassaforte da Tucci) che le storie di vita spezzate di tutte le vittime che abitano il limbo, giovani ragazze e bambine finite in trappola del feroce predatore con l'innocuo sguardo del cittadino qualunque.

Altrettanto bravo tutto il resto del cast, partendo dalla coppia mamma/papà interpretata da Rachel Weisz e Mark Wahlberg, l'anziana nonna che è una sempre bravissima Susan Sarandon e infine ma non ultima per merito l'altrettanto convincente e giovanissima Rose McIver, nel ruolo della sorella della vittima che riuscirà finalmente a smascherare il terribile assassino in una sequenza da cardiopalma alla ricerca di prove nella casa del vicino, probabilmente il punto più alto del film dove Jackson costruisce davvero una sequenza thriller degna del miglior Alfred Hitchcock dei bei tempi andati.

Una favola dark ben diretta e sceneggiata che dosa saggiamente momenti romantici ad altri più oscuri, colorate visioni di mondi inesistenti e il cupissimo mondo dove vive il serial-killer di bambini, proponendo un cast composto prevalentemente da giovanissimi (specie nel mondo del limbo) che però nelle mani di Jackson recitano in modo convincente tanto quanto uno stuolo di attori veterani.

Consigliato a chi ama sognare e lasciarsi andare alla fantasia più sfrenata.


Imaginaerum (2012 - Stobe Harju)
Altro film sospeso questa volta nelle ultime ore di vita di un famoso musicista, intrappolato come bambino all'interno di un incubo/fantasy guidato e inseguito da creature irreali che sembrano tutte avere dei conti in sospeso con lui e volersi vendicare.

Alternato al "mondo reale" dove una figlia torna al suo capezzale, scappata via da anni e piena di rancore anch'essa verso il protagonista, nell'ultimo tentativo di capire e comprendere la difficile vita e il comportamento orribile del pressante e isterico musicista.

Sceneggiato dal tastierista Tuomas Holopainen, membro della band metal dei Nightwish che hanno anche contribuito alla produzione del film, oltre che interpretare il ruolo del protagonista ormai adulto in alcune delle scene del film.

Il film è ottimamente diviso eppure unito tra le scene di vita e quelle surreali sognate dal protagonista ormai in coma, attraverso mostri e altre creature assortite che non sono altro che l'incarnazione delle persone più importanti che hanno segnato la vita del musicista, su tutte il padre visto come mostro alle calcagna che cerca di ucciderlo e la figlia invece bistrattata dallo stesso musicista.

La storia mescola bene la paura e i sensi di colpa del protagonista, tutt'altro che perfetto e anch'esso colpevole di numerosi imperdonabili sbagli durante la sua vita e la sua ascesa a compositore di successo, ottimamente portate a schermo grazie ad alcuni pezzi notevoli suonati dagli stessi Nightwish di cui prima.

Altra favola di amore ed odio divisa tra catarsi positiva e risolutiva del potere del perdono e l'incapacità di comprendere e farsi comprendere da un genitore assente ed egoista, fino al punto almeno in cui non è troppo tardi (oppure no?) e magari riconciliarsi in ultimo saluto prima di lasciare per sempre questa valle di lacrime e sangue dove camminano gli esseri viventi, in mezzo a fantasmi e mostri con facce e nomi familiari e conosciuti, ricordi che purtroppo vanno svanendo a mano a mano che la memoria sempre più labile del protagonista va spegnendosi assieme alla sua ultima e flebile fiammella di vita.

Un bel film originale a modo suo e certamente diverso dal solito, a cui si può concedere la possibilità di una visione, a patto di avere la mente aperta come quella di un giovane bambino con la vita ancora tutta davanti.


The congress (2013 - Ari Folman)
Interessantissimo film di fantascienza/cartone animato/meta-cinematografico e film/copertina per l'articolo di oggi, la storia ci parla di una ormai matura Robin Wright che interpreta sè stessa, attrice di successo famosa per film come "La storia fantastica" e nel ruolo della fidanzata "Jenny" del pluri-premiato e pluri-celebrato successo di pubblico e critica "Forrest Gump".

Inizialmente assoldata da uno studio cinematografico che vuole "riprodurla digitalmente" e acquistare ogni diritto di sfruttamento della sua controparte virtuale, l'attrice titubante finisce per accettare le condizioni impostale cedendo la sua immagine per un contratto di vent'anni.

Una volta scaduto il contratto, grazie all'evolversi sempre più marcato della "tecnologia chimica", l'attrice finisce ibernata per altri vent'anni dopo una overdose di composti chimici in un "congresso" di altre celebrità virtuali che hanno accettato la sua stessa situazione dagli studi cinematografici.

Al suo risveglio scopre che gran parte della popolazione vive ormai sotto forma di allucinazioni, in un mondo a cartoni animati, eternamente felici e capaci di realizzare i loro sogni semplicemente pensando a ciò che più desiderano fare.

Un bellissimo film che riflette sulla natura "fasulla" del dorato mondo hollywoodiano, dove conta più l'immagine che l'attore in sè, dove conta più riciclare e riproporre sempre le stesse cose in una veste diversa, piuttosto che tentare qualcosa di nuovo e magari rischioso.

Bravissima ovviamente l'attrice principale, oltre che voce magnifica di alcuni pezzi musicali che accompagnano la storia, lottando tra i propri desideri di amore romantico e la sua natura di madre con la voglia di voler re-incontrare i propri figli, seppur dopo 20 anni di allucinazioni e assenza da parte sua abbandonandoli alle cure del medico e amico interpretato da un altro grande attore come Paul Giamatti.

Insomma un bellissimo sogno ad occhi aperti al quale ahimè non seguirà un altrettanto piacevole risveglio, facendoci chiedere come la protagonista se sia meglio vivere una fantastica illusione, per quanto fasulla e inesistente; oppure farci coraggio e affrontare l'orrida e squallida realtà, provando magari a rimboccarci le maniche per rendere "questo" un mondo migliore, anzichè limitarsi soltanto a sognarlo.


MI AUGURO CHE COME SEMPRE TROVIATE INTERESSANTI I FILM CHE VI HO SUGGERITO, ASPETTO COME AL SOLITO I VOSTRI CONSIGLI O ANCHE LE CRITICHE NELLO SPAZIO DISQUS SOTTOSTANTE, RICORDANDOVI E RICORDANDOCI SEMPRE DI NON SMETTERE MAI DI PROVARE A SOGNARE... E CHE COSA SONO POI IN FONDO I FILM, SE NON DEI GRANDI E BELLISSIMI "SOGNI CONDIVISI"?

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Articolo pubblicato il 21/02/2016