L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS Francesco Rossa: PD, il fallimento di un azzardo

Le occasioni perse di un manipolo di dilettanti frustrati e disinvolti

Un regno durato mille giorni sarà ricordato a lungo. Soprattutto perché finirà in malo modo. È vero che, per alcuni il PD poteva rappresentare una possibilità, nel deserto delle mancate alternative. Si è così consumata un'operazione azzardata perché non giunta al culmine di un effettivo avvicinamento fra culture, ma concepita frettolosamente mettendo assieme ciò che c’era e cercando d’isolare preventivamente le teste pensanti.

I fondatori avevano sottovalutato alcuni aspetti e sopravvalutato altri. Sopravvalutato era il famoso apparato comunista meno forte di quella rete amicale costituita dagli amici di Martinazzoli, orfani del suicidio della DC messo in atto dal loro pavido leader.

Sottovalutato è stato il processo di creazione dal basso, con tanti circoli veri e tanti appaltati a caporioni, come si vede dall’ennesimo scandalo delle tessere non solo a Napoli ma quasi dappertutto.

Un osservatore presago, all’inizio di questa sciagurata avventura, così aveva disegnato il Renzismo: “ E’ sete di potere, ambizione sfrenata, dilettantismo ai massimi livelli, autoritarismo sbarazzino, slogan e promesse, hashtag e supercazzole. Obbligo alla positività, azzeramento dell’opposizione, arroganza benedetta dall’informazione.

Ed è l’elogio acritico e dissennato del “fare”: non importa poi cosa si fa, e se quel che si fa è un orrore antidemocratico persino peggiorativo del già orrendo status quo preesistente: non importa.

Quel che conta è “fare”, agire e approvare, dando agli elettori la sensazione – l’illusione – che tutto si muove e tutto cambia, quando in realtà poco si muove e nulla cambia: gattopardismo 2.0, però buonista. E se qualcuno non è d’accordo, fosse esso un cittadino o la Costituzione, “chi se ne frega”.

E la situazione attuale lo conferma.

Questo nuovo mondo aveva una possibilità di sopravvivere se fosse stato guidato da un gruppo dirigente, lontano dalla cattive e compromettenti frequentazioni, quindi giovane che avesse portato nella casa comune le virtù comuni.

È accaduto, invece, che un gruppo dirigente giovane, assetato di potere e privo di scrupoli, abbia portato nella casa comune i vizi che stanno uccidendo il Pd.

Non ci riferiamo ancora a quanto sta emergendo dalle carte giudiziarie. Questo è un capitolo che si apre adesso, dagli esiti imprevedibili per il can renziano - fiorentino. Qualcuno potrà anche pagare per le pecche dei padri, che, lungimiranti hanno mandato i figli nella stanza dei bottoni, per meglio operare.

Parliamo del personalismo esasperato, dell’approssimazione nella gestione del governo, spacciata per riformismo, ma contrassegnata da clientelismo e dal soffocamento di ogni possibilità concreta di  crescita del Paese.

Senza tralasciare l’insofferenza verso i contrari diventati «gufi» o minoranza a cui attribuire solo un diritto di tribuna.

Un partito ridotto così non poteva durare e non durerà. Se vincerà le primarie Renzi, il fiorentino non farà prigionieri. O tutti Orfini, cioè zucche vuote dalle menti inutilmente spaziose, o tutti messi fuori.

Se vincerà Emiliano il PD sarà il primo partito in cui vince un magistrato ancora in servizio, che vuole mandare in galera amici e parenti dell’ex premier. Personaggio chiacchierato e pure indagato il presidente della Puglia è alfiere dello Stato assistenziale e lontano da una visione favorevole alla competitività dell’intervento pubblico nell’economia ed alla valorizzazione dell’iniziativa privata.

Se prevale Orlando, vincerà forse una brava persona la cui leadership è una invenzione dell’ultimo minuto, con il carisma vicino allo zero.

Mille giorni per fare tutto questo, cioè fallire tutte le leggi spacciate per riforme, per inguaiare economicamente il Paese, per immettere nel circuito della politica seria i temi antipolitici di Grillo, per essere toccati pesantemente sul tema affari-politica, per aver spinto a una emigrazione di massa centinaia di migliaia di elettori e cittadini di sinistra verso lidi ancora da disegnare.

Le  palle eruttate da Renzi in Tv, non hanno alcun aggancio con la realtà storica, ma somigliano al libro dei sogni cantato da un imbonitore ormai screditato.

La verità è che l’Italia non l’ha mai cambiata un uomo solo, in democrazia.

In democrazia l’hanno cambiata le classi dirigenti, anche contrapposte politicamente, ma che erano classi dirigenti.

Nei mille giorni non c’è stata una classe dirigente ma un’accozzaglia di omuncoli, dal centro alla periferia, timorosi di non dispiacere al padrone. L’Italia non è stata felicemente sorpresa da un gruppo di pseudo rivoluzionari, la cui presenza è già di per sé un insulto alla democrazia.

Tra costoro, per limitarci all’area di provenienza, non c’é la benchè minima somiglianza con Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Palmiro Togliatti, Enrico Berlinguer, Pietro Nenni, che hanno contribuito, a vario titolo, alla ricostruzione del Paese dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.

Le trasmissioni televisive ci ripropongono in modo ossessivo i volti dei protagonisti delle prossime scadenze congressuali che si stanno agitando e narrano le loro gesta di queste ore.

Fanno semplicemente ribrezzo e creano sconforto!
 

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 05/03/2017