Le nefaste conseguenze dei nuovi LEA per milioni di cittadini.

Ampliato il settore socio-sanitario dagli anziani non autosufficienti a tutti gli adulti infermi.

L’allarme recentemente lanciato da Maria Grazia Breda , presidente della Fondazione Promozione Sociale Onlus e dal CSA di Torino (Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base) è purtroppo condivisibile.

In base ai nuovi LEA (Livelli essenziali di Assistenza) è stato ampliato il settore socio-sanitario, dagli anziani non autosufficienti a tutti gli adulti infermi con autonomia limitatissima o nulla, con separazione netta delle cure tra i malati acuti ed i malati cronici, con  burocratici sbarramenti e liste di attesa per l’accesso alle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, nonché possibile imposizione di oneri economici anche rilevanti a carico dei malati, dei loro coniugi e dei figli conviventi o non conviventi.

Tutto nasce dal  Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie”, che stabilisce all’articolo 21 “Percorsi assistenziali integrati” quanto segue: «1. I percorsi assistenziali domiciliari, territoriali, semiresidenziali e residenziali di cui al presente Capo prevedono l'erogazione congiunta di attività e prestazioni afferenti all'area sanitaria e all'area dei servizi sociali.

Con apposito accordo sancito in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite linee di indirizzo volte a garantire omogeneità nei processi di integrazione istituzionale, professionale e organizzativa delle suddette aree, anche con l'apporto delle autonomie locali, nonché modalità di utilizzo delle risorse coerenti con l'obiettivo dell'integrazione, anche con riferimento al Fondo per le non autosufficienze di cui all'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.

«2. Il Servizio sanitario nazionale garantisce l'accesso unitario ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico della persona e la valutazione multidimensionale dei bisogni, sotto il profilo clinico, funzionale e sociale. Le regioni e le province autonome organizzano tali attività garantendo uniformità sul proprio territorio nelle modalità, nelle procedure e negli strumenti di valutazione multidimensionale, anche in riferimento alle diverse fasi del progetto di assistenza.

«3. Il Progetto di assistenza individuale (Pai) definisce i bisogni terapeutico-riabilitativi e assistenziali della persona ed è redatto dall'Unità di valutazione multidimensionale, con il coinvolgimento di tutte le componenti dell'offerta assistenziale sanitaria, sociosanitaria e sociale, del paziente e della sua famiglia. Il coordinamento dell’attività clinica rientra tra i compiti del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, fatti salvi i casi in cui il soggetto responsabile del rapporto di cura sia stato diversamente identificato.

«4. Nell'ambito dell'assistenza distrettuale territoriale sono privilegiati gli interventi che favoriscono la permanenza delle persone assistite al proprio domicilio, attraverso l'attivazione delle risorse disponibili, formali e informali; i trattamenti terapeutico-riabilitativi e assistenziali, semiresidenziali e residenziali, sono garantiti dal Servizio sanitario nazionale, quando necessari, in base alla valutazione multidimensionale».

Specificatamente, nel documento del Ministero della salute, Direzione generale della programmazione sanitaria “Piano nazionale della cronicità” nel  capitolo “Organizzazione dell’assistenza ospedaliera” viene segnalato quanto segue: «L’attuale sistema ospedaliero, organizzato in unità operative specialistiche, si rivela particolarmente valido ed efficace per il trattamento di situazioni di acuzie in pazienti privi di comorbilità (frequenza percentuale di una malattia in una collettività) e soprattutto in assenza di malattie croniche preesistenti, spesso condizionanti l’evento o la malattia che causa il ricovero”.

Occorre però evidenziare che in Italia e nei Paesi occidentali circa il 75% dei degenti ospedalieri appartiene alla categoria dei cronici acutizzati con poli-morbilità.

Per fronteggiare questa situazione e garantire la gestione ottimale della malattia quando la persona con cronicità è ricoverata in ospedale per altra patologia, evento intercorrente o per procedure chirurgiche, elettive o d’urgenza, in molti ospedali è stato adottato un assetto organizzativo basato sulla intensità di cura: le strutture non sono più articolate, come da tradizione, in reparti e o unità operative in base alla patologia e alla disciplina medica ma in aree che aggregano i pazienti in base alla maggiore o minore gravità del caso e al conseguente livello di complessità assistenziale, per garantire la più completa integrazione delle diverse competenze professionali e per trattare le diverse patologie in pazienti riuniti in un’unica piattaforma logistica di ricovero.

L’assetto organizzativo prevede tre livelli: un livello di intensità alta che comprende le degenze intensive e sub-intensive, un livello di intensità media che comprende le degenze  per aree funzionali (area medica, chirurgica, materno infantile) e un livello di intensità bassa dedicata a pazienti post acuti».

Possiamo dunque concludere che in base ai nuovi LEA, le cure delle persone over 18 anni, colpite da patologie e/o disabilità invalidanti, con conseguente limitata autonomia, sono trasferite dal settore sanitario a quello socio sanitario: un pesante peggioramento delle condizioni in quanto il primo settore è caratterizzato da diritti esigibili e dalla gratuità (salvo modesti tickets), mentre il settore socio-sanitario comporta spesso rilevanti oneri economici a carico degli infermi e quindi delle famiglie e inoltre è basato sulla preventiva valutazione di apposite Unità Valutazionali, con frequenti inserimenti in lunghe liste d’attesa.

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Articolo pubblicato il 04/04/2017