Il Politeama Chiarella di Torino e il Futurismo

Il 14 gennaio 1924, si svolge nel teatro torinese uno spettacolo della Compagnia del Nuovo Teatro Futurista, con la partecipazione di Filippo Tommaso Marinetti

A Torino, il 2 marzo, è stata scoperta una targa dedicata al Politeama Chiarella, teatro inaugurato il 17 ottobre 1908 e completamente distrutto da un bombardamento dell’aviazione inglese nella notte del 20 novembre 1942, che sorgeva in via Principe Tommaso n. 6, dove oggi si trova il Cinema Teatro Metropol. Il Politeama, costruito su progetto dell’architetto Tallero e inaugurato con l’opera “Mefistofele” di Arrigo Boito, prende il nome dai fratelli Giovanni e Achille Chiarella, intraprendenti impresari teatrali di Genova, che lo dedicano al padre Daniele.


Alla cerimonia del 2 marzo è intervenuto Vittorio Chiarella, bisnipote di Daniele, che con il critico musicale Giorgio Rampone, ha tracciato il “palmares” del teatro: la prima esibizione in tournée della Compagnia dei fratelli De Filippo nel 1933; i primi concerti italiani di Louis Armstrong, il 15 e 16 dicembre 1935; l’ultima apparizione sulle scene di Eleonora Duse nel 1922. Rampone ha anche ricordato che, nel 1910, vi si è svolta una serata futurista, con Filippo Tommaso Marinetti e il pittore Umberto Boccioni, per presentare il 1° Manifesto della pittura futurista, firmato da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini e Giacomo Balla.


Una serata piuttosto tumultuosa, con urla, insulti, lancio di ortaggi e di monetine, scontri fisici tra futuristi e i loro oppositori, definiti “passatisti” cioè cultori di quel passato (accademie, musei) che i futuristi detestano.


Una seconda serata futurista al Chiarella si svolge il 14 gennaio 1924, come replica dello spettacolo della Compagnia del Nuovo Teatro Futurista.


La conosciamo grazie alla brillante cronaca che il giornalista Ercole Moggi, torinese d’adozione nato a Ferrara nel 1878, pubblica su “La Stampa” del 15 gennaio 1924, col titolo “La serata futurista al Chiarella” e con l’ironico sottotitolo “Il maestro e i discepoli / coperti d’applausi, d’improperi e di commestibili”!


Lo spettacolo inizia in ritardo e si apre con scontri verbali tra Marinetti (che Moggi chiama “Maestro”) e una parte del pubblico: quando si ritira con i suoi discepoli, dalla galleria vengono lanciate delle arance, ma i futuristi restano incolumi.


Incomincia la parte musicale. Si tratta di un vero e proprio spettacolo, con una significativa componente femminile che attira la simpatia e l’apprezzamento di una consistente parte del pubblico.


Non è invece apprezzata una sinfonia del compositore Mink, «… dove si rivela subito una grande indipendenza tra gli esecutori. Il pubblico grida al compositore poche ma sentite parole: - Assassino! Gaglioffo! La sinfonia, la dio merce, termina e il compositore, che ha coraggiosamente diretto l’orchestra per proprio conto anche lui, se ne va soddisfatto». Lo spettacolo prosegue con «… una sinfonia ballata, con due ballerini, l’uomo in frak passatista e la donna svestita alquanto. È un bel pezzo di ragazza e su di lei non c’è discussione. Il pubblico invoca: “La mossa, la mossa”. E quando la danzatrice arriva alla mossa sono altre urla: “Passatismo! passatismo!”. Se il ballerino le sta lontano allora sono urla di meraviglia; se la tocca da vicino allora si grida: Bada che patisce il solletico. Il pubblico è proprio incontentabile».


Ercole Moggi prosegue: «Poi si va nel tragico. S’alza il velario e su uno sfondo rosso compare un uomo spinto da due sciabole sguainate che saltano fuori da due buchi delle quinte. Dalla parte opposta arriva una bella fanciulla, anche lei seminuda. Nessuna discussione per la fanciulla, ma quando l’uomo di fronte all’apparizione di cui sopra grida che vorrebbe fuggire a 200 chilometri l’ora è subissato da grida: - Somaro, eunuco, vergognati! La ragazza che vede il pubblico dalla parte sua piglia, coraggio e bacia di sorpresa l’uomo. Il quale sconvolto esclama: - Meglio la morte in due minuti che una vita di spasimo con lei. E si precipita - mentre cala la tela - sulle due spade che si spera l’avranno infilzato».


Si prosegue con una sinfonia di Mink al quale alcuni gridano: «Mink, sei grande. Sei un Mink… ione!». La sinfonia ha toni tanto bassi da risultare silenziosa. Allora in galleria, in platea e nei palchi molti spettatori intonano “la violetta la va, la va…”. Il chiasso è assordante anche perché alcuni si sono muniti di campanacci, claxon di automobile e sirene e altri rumoreggiano con le chiavi di casa.


«Cessa la musica e torniamo alla drammatica. C’è un scenario di nebbia. Il pubblico si domanda: Che cosa rappresenta? E uno risponde, tra gli applausi: “La riforma Gentile” [riforma scolastica elaborata dal filosofo Giovanni Gentile, Ministro della Pubblica Istruzione, n.d.a.].


Vediamo un attore attempato che lascia cadere le buccie (sic!) di una mela. Arrivano due giovanotti, scivolano sulle buccie e allora pigliano giustamente a pugni l’uomo. Arriva una ragazza e anche lei scivola sulle buccie, e i due giovinotti incominciano a baciarla. Per fortuna cala a tempo la tela, perché si capisce quel che succede quando una bella ragazza cade».


L’orchestra incomincia a suonare. «Compare una bella creatura vestita dalla testa alla cintola da aviatrice: poi… siamo in completa libertà di vestiario. Tanta libertà che non vediamo niente sopra le coscie e le gambe. La musica intona una nenia monotona: le belle gambe, che avevano avuto tanto successo in principio, adesso non bastano più. Dalla galleria qualche curioso si rivolge direttamente al compositore: - Durerà un pezzo, maestro?».


Vengono mostrati quadri futuristi di Fortunato Depero e di Enrico Prampolini, oggi artisti apprezzati. In quella serata del 1924 qualcuno li commenta lanciando delle mele: una «per poco non si spacca sul cranio lucido di Marinetti. Il Maestro indignato grida: - Se spegnete questa testa, rimarrete al buio!».


Scrive  Ercole Moggi che «Alcuni quadri sono fatti di pezzi di stoffa sgargiante, con effetti realmente singolari e pieni di colore» come i coloratissimi gilet futuristi che Depero e Marinetti esibiscono sbottonando le giacche: quello di Depero è rosso a fiorami, quello di Marinetti è bianco a ricami neri e secondo Moggi, è una «specie di gualdrappa per carro funebre da bambini di 1a classe»!


Il poeta napoletano Francesco Cangiullo, salutato da grida festose di “Guaglione! Guaglione!”, mentre spiega le bellezze del teatro futurista, viene colpito da un cartoccio di granoturco.


Segue una «azione tragico-comico-animo-danzante tra due ballerini che sono camuffati da macchine. Uno casca involontariamente e si procura una frattura al cartone della gamba destra. Ed il pubblico a ridere! Le due macchine ballano attorno ad un uomo con un berretto in testa ed una bandierina in mano. Cala il sipario mentre nessuno ha capito niente: ma allora salta fuori Marinetti il quale spiega: “La scena rappresenta due locomotive innamorate del capostazione”».


Questa affermazione fa inorridire l’ingegner Edilio Ehrenfreund, Capo Compartimento delle Ferrovie, personaggio al tempo molto noto come estimatore e frequentatore dei teatri torinesi, che se ne va.


Il turbolento spettacolo si avvia alla conclusione. Dalla galleria lanciano ancora qualche ortaggio mentre, in platea, futuristi e passatisti tenaci si scambiano qualche cazzotto. Scrive Moggi: «Il Maestro annuncia che verrà alla ribalta la soubrette d’operette Mak Gill [Diana Mac Gill, n.d.a.], prodotto squisitamente nazionale, bellissima creatura padovana che reciterà versi di Cangiullo. Si presenta infatti una deliziosa creatura bionda. Se i versi appaiono subito irreparabilmente brutti, le forme di Mak Gill sono bellissime. Ogni tanto il pubblico ammirato (ma non dalle poesie) interrompe quella cara patavina al grido: - Viva Padova!


Le poesie di Cangiullo, dette con molta grazia, chiudono sempre col ritornello: “Che cosa debbo fare? Dove devo andare?…”. Epperciò faccio grazia delle risposte e dei suggerimenti del pubblico a quella deliziosa creatura».


Così si conclude la cronaca di Ercole Moggi.


Occorre in conclusione, con un po’ di malinconia, precisare chi siano alcuni partecipanti alla serata citati nella sua cronaca: Diana Mac Gill è il nome d’arte di Fedora Fattinaldi (Padova, 1899 – Ferrara, 1968), attrice e cantante. Francesco Cangiullo (Napoli, 1884 – Livorno, 1977) ha partecipato attivamente al Futurismo come scrittore, poeta e pittore. Il compositore che Moggi chiama Mink dovrebbe essere Silvio Mix (Trieste, 1900 – Gallarate, 1927), importante esponente del futurismo musicale italiano, autore di quel balletto “Psicologia di Macchine” che aveva fatto inorridire l’ingegner Ehrenfreund!

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Articolo pubblicato il 16/04/2017