Il digitale fa bene alle Pmi.

Per questo è necessario azzerare il digital divide.

Di recente Google ha commissionato all’Università Cattolica di Milano una ricerca sull’impatto di “Eccellenze in Digitale”, un suo progetto insieme a Unioncamere per la digitalizzazione delle PMI.

Dallo studio di una campione di 382 aziende, sulle 16 mila che hanno partecipato alla formazione, emergono una serie di dati interessanti. Su tutti: il 67% degli imprenditori ha dichiarato una crescita della propria attività, il 18% l’aumento del fatturato e il 29% delle esportazioni.

Le aziende che hanno partecipato afferiscono al settore agro-alimentare (22%), quello turistico-ricettivo (26%), artigianato e commercio (22%) e industriale (30).

Secondo Fabio Vaccarono, Managing Director di Google in Italia “è necessario che il nostro paese si trasformi di pari passo con l’Europa in merito ai temi del digitale. L’Italia vanta competenze di alta qualità e un marchio, il Made in Italy, riconosciuto in tutto il mondo. Questa eccellenza è particolarmente adatta a trovare un alleato naturale nel Web”.

Infatti, l’Unione Europea valutando le performance digitali dei propri stati membri colloca il Bel Paese al 25esimo sui 28, al primo posto la Svezia. Mentre, secondo altre rilevazioni aggiornate a fine 2016, lo Stivale è al 54esimo posto assoluto a livello mondiale per la velocità di connessione, mentre il posto più alto del podio va al Sud Corea.

Recentemente Donato Iacovone, amministratore delegato di Ernest & Young, ha presentato il  Libro Bianco sui 10 anni di digital divide in Italia. Tra le priorità che individua una è valorizzare il contesto locale, come motore dello sviluppo infrastrutturale soprattutto nelle aree produttive.

Come più volte affermato su queste colonne, uno sguardo globale rischia di non essere sufficiente se non lo si affianca a uno locale.

Puntare, come sostiene Iacovone, a un 80 per cento del territorio italiano coperto da banda ultralarga non può prescindere da quelle zone periferiche, la montagna per esempio, in cui i grandi operatori non si avventurano, perché poco convenienti dal punto di vista imprenditoriale.

Ma, stando a quando riferisce la ricerca della Cattolica, il Web se utilizzato adeguatamente può portare dei vantaggi, anche in termini di fatturato. Si vuole impedire che un produttore locale, un sito turistico d’interesse e più in generale un territorio abbiano questa possibilità?

L.V.C.

 

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Articolo pubblicato il 08/05/2017