L'Automotive: meno FCA-centrico ma poco elettrico

Analisi di un settore che arranca

La fotografia non è di quelle rassicuranti, complice la brusca frenata tedesca e un ritardo non minimo nello star dietro alla forte accelerazione dell'e-mobility.

 

Nonostante questo i numeri dell'Automotive italiano, che ha un terzo delle proprie realtà produttive nel nostro Piemonte, sono ancora importanti: 2.200 imprese, 158.700 addetti e un giro d’affari a quota 49,3 miliardi. L'analisi realizzata dall’Osservatorio sulla componentistica automotive della Camera di commercio di Torino, in collaborazione con Anfia e Cami-Università Ca’ Foscari, descrive un settore che in questi anni “ha fatto i compiti a casa, affiancando al committente Fca altri car maker – tanto che la quota di fatturato dipendente da commesse Fiat Chrysler è scesa dal 42% al 37% – e mantenendo alta l’attenzione per i mercati esteri esportando oltre il 70% di quanto prodotto”.

 

Il calo registrato a livello mondiale nella produzione di autoveicoli (96,8 milioni l’anno scorso, -1,1%) e la transizione tecnologica verso la mobilità elettrica e ibrida, però, minacciano l’intero comparto. Il rischio è quello di non riuscire a rimanere al passo, pur registrando ancora buoni dati sulle esportazioni. Il “Sole 24 Ore”, del corposo studio, in un recente articolo che vi ha dedicato, mette in risalto che “soltanto il 23% delle imprese ha partecipato ad almeno un progetto attinente al Powertrain di nuova generazione. I componentisti italiani, dunque, non partono da zero ma sono in ritardo”. Sembra mancare un'adeguata consapevolezza da parte delle aziende e, ancor più, in una complessiva incapacità d'implementare una politica industriale, l'incapacità della politica di contribuire alla costruzione di un'azione di sistema.

 

Come ha fatto giustamente rilevare Francesco Zirpoli, direttore scientifico del Cami, “è fondamentale che le imprese della componentistica italiana si presentino in maniera coordinata ai grandi player dell’auto, per conquistare una scala internazionale”. In un'ottica “di sistema” occorre, poi, “individuare le eccellenze tecnologiche italiane, focalizzare i nuovi driver della mobilità, non limitandosi soltanto al comparto delle auto elettriche, e sostenere percorsi pubblico-privati di ricerca e sviluppo che possano far fare il salto tecnologico alle filiere”.

 

Per ripartire davvero, insomma, occorre una visione d'insieme. Faccenda sempre difficile in Italia.

 

D.C.

 

 

(Immagine in copertina tratta da alvolante.it)

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Articolo pubblicato il 01/11/2019