Rubrica : " L' Avvocato del diavolo"

Vizi privati e pubbliche virtù italiche

Nei giorni scorsi è balzato nuovamente alla ribalta il termine “ Karma”, specialmente dopo il successo a Sanremo di Gabbani con il suo “ Occidentali' s karma”.

 

Niente da dire, il motivo è sicuramente orecchiabile e ben cantato da Gabbani, ma ciò che non condividiamo assolutamente è dare un significato sacrale e misterioso ad un' accozzaglia di parole un po' esotiche messe astutamente insieme per solleticare l' orecchio e la fantasia degli ascoltatori, ma senza un nesso logico tra tutti i termini usati, che meriterebbero una ben più attenta riflessione ( per chi ne avesse voglia, intendiamoci).

 

In effetti, presentatori come Massimo Giletti e Fabio Fazio hanno cavalcato spudoratamente l' onda del successo di questa canzonetta, proclamandone l' alto e ammirevole significato ( !?!?), quando invece si sta rivelando semplicemente un abile e commerciale prequel estivo, ballabile e senza eccessive pretese culturali, perchè là dentro non c'è proprio niente di culturale.

 

L' unica cosa che possiamo dire di questa canzonetta è di avere seguito l' onda della New Age musical-filosofica, dove dentro c' è di tutto e di più, per potere soddisfare animi un po' disorientati dall' Occidente " cinico e materialista ", e particolarmente ricettivi a richiami spirituali moraleggianti, specialmente di stampo orientale. Gli autori della canzoncina hanno indovinato perfettamente il mood di una platea piuttosto sempliciotta e disposta a cullarsi su infinite ripetizioni di “ Om...om...om”, e poi basta. Tuttavia manca, nella terminologia usata nella canzonetta, la definizione " Meccanica quantistica",  che nessuno ha studiato e pochi sanno cosa sia, ma che viene regolarmente usata in questo genere di narrazione di " alti" pensieri. Strano...perchè la citazione fa molto fine.

 

Abbiamo invece approfondito un po' il senso di karma, cercando di dare un senso un po' più ampio al termine, che non sia solo il mero titolo della canzonetta di Gabbani.

 

" Se vuoi capire le cause del passato, guarda i risultati che si manifestano nel presente. E se vuoi capire quali risultati si manifesteranno nel futuro, guarda le cause poste nel presente” .

 

Il termine “Karma”, che in sanscrito significa “azione compiuta”, è ormai molto diffuso anche in Occidente, sebbene non tutti ne conoscano l’origine e siano relativamente pochi gli individui che abbracciano questa teoria. Il Karma, concetto base dell’Induismo, altro non è che la legge universale di causa ed effetto applicata in senso spirituale, concetto alla base della reincarnazione, di cui rappresenta il fattore essenziale.

Spesso viene erroneamente considerata come una legge deterministica che induce al fatalismo e alla rassegnazione, ma in realtà il Karma dipende da noi, dalle nostre scelte, e può ovviamente cambiare nel tempo secondo il principio “ciò che si semina si raccoglie”. In che modo? Seguendo il Dharma, ovvero vivendo secondo la propria vera natura, che andrà progressivamente armonizzata con il Dharma universale. Gli individui conquistano così la libertà dall’ego, dai desideri accumulati nel corso delle precedenti esistenze, per realizzare il Sè immortale. Il ciclo di morte-rinascita è chiamato, in sanscrito, sa?s?ra: l’uomo non può sottrarsi ad esso ma deve percorrerlo reincarnandosi in numerosi corpi, non solo umani, perlomeno nell’ottica induista. Il fine ultimo è la liberazione da tale ciclo.

 

In ambito buddhista il concetto di Karma ritorna in veste nuova. Se infatti la via della liberazione induista comporta un ciclo di rinascite (sa?s?ra) lunghissimo, che causa un senso di fatalismo pessimista nella vita presente, il buddismo offre un punto di vista più positivo e meno predeterminato. La parola karma, nel buddismo, significa “azione volitiva”, ovvero un atto di volontà che ha origine nella mente delle persone e che determinerà il futuro delle stesse. Un atto buono porterà del bene, un atto malvagio porterà del male. Non si tratta di etica ma di una legge naturale che, però, non ci condanna necessariamente a una vita di disagi e povertà. Tutto dipende dal libero arbitrio, ovvero dalla nostra scelta di compiere il bene o il male.

In tale ottica le persone non sono fortunate o sfortunate, ma creano il proprio destino e allo stesso modo, possono intervenire per modificarlo. Accettando tale legge, l’uomo anziché rassegnarsi a una vita caotica, ingiusta, senza senso, agisce in modo attivo, impegnandosi a modificare pensieri, parole ed azioni. Il Buddha stesso affermò che credere che le buone o cattive azioni non producano frutti è assolutamente erroneo.

 

Quindi la legge del Karma ci vuole responsabili delle nostre azioni, non ci priva affatto del libero arbitrio, ma ci ritiene protagonisti del nostro divenire. L’importante è non stravolgerne il senso per acuire le distanze fra poveri e ricchi, come accade purtroppo nel sistema delle caste induista. Chi è ricco non è necessariamente più buono di chi non lo è, potrebbe semplicemente aver investito di più in questo settore, in termini di sforzo, soldi, volontà (in questa o nelle precedenti esistenze) ed aver ottenuto, di conseguenza, maggiori risultati. Ma la ricchezza materiale non è sinonimo, necessariamente, di ricchezza spirituale. Certo, chi è ricco spiritualmente attrae più facilmente condizioni di vita piacevoli, talvolta anche beni materiali, perché ha un atteggiamento costruttivo. Ma allo stesso modo, proprio perché ha scelto di intraprendere una strada più difficile, quella del risveglio, potrebbe trovarsi ad affrontare, lungo il percorso di rinascita interiore, ostacoli tesi a testarne la volontà e a migliorarlo. Quindi, attenzione alle generalizzazioni e, soprattutto, alle strumentalizzazioni della legge del Karma

 

 

 

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Articolo pubblicato il 17/05/2017