Le “giornate di sangue” di Torino del 21 e 22 settembre 1864, considerate dal giurista Arturo Carlo Jemolo

Il giurista e storico liberal-cattolico, su “La Stampa” del 1964, parla della Convenzione di settembre senza una parola di compianto per le vittime torinesi!

Nel settembre del 1964, “Stampa Sera” ha presentato ai lettori un ricordo delle “giornate di sangue” del settembre 1864 con i due articoli del professore torinese Giuseppe Gallico, già considerati: pur con molti limiti, vi si può trovare anche una sorta di commemorazione delle vittime.


Il quotidiano “La Stampa” ha preferito ricordare il trasferimento della Capitale a Firenze considerandolo soltanto dal punto di vista storico-politico.


Il 15 settembre 1964, in terza pagina, appare un articolo del giurista e storico liberal-cattolico Arturo Carlo Jemolo (Roma,1891-1981), intitolato “La Convenzione di settembre”, con l’occhiello “1864: TORINO NON PIÙ CAPITALE”.


La scelta del giorno non è casuale: il 15 settembre 1864, a Fontainebleau, era stato stipulato l’accordo diplomatico tra il Regno d’Italia e il Secondo Impero di Napoleone III, noto come Convenzione di settembre, che prevedeva anche il trasporto  della capitale del Regno d’Italia in una città diversa da Torino.


L’illustre professore Jemolo, A. C. Jemolo come era solito firmarsi sul giornale,  intende presentare la Convenzione di settembre come una vittoria diplomatica:


«Il 15 settembre 1864, veniva sottoscritto a Parigi l’accordo tra la Francia e l’Italia, che è passato nella storia col nome di Convenzione di settembre.


Le prime trattative erano cominciate ancora vivente Cavour; nell’ultimo anno di gabinetto Minghetti, con Visconti Venosta ministro degli Esteri, le aveva condotte a compimento.


Il governo di Napoleone III s’impegnava a ritirare entro due anni la guarnigione che teneva in Roma dal 1849; l’Italia a rispettare lo Stato pontificio, ormai ridotto al solo Lazio, a non consentire che partissero contro di esso attacchi dal proprio territorio: in una parola a rinnovare, se non si fosse provveduto in tempo a prevenire, anche il doloroso episodio di Aspromonte. Erano pattuizioni che in sé dovevano soddisfare i due governi. (…)

Per l’Italia il trattato era un avviamento alla completa unificazione. (…)».


Jemolo considera indispensabile il trasferimento della Capitale da Torino:


«Torino dopo la cessione della Savoia e Nizza alla Francia e la formazione dell’unità italiana, era una capitale troppo prossima al confine, secondo le concezioni correnti, e comunque troppo scomoda a raggiungersi dai margini dello Stato, date le comunicazioni del tempo, per poter essere considerata altro che capitale provvisoria. (…) Torino nella opinione corrente era la capitale fino a che Roma non fosse unita all’Italia; la designazione cavourriana serbava tutto il suo valore».


Le “giornate di sangue” non sono nemmeno considerate da Jemolo come un “danno collaterale” ma piuttosto come una turbativa del comune iter parlamentare:


«Torino, il Piemonte, sono sdegnati; dolorosissimo sacrificio perdere la capitale; ma per Roma, sì, non per un’altra sede. Disordini, fucilate di piazza S. Carlo con molti morti; il re, fatto unico nella storia costituzionale italiana, congeda il gabinetto Minghetti senza convocazione delle camere, e dà incarico a La Marmora».


Non proseguiremo la lettura dell’articolo, che si profonde in lodi per l’operato di La Marmora nell’attuazione del trasferimento della Capitale a Firenze.


Rileviamo che per le vittime torinesi, Jemolo non mostra simpatia o partecipazione emotiva. Vero è che dà prova scarsa conoscenza dei fatti torinesi visto che parla soltanto dei morti di piazza San Carlo del 22 settembre e dimentica la strage di piazza Castello del 21 settembre.


L’errore della attuale lapide posta in piazza San Carlo, che vi concentra tutte le vittime, ha così un precedente illustre!


L’articolo di Jemolo è preceduto da questa sciagurata nota redazionale:


«Cent’anni fa la capitale del nuovo regno d’Italia veniva trasferita da Torino a Firenze. La decisione fu dovuta a importanti ragioni, politiche, morali e internazionali, ma a tutta prima, per la nostra città, sembrò una umiliazione e una sciagura. Per due giorni, Il 20 e il 21 settembre, si ebbero tumulti e scontri in piazza San Carlo, con 52 morti e 187 feriti, e il governo fu rovesciato. Corte e Parlamento, tuttavia, si trasferirono a Firenze, e qualche anno dopo a Roma. Il nostro illustre collaboratore prof. Jemolo rievoca ora quella “Convenzione di settembre” fra Italia e Francia, che decise il trasferimento della capitale».


Sciagurata perché ha fornito indicazioni errate a tutti coloro che l’hanno letta, anche per semplice curiosità, magari senza poi addentrarsi nell’articolo ‘indigesto’: sono sbagliate le date, visto che si parla di 20 e 21 settembre, e si ricorda soltanto piazza San Carlo, errore condiviso anche dall’illustre collaboratore. La frase «…il governo fu rovesciato» è poi fuorviante.


Con questo articolo si conclude  nel settembre 1964 il ricordo delle “giornate di sangue” dei quotidiani torinesi “Stampa Sera” e “La Stampa”.


C’è da chiedersi quali informazioni potessero ricavare i torinesi del tempo, visto che si giustificava ampiamente il trasferimento della Capitale e, soprattutto, non era adeguatamente caldeggiato il coinvolgimento emotivo nei confronti delle vittime. 

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Articolo pubblicato il 15/09/2017