Trieste, l’altro Nord.

La città friulana come esempio di un Nord aperto al mondo.

A metà settembre, ho realizzato il desiderio di recarmi per qualche giorno a Trieste, ora che con l’alta velocità il capoluogo friulano si può raggiungere un po’ più agevolmente.

Il Frecciarossa a Venezia praticamente si svuota: lì finisce l’Italia più tradizionale e inizia quella vasta zona (Friuli e Venezia Giulia) che vede il nostro Paese amalgamarsi con le zone slovene e fatta di cultura mittle-europea e di sapore austro-ungarico che la contraddistingue.

Le molte bandiere italiane, il nome della sua piazza principale, Unità d’Italia, le due statue dinnanzi al mare (quella del bersagliere e quella delle sartine che cuciono il tricolore), il monumento ai caduti sul colle di San Giusto,  il Faro della Vittoria, la rendono più italiana che mai, eppure Trieste è lontana dai centri principali de Paese, ha molte vie e piazze con nomi sloveni, ha diverse chiese a culto croato o greco-ortodosso, offre piatti tipici dell’est Europa come il goulash, e ha bus nuovi, puntuali, strade in perfetto ordine (poco italiano vero?).

Recandomi al bellissimo Castello di Miramare, ho ammirato la bella mostra sul Liberty di Praga e lo smartphone mi ha avvertito che non ero più in Italia (forse i ripetitori della Dalmazia erano più vicini di quelli nostrani): insomma essere a Trieste è essere non solo in Italia ma nel mondo.

Durante queste ultime settimane, in cui si sono visti un giocatore di calcio inneggiare al fascismo dopo il gol, in cui i fatti di Como hanno portato molte persone, partiti e sindacati in piazza per rivendicare l’Italia antifascista, in cui a Torino è nata la polemica sull’organizzatore dei mercatini che presentava un simbolo simile al Fascio, in cui si avverte una sempre più forte strumentalizzazione dell’immigrazione come portatrice di delinquenza, a Trieste c’è un simbolo toccante che ci aiuta a riflettere: la Risiera di San Sabba.

Nata per la pilatura del riso e poi trasformata in lager nazista, la Risiera di San Sabba è oggi l’unico sito di questo tipo in Italia, luogo assolutamente da visitare, da ricordare per la freddezza del suo stile, fatto di alti muri e celle piccolissime dentro le quali dovevano convivere sino a sei persone alla volta.

Trieste è stata la città del famoso discorso, tra l’altro interamente visionabile all’interno della Risiera, fatto da Mussolini per promulgare le leggi razziali.

A differenza di città come quelle altoatesine che vorrebbero staccarsi dall’Italia per diventare “teutoniche” o di Regioni come Lombardia e Veneto che col recente referendum hanno reclamato a gran voce il desiderio di diventare autonome, Trieste è multietnica, crocevia di sloveni, croati, è città che rivendica il suo passato austroungarico ma al tempo stesso più italiana che mai, di quell’essere italiani capaci di abbracciare etnie diverse e di ricordarci cosa fossero nazismo e fascismo attraverso la Risiera di San Sabba, per non dimenticare: chissà che la bora triestina non spinga un po’ più forte verso il resto del Nord per trascinare via certe idee.





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Articolo pubblicato il 13/12/2017