La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Il negoziante che uccide la moglie con tre coltellate

La Cronaca Cittadina de “La Stampa” del 26 maggio 1929 mescola notizie di vario genere: fra le poche di “nera” è inserita su una sola colonna quella che parla di un «Negoziante che uccide la moglie / con tre coltellate», col sommario «L’uxoricida arrestato da alcuni operai».

Scrive l’anonimo cronista:

Ieri nel pomeriggio, in via Nizza all’angolo di corso Spezia, è avvenuto un grave fatto di sangue che si è concluso con la morte dell’operaia Maria Tapparelli, di anni 38, nata ad Ostiglia e qui abitante, con due figli, in corso Novara, 21. L’episodio che ha avuto cosi tragiche conseguenze, si è svolto poco dopo le ore 17. Il marito della donna Antonio Tapparelli di anni 46, abitante in via Barbania, 3, ove attualmente esercisce un negozio di commestibili, ieri e, attese che la moglie, la quale lavora negli stabilimenti della Fiat, uscisse di là, con un coltello, la cui lama aveva una lunghezza di sette centimetri, la colpi tre volte ferendola tanto gravemente che, come abbiamo detto, la disgraziata pochi minuti dopo cessava di vivere.

Secondo quanto è stato possibile accertare finora, sembra che i rapporti che intercorrevano fra i due coniugi, non fossero punto soddisfacenti, tanto che nei primi giorni di questo mese, la Tapparelli, col figlio Luigi di 16 anni e la figlia Maria, di 13, abbandonava il tetto coniugale per andare a vivere, lontana dal marito, nello stabile di corso Novara, 21. I coniugi Tapparelli hanno pure un’altra figlia, la quale è ora sposata e si trova residente in Francia.

Dal giorno in cui la Tapparelli si allontanò dal marito, questi non si dette più pace e cercò in tutti i modi di poter avvicinare la moglie. Egli prima di esercire il negozio di commestibili, faceva il calderaio. Di carattere impulsivo, secondo quanto avrebbe raccontato uno dei figli, era solito maltrattare la moglie. Questo particolare però non è stato accertato, poiché altri informatori affermano che le cause dei dissidi famigliari erano di tutt’altro genere.

Il calderaio, già l’altro ieri si era recato ad attendere la moglie all’uscita dal lavoro; ma non la vide. Ieri, deciso di avvicinare la donna ad ogni costo, egli si recò nei pressi dello stabilimento verso le ore 14, ed attese fino alle 17, ora dell’uscita degli operai. Quando la moglie si trovò in via Nizza l’ex-calderaio le si avvicinò tentando di rivolgerle la parola: ma essa allungò il passo e fece per fuggire.

Esasperato da quel contegno decisamente a lui avverso, il Tapparelli estrasse di tasca un coltello, rincorse la donna, e raggiuntala, la colpi furiosamente al ventre. La donna gettò un grido e cercò di sottrarsi all’impeto dell’assalitore, che però non le diede tregua. L’infelice fu colpita da altre due coltellate e cadde sanguinante al suolo.

La scena era avvenuta in pieno giorno, come abbiamo detto, e alla presenza degli operai che uscivano dallo stabilimento; ma fu cosi fulminea che nessuno ebbe tempo di intervenire in difesa della disgraziata. Subito un gruppo di operai cercò di soccorrere la donna, che giaceva al suolo, mentre un altro gruppo si dava all’inseguimento dell’assassino che, dopo commesso l’atto insano, si era dato alla fuga. L’inseguimento diventò assai movimentato. Il Tapparelli non aveva alcuna intenzione di lasciarsi catturare. Per di più, essendo dotato di una corporatura erculea e stringendo ancora egli fra le mani il coltello, era in condizioni tali da incutere timore anche a uomini di coraggio. Uno degli inseguitori però, armato di bastone, giunto alle spalle del fuggiasco, lo colpi con quello al capo, stordendolo.

Il Tapparelli ebbe un attimo di esitazione ma quell’attimo fu sufficiente agli inseguitori per impadronirsi di lui. L’assassino venne accompagnato alla locale sezione di Pubblica Sicurezza dove subì, dal commissario cav. Canavotto, il primo interrogatorio.

Intanto la donna colpita, venne con un’automobile trasportata all’ospedale San Giovanni, dove giunse cadavere.

Il dott. Canavero riscontrò alla vittima tre ferite d’arma da taglio, di cui una al terzo spazio intercostale sinistro con lesione al cuore.

Più tardi, anche l’Antonio Tapparelli venne accompagnato a quel nosocomio e ricoverato per ferita lacero contusa al cuoio capelluto riportata in seguito alla bastonata al capo infertagli dal suo inseguitore. Egli è stato per più di un’ora interrogato dal giudice istruttore Solliani, ma non ha voluto confessare nulla. Ha dichiarato solo di aver agito - forse - in un momento di esaltazione e di non rendersi conto di quello che aveva commesso. Il suo letto è piantonato dagli agenti di P. S.

Sono indicazioni tutto sommato rassicuranti, soprattutto per quanto concerne l’impegno della popolazione per la cattura dell’omicida, fornite a proposito di un episodio criminale che oggi chiameremmo “femminicidio”.

Va anche detto che nel 1929 si potrebbero già far sentire le direttive del regime fascista che, come noto, intende limitare il più possibile le notizie di cronaca nera sui quotidiani.

Non è il caso di dilungarsi su questo tema fin troppo considerato dagli studi storici e largamente percepito anche nel sentire comune, perlomeno fra le persone di una certa età. Forse sarebbe meglio analizzare spassionatamente la attuale situazione, visto che la stampa oggi parla, e molto, del “femminicidio” mentre la frequenza del fenomeno appare in aumento, come afferma il IV Rapporto Eures: tra il 2015 e il 2016, in Italia, il numero dei casi è passato da 142 a 150, con incremento del +5,6%, e nei primi 10 mesi del 2017 erano già state uccise 114 donne.

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Articolo pubblicato il 05/03/2018